2Parte
IL CRISTO TERRENO
Scrivono i tdG:
“Gesù è Dio? Lasciamo che sia la Parola di Dio a ,chiarire le cose (... ) Gesù non pretese mai d'essere Dio. Quando gli Ebrei lo accusarono di essersi fatto Dio, egli li corresse dicendo: 'Sono Figlio di Dio'” (Giovanni 10: 33-36, CEI).
La nostra risposta:
Sì, lasciamo che sia la Parola di Dio a chiarire le cose. Citiamo anzitutto ciò che segue a quel 'Sono Figlio di Dio'. I geovistí tralasciano il contesto e spiegano il testo in modo errato, settario. Gesù dunque continuò dicendo:
“Se non faccio le opere di mio Padre non credetemi; ma se io le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre. Cercavano, dunque, di prenderlo ,di nuovo, ma egli sfuggì alle loro mani” (Giovanni 10, 37-39, Garofalo).
Ha prima agito
Per capire correttamente le parole di Gesù ricordiamo anzitutto che in Lui era presente la Sapienza divina: “E il Verbo (greco Logos = Sa- pienza) si è fatto carne (= uomo) ed ha dimorato in mezzo a noi” (Giovanni 1, 14). In quanto tale, Gesù seguì una pedagogia o metodo educativo divino, per aprire la mente e il cuore degli uomini alla inaudita rivelazione della sua identità: Dio- con-noi! (Emmanuele, cfr. Matteo 1, 23).
Se nell'ambiente ebraico dove visse, avesse detto 'io sono Dio', avrebbe certamente provocato una reazione di incredulità forse insanabile. Egli fece in modo che gli uomini retti arrivassero a porsi la domanda: Chi è costui? e dare la risposta adeguata.
A tal fine ha prima agito e poi parlato (Atti 1, 1). Perciò la sua sfida: “Anche se non credete a me, credete alle opere”.
Quali opere?
“Minacciò il vento e disse al mare: " Taci! Calmati!" e il vento cadde e si fece grande bonaccia (... ). E dicevano tra loro: " Chi è costui che anche il vento e il mare gli ubbidiscono?"” (Marco 4, 39-40, Garofalo).
Senza dubbio, davanti a un fatto così meraviglioso, quegli uomini di Galilea dovettero ricordare istintivamente le parole del Salmista sulla potenza di Jahve:
Tu fai tacere il fragore del mare
il fragore dei suoi flutti (Ps. 65, 8, CEI).
In un'altra circostanza a un uomo paralizzato Gesù disse: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”.
“Gli scribi e i farisei si misero a ragionare tra sé: Chi è costui che dice bestemmie? Chi può rimettere i peccati se non Dio' solo? Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti disse loro: Che cosa è- più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati" o dire: "Levati e cammina?". Ebbene, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati... - disse al paralitico - dico a te: Levati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua". All'istante quegli si levò sotto i loro occhi, prese il suo giaciglio e se ne andò a casa, glorificando Dio” (Luca 5, 20-25, Garofalo).
E fece ancora di più: ha risuscitato i morti: “Giovinetto, dico a te: Alzati! E il morto si levò a sedere e incominciò a parlare” (Luca 6, 6-10).
“Gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori! E il morto uscì” (Giovanni 11, 43-44).
Vana contestazione
L'errore:
I tdg sono dei parere che Gesù con le parole di Giovanni'101 37-39, voleva solo 'dire che fosse Geova a operare i miracoli per mezzo del Figlio. I miracoli fatti da Gesù attesterebbero solo il sostegno divino. Non dice forse Pietro che era Dio a operare i miracoli per mezzo di Gesù? (cfr. Atti 2, 22) 35.
La verità:
a) Notate, prima di tutto, che nel testo riportato da Giovanni 10, 37-39 Gesù non dice: “perché sappiate e conosciate che il Padre opera in me”. Egli dice tassativamente. “Il Padre è (greco estìn) in me e io (sono) nel Padre”. Non si tratta dunque d'un sostegno esteriore, ma d'una presenza divina intima e dinamica. In un'altra occasione Gesù aveva detto: “Il Padre mio opera sempre e anch'io opero” (Giovanni 5, 17). Egli si appropriava la stessa attività o potenza operativa del Padre, “facendosi uguale al Dio” (Giovanni 5, 18).
b) In Atti 2, 22 non è detto che Cristo faceva i miracoli col sostegno di Dio. San Pietro vuol dire che nell'uomo Gesù l'unico Dio si era rivelato mediante i miracoli. In Lui la divinità era presente e operante. Questo appare chiaro da Atti 10, 38 dove, parlando ancora delle opere prodigiose di Cristo, lo stesso apostolo Pietro le spiega dicendo “perché Dio era con lui” e non solo operava per mezzo di lui.
Poi ha parlato
E disse cose che nessun uomo aveva mai detto prima di lui:
“Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre, Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato” (Giovanni 5, 23).
Quale uomo, fosse pure il più illustre rappresentante di Dio, può avere la pretesa di essere onorato come lo stesso Dio?
Prima della Passione incoraggiava i discepoli dicendo:
“Qualunque cosa chiederete in nome mio lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi domanderete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Giovanni 14, 13-14).
E poco dopo affermava: “Qualunque cosa domanderete al Padre, egli ve la darà nel mio nome” (Giovanni 16, 23).
Nel concedere favori e grazie Gesù, il Figlio di Dio, si colloca allo stesso livello del Padre. Ciò che il Padre fa, lo può fare anche il Figlio. In effetti, tutto ciò che è del Padre è anche del Figlio: “Tutto ciò che ha il Padre è mio” (Giovanni 16, 15). E di nuovo: “Tutto ciò che è mio e tuo, e ciò che è tuo è mio” (Giovanni 17, 10).
Figlio di Dio: in che senso?
In che senso dunque va presa la dichiarazione di Gesù di essere “Figlio di Dio”? Per capirlo interroghiamo sempre la Parola di Dio.
a) Ricordate, prima di tutto, che in tutti e quattro i vangeli sta scritto che l'accusa determinante della condanna a morte dì Gesù fu il fatto che egli si era detto Figlio dì Dio: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire per- ché si è fatto Figlio di Dio”
Ora chi conosce discretamente la Bibbia sa che chiamarsi figlio di Dio non è una bestemmia e tanto meno costituisce un reato punibile con la morte. Infatti tutti gli Israeliti erano figli di Dio (Deuteronomio 14, 1; Osca 2, 1). Dovevano tutti dirsi bestemmiatori? Tutti degni della pena di morte? E se essi no, perché Gesù sì?
b), La risposta a questa legittima domanda ci è data dal vangeli, dov'è, attestato che Gesù si disse Figlio di Dio in un modo unico, particolare, non come gli altri, tanto da apparire un bestemmiatore.
Leggiamo in san Giovanni (5, 16-18):
“Per questo i Giudei cominciarono a perseguire Gesù perché faceva tali cose di sabato. Ma Gesù rispose loro: Il Padre mio, opera sempre ed anch'io opero'. Proprio per questo i Giudei cercavano di ucciderlo perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre facendosi, uguale a Dio (greco: al Dio)”.
Gesù non corregge l'interpretazione dei Giudei, anzi la conferma, appellandosi alla sua uguaglianza col Padre in autorità, potenza ed onore: “Quello che fa il Padre, anche il Figlio lo fa” (Giovanni 5, 19). Perciò “tutti onorino il Figlio come onorano il Padre” (Giovanni 5, 23). Com'è possibile che un puro uomo o una creatura anche spirituale pretenda di agire come Dio ed essere onorata come Lui? La verità è che Gesù non si considerava Figlio di Dio come gli altri, angeli compresi, ma come uno che ha la stessa natura, gli stessi poteri, gli stessi diritti dell'unico Dio. Gesù si faceva uguale al Dio (Giovanni 5, 18).
c) Racconta san Marco:
“Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: 'Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?'. Gesù rispose: 'Io lo sono!'. E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo. Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: 'Che bisogno abbiamo di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?'. Tutti sentenziarono che era reo di morte” (Marco 14, 61-64).
Spiegano gli esegeti:
“Proclamarsi Figlio di Dio nel significato dei testi giudaici antichi non era una bestemmia. Ma, parlando contemporaneamente di sedersi alla destra di Dio e di venire con le nubi, Gesù rivendica la dignità divina e pub essere accusato di ledere le prerogative divine” .
Dunque, Figlio di Dio riferito a Gesù il Cristo, può avere un solo significato, che è - quello della sua stessa natura divina col Padre.
lo e il Padre siamo uno (Giovanni 10, 30)
Le cose dette fin qui, seguendo fedelmente la Parola di Dio, non convincono i tdG. Essi insistono ,dicendo: “I Giudei non hanno capito bene il pensiero di Gesù. Egli non voleva farsi uguale all'Onnipotente Iddio” .
Rispondiamo sempre con la Bibbia:
“I Giudei gli si fecero attorno e dicevano: 'Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente'. Gesù rispose loro: 'Ve l'ho detto e non credete perché non siete mie pecore. .Le mie pecore ascoltano la mia voce e lo. le conosco ed esse mi seguono. Nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo uno” (Giovanni 10, 24-30).
Analizziamo questo testo:
- I Giudei rivolgono a Gesù una precisa do- manda: “Dicci chiaramente chi sei”. A Lui era ,offerta un'occasione assai propizia per dissipare l'equivoco pericoloso per la sua vita. Gesù poteva spiegare che egli era solo un profeta, un figlio Dio come tutti gli altri...
- No! Gesù ribadisce la stessa pretesa, affermando la sua uguaglianza, anzi la perfetta unità, con Colui che è più grande di tutti: lo e il Padre siamo uno (Gv. 10, 30). Fate attenzione al modo ,di esprimersi di Gesù. Egli non dice: “lo sono più grande di tutti”. Ha preferito dire: Il Padre è più grande di tutti, e poi aggiungere: lo e il Padre siamo uno come per dire: vi è perfetta unità tra l'Unico Dio - mio Padre - e me, suo proprio Figlio (Romani 8, 32).
- Dire che il Padre è più grande di tutti equivale a dire che il Padre è onnipotente. Se Padre e Figlio sono uno, ciò significa che anche il Figlio è Onnipotente. Gesù non ha voluto mettere in risalto la perfetta unione di volontà o di proposito con il Padre, ma l'unità sostanziale di natura, su cui si basa la Onnipotenza.
- Nessuna rettifica da parte di Gesù. Vi è piuttosto una nuova più chiara conferma della sua pretesa di essere uguale a Dio. E identica è pure la reazione da parte dei Giudei che vogliono lapidarlo perché ha bestemmiato: “Tu che sei uomo, ti fai Dio” (Giovanni 10, 33).
Una sola cosa come noi (Gv. 17, 11-22)
Se vi capita di dover discutere coi tdG, sappiate che appena voi spiegate Giovanni 10, 30: “lo e il Padre siamo una cosa sola” così come noi l'abbiamo spiegato e come lo spiegano i grandi studiosi della Bibbia, saltano meccanicamente a Giovanni 17, 11-21, dove Gesù dice:
“Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato perché siano una cosa sola come noi (...). Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola (...). Perché siano come noi una cosa sola. lo in loro e tu in me perché siano perfetti nell'unità.”
Su queste parole di Gesù i tdG fanno il seguente ragionamento:
“Ovviamente i fedeli discepoli di Gesù non potevano mai diventare parte di un Dio Trino. Comunque, potevano essere uno nel proposito e nell'attività”. Dunque - concludono i geovisti - anche Giovanni 10, 30 significa che tra Cristo e Dio vi è solo una unione di proposito, non già una unità sostanziale. In altre parole, Cristo sarebbe una cosa sola col Padre in quanto - come puro e bravo uomo - faceva la volontà di Dio.
La nostra risposta:
- Leggendo come si deve le parole citate da Giovanni 17, 11-21 appare chiaro che Gesù non parla dell'unione dei fedeli discepoli con Dio, ma di quella tra loro. Egli non dice: “Perché siano una sola cosa con Te”, ma “Perché siano una sola cosa, cioè perfetti nell'unità tra di loro”. Non vi è nessuna richiesta perché i fedeli discepoli diventino parte di un Dio Trino. Questa è una pura invenzione e distorsione biblica dei tdG.
- Gesù chiede che l'unione dei fedeli tra loro abbia come base o motivo e come modello l'unione tra Lui e il Padre: “Perché tutti siano una sola ,cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano anch'essi in noi una sola cosa”. (Giovanni 17, 21). Quel in noi indica appunto il motivo della desiderata unione dei fedeli tra loro e anche il modello, che è appunto l'unione esistente tra Padre e Figlio.
- Questo modo di esprimersi è perfettamente conforme alla Scrittura. Gesù stesso aveva detto: “Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5, 37; cfr. Levitico 14, 2). E san Paolo scriveva ai fedeli di Efeso: “Fatevi imitatori di Dio come figli carissimi” (Ef. 5, 1).
Ovviamente né Cristo né Paolo si aspettavano che i fedeli discepoli fossero perfetti come Dio e, imitassero in tutto e per tutto l'Onnipotente. Avrebbero chiesto l'assurdo!
La fede degli Apostoli
Dopo tante prove e dichiarazioni da parte del Maestro, specialmente dopo la prova suprema della sua risurrezione dai morti, i fedeli discepoli di Gesù, prima di tutti gli Apostoli, hanno professato la sua divinità, la sua uguaglianza sostanziale con l'unico Dio.
Ricordiamo alcune di queste professioni di fede:
1 - A Natale noi cattolici e tutti i veri cristiani, anzi l'intero mondo civile, riviviamo la gioia di quei fortunati pastori, ai quali nella notte in cui nacque Gesù, un angelo disse: “Vi annunzio una grande gioia: (. ..). Oggi, nella città di Davide, è nato a voi un salvatore che è il Messìa, il Signore” (Luca 2, 10-11, Garofalo).
In quel neonato l'evangelista Matteo ha visto avverata la profezia di Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, e lo chiameranno Emmanuele, che significa Dio-con-noi” (Matteo 1, 23; Isaia 7, 14; 9, 6) . Dunque il bambino nato dalla vergine giudea, oltre a essere un bambino maschio, era anche Dio-con-noi. Era molto più di un puro uomo. In Lui, Matteo, autore ispirato, indica l'Uomo-Dio.
2 - San Giovanni l'evangelista dice la stessa cosa quando scrive: “E il Verbo si fece carne (= uomo) e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv. 1, 14)'
L'espressione di Giovanni: venne ad abitare in mezzo a noi ' tradotta letteralmente dal greco equivale a: pose la tenda in mezzo a noi. Ora nell'Antico Testamento la tenda indicava la dimora di Dio dove Jahve aveva voluto essere realmente presente.
Giovanni perciò vuol dire che il bambino nato da Maria e divenuto poi adulto era l'uomo in cui Dio si trovava realmente presente. Il Verbo, rimanendo quello che era, ossia l'Eterno e l'Onnipotente, cominciò ad essere anche uomo. Non semplicemente puro uomo, ma vero Dio e vero Uomo.
3 - Fu pure Giovanni a conservarci la lapidaria professione di fede dell'Apostolo san Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” (Giovanni 20, 28). Essa non è una vaga esclamazione di meraviglia, come vorrebbero far intendere i geovisti, ma un esplicito riconoscimento della divinità e della signoria universale di Cristo. Il testo greco scritto dall'autore ispirato dice: “Rispose Tommaso e disse a Lui: 'Signore di me e Dio di me'”.
4 - Infine Giovanni ha fatto la sua solenne dichiarazione di fede, nella divinità di Gesù Cristo ,chiudendo la sua Prima Lettera con le ben note parole:
“Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato discernimento per cui conosciamo il Vero. E noi siamo nel Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e vita eterna” (1 Giovanni 5, 20. Garofalo).
5 - Quando perciò Giovanni chiude il suo vangelo dicendo: “Queste cose sono state scritte affinché crediate che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio” (Giovanni 20, 31) non intende affatto dire che Gesù è un figlio di Dio come tanti altri, ma ,che è il Figlio proprio, unico di Dio, l'Unigenito (cfr. Giovanni 3, 16), consustanziale al Padre, Onnipotente ed Eterno come Lui, Uno con Lui.
In forma di Dio e in forma di uomo
San Paolo professa la sua fede nella divinità di Cristo soprattutto attribuendogli il titolo divino di Signore (Kyrios), che ricorre più di 130 volte nelle sue lettere. Riportiamo il celebre inno cristologico della Lettera ai Filippesi:
“Abbiate in voi lo stesso sentire che fu in Cristo Gesù. Lui che, avendo forma di Dio non riputò una preda l'essere uguale a Dio; esinanì, invece, se stesso, prendendo la formi di schiavo, divenuto simile agli uomini. (... ). Per questo Iddio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio sì pieghi in cielo, in terra, nell'inferno e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2, 5-11).
Spiegazione:
a) Benché Cristo Gesù avesse forma divina (greco morphé = natura immutabile), fosse cioè consustanziale al Padre, non si aggrappò tenacemente a questa sua incomparabile grandezza. Al contrario, rinunciò agli onori a Lui dovuti, umiliandosi fino alla condizione dì servo, fìno alla morte di croce.
Chi si umilia nulla perde della sua naturale grandezza. Rimane quello che sostanzialmente è conforme alla sua natura.
b) Dopo questo atto di umiliazione e in virtù di esso Gesù Cristo, l'Emmanuele, il Dio-con-noi, fu esaltato alla dignità di Signore, davanti al quale si piega ogni ginocchio. Tutte le creature, terrestri, celesti e infernali, riconoscono la sua Signoria, ossia la sua divinità.
Commenta la Nuova Enciclopedia Cattolica:
“In questo testo il nome che è al dí sopra di ogni altro nome non è quello di Gesù, che Egli ricevette alla sua circoncisione, ma quello di Kyrios (Signore), che sostituisce il nome Jahve; e così questo antico inno afferma che Cristo va collocato allo stesso livello del Padre”.
c) Né serve cavillare, come fanno i tdG, dicendo che fu Dio a dare a Cristo quel nome e che l'esaltazione di Cristo mediante quel nome ridonda alla esaltazione del Padre, che deve perciò dirsi superiore a lui.
Infatti, san Paolo vuol dire che tutta l'opera di Cristo, l'uomo-Dio, sofferente e glorioso, ha come fonte e come termine l'unico Dio, Alfa e Omega, Principio e Fine della creazione e della re- staurazione o redenzione. L'esaltazione del Figlio manifesta la bontà dell'unico Dio, non è un re- galo fatto da un superiore a un inferiore.
Se fosse come dicono i tdG avremmo l'assurdo. Infatti, ciò che Cristo riceve è l'essere Signore, ossia essere in tutto uguale a Dio. Dio Padre avrebbe dato a Cristo tutto se stesso, si sarebbe annientato, avrebbe cessato di essere Dio!
IL CRISTO POST-TERRENO
Sul Cristo post-terreno la Bibbia ci dà i seguenti inoppugnabili insegnamenti.
La vera causa della risurrezione
Circa la causa della risurrezione di Cristo abbiamo nella Bibbia due serie di testimonianze, che devono essere spiegate in modo da non far dire agli autori ispirati cose contraddittorie. Questo sarebbe falsare la Parola di Dio, come fanno i tdG.
a) In alcuni testi la risurrezione di Cristo è attribuita direttamente a Dio. Su questi si ferma- no di preferenza i tdG, ignorando o traducendo male gli altri.
Eccone alcuni:
“Questo Gesù Dio lo ha risuscitato da morte” (Atti 2, 32; cfr. Atti 3, 15; 4, 10; 5, 30 ecc.). “Gesù è stato risuscitato per la nostra giustificazione -” (Romani 4, 24-25). “Cristo fu risuscitato per mezzo della gloria del Padre” (Romani 6, 4). “Dio che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza” (1 Corinzi 6, 14).
b) Vi sono poi altri testi biblici dov'è detto chiaramente che Cristo è risuscitato per virtù propria:
“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (... ). Egli parlava del ternpio dei suo corpo”.(Giovanni 2, 19-22). “Ho il potere di offrire (la vita) e il potere di riprenderla. Questo comando ho ricevuto dal padre” (Giovanni 10, 18). Questa cioè è la volontà divina. A queste chiare parole corrisponde l'accusa dei suoi avversari: “Quell'impostore disse mentre era in vita: 'Dopo tre giorni risorgerò'” (Matteo 27, 63) 45.
In questo stesso senso, vale a dire che Gesù è risorto da morte per virtù propria, vanno spiegati i due testi di Marco: “Dopo che sarò risorto” (Me. 14, 28) e “E' risorto, non è qui” (Mc. 16, 6).
In Giovanni 21, 14 è detto: “Ouesta era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli dopo essersi destato da morte.
San Paolo ha scritto:
“Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita” (Romani 14, 9).
c) Da queste inoppugnabili testimonianze bibliche bisogna concludere che la risurrezione di Cristo è attribuita insieme al Padre e al Figlio. Non meno dei miracoli di Gesù, la risurrezione di Cristo prova che “il Padre è in Lui e Lui nel Padre” (Giovanni 10, 38). L'unica potenza divina opera nell'uomo Gesù in vita e in morte.
Spiegano i biblisti:
“La variazione nel modo di esprimersi della Bibbia sta a dimostrare che la forza risuscitante (la potenza divina) viene sì da Dio, ma appartiene anche al Figlio, che è una sola cosa col padre”.
Va perciò rigettata come parziale e tendenziosa l'affermazione geovista secondo cui “il suo Padre immortale, Geova Iddio, lo risuscitò da morte”.
Non è risuscitato puro spirito
Contro l'errore geovista, secondo cui Cristo sarebbe risuscitato come “persona spirituale” e che durante i quaranta giorni successivi si sarebbe “materializzato” , vi sono esplicite testimonianze bibliche.
a) San Paolo ci assicura che il Cristo glorioso “col potere che ha di sottomettere l'universo, trasformerà il nostro misero corpo mortale e lo renderà somigliante al suo corpo glorioso” (Filippesi 3 , 21).
Dunque Cristo Risorto ha un corpo glorioso.
- San Pietro afferma di sé e degli Apostoli che “abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la risurrezione dai morti” (Atti 10, 41). E' mai possibile che si trattasse d'una continuata illusione o allucinazione voluta dal Maestro?
- In san Luca Gesù stesso, apparendo agli Apostoli dopo la risurrezione, li assicura che non è uno spirito: “Uno spirito non ha carne né ossa come vedete che io ho” (Luca 24, 39). Dobbiamo ammettere che il Maestro non dicesse la verità? E perché doveva mostrarsi quello che non era?
b) Tuttavia il corpo glorioso di Cristo non era certamente come quello morto sulla croce. Era un corpo spiritualizzato, ossia esente dal condizionamenti carnali a cui è soggetto il corpo umano nel suo presente stato di vita, come sarà detto subito.
Scrive san Paolo:
“Se c'è un corpo di condizione terrena c'è pure un corpo spirituale. Se, come sta scritto, 'Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente', il secondo Adamo divenne uno spirito che vivifica. Ma non venne per primo lo spirituale, bensì quello di condizione terrena e poi lo spirituale” (1 Corinzi 15, 44-46).
L'Apostolo parla sempre di corpo, che può essere in due condizioni: una terrena e l'altra spirituale. Il Cristo glorioso possiede un corpo spirituale. Egli ha redento e rivestito di spiritualità il corpo umano: come il suo sarà anche il nostro corpo dopo la risurrezione (cfr. Filippesi 3, 21).
c) Né vale obiettare che “la carne e il sangue non possono entrare in possesso del regno di Dio” (1 Corinzi 15, 50). Infatti, “carne e sangue” è un'espressione biblica per indicare l'uomo nei suoi aspetti di fragilità e debolezza fisica e morale, cioè l'uomo corrotto a causa del peccato nel suo fisico (malattie ecc.) e nel suo morale (passioni ecc.). Perciò san Paolo aggiunge: “Né la corruzione può venire in possesso dell'incorruttibilità” (1 Corinzi 15, 50). Il corpo di Cristo è detto “spirituale” perché esente da qualsiasi fragilità e debolezza. Ma è sempre corpo, non puro spirito, com'era Adamo prima del peccato.
Il Cristo glorioso non è Michele
Che il Cristo, dopo la sua esaltazione alla destra di Dio, sia noto come Michele, è una pura invenzione geovista senza nessuna giustificazione biblica. Bastino le seguenti testimonianze scrit- turali:
- il Cristo è “l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine” (Apocalisse 22, 13; cfr. 1, 8.17). Michele è soltanto uno dei primi: “Ecco Michele, uno dei primi principi” (Daniele 10, 13). Com'è possibile essere il Primo, e allo stesso tempo uno dei primi?
- Cristo è il Figlio. Solo di Lui è detto. “Tu sei mio Figlio”. A nessuno degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio. Michele è un angelo, ministro o servitore di Dio (cfr. Ebrei 1, 5-7).
- Il Figlio è tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome (= natura, personalità), che ha ereditato. Perciò Lo adorino tutti gli angeli di Dio (cfr. Ebrei 1, 4-6).
- Cristo è il Signore che verrà a giudicare il genere umano. Michele è solo uno della sua corte (cfr. 1 Tessalonicesi 4, 16), che ha il compito di preparare la venuta del Giudice e proclamare la sua potenza (cfr. Apocalisse 12, 7-11; Matteo 13, 41).
ERRORI E VERITA'
1 - L'errore: Nel salmo 90, 2 leggiamo: “Prima che i monti nascessero e fosse generata la terra”. Qui generare vuol dire creare. Dunque anche il Figlio fu creato.
La verità: Nel Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, Decima Edizione, è detto che generare vuol dire far nascere, procreare un essere della medesima specie. E' detto pure che può significare causare. Nel caso dei monti e della terra è chiaro che generare deve significare causare cioè creare. Né monti né terra sono della stessa specie di Dio. Nel caso dei Figlio non può essere così perché numerosi testi biblici, parte dei quali sono stati da noi esa- minati, esigono che il Figlio sia della stessa natura di Dio.
2 - L'errore: In Apocalisse 3, 14 è detto: “Così parla l'Amen, il testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio”. Qui l'Amen e il testimone fedele e verace è Gesù Cristo. Egli dunque è il primo principato, cioè la prima creatura.
La verità: La parola greca che corrisponde a “principio” è archè, che non significa “principiato”, bensì causa, cioè principio attivo e quindi capo, superiore. Qui il Figlio è detto Causa cioè Creatore di tutte le cose e ad esse superiore (cfr. Colossesi 1, 15-19; 2, 9-10). In Apocalisse Gesù parlando di sé dice: “lo sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio (Archè) e la Fine” (22, 13). Poco prima, nella stessa Apocalisse (21, 6) le stesse parole le troviamo in bocca a Dio Padre.
3 - L'errore: “Il Padre è più grande di me” , (Giovanni 14, 28). Dunque non vi è eguaglianza tra Padre e Figlio.
La verità: Gesù come uomo parla dei suo prossimo ritorno al Padre. Vedendo i discepoli turbati e pieni di paura dichiara loro che devono piuttosto rallegrarsi perché, ritornando al Padre, ossia lasciando la sua debolezza umana (inferiorità), e rientrando nella pienezza del divino, comincerà a sottomettere ogni potenza avversa. Sarà esaltato alla destra del Padre e ogni creatura dovrà piegare il ginocchio davanti a lui (cfr. Filippesi 2, 9-1 1). La sua inferiorità rispetto al Padre va riferita alla sua umanità nello stato debole e mortale della vita terrena, ossia alla sua componente umana.
4 - L'errore: Cristo non è uguale al Padre. Infatti dice: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice; però noi? la mia volontà sia fatta, ma la tua” (Luca 22, 42). “L'anima mia è triste fino alla morte” (Matteo 26, 38). “Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?” (Marco 15, 34).
La verità: In questi testi e in altri consimili Gesù prega e soffre come uomo. “La volontà umana di Gesù insorge al pensiero di ciò che sta per accadere”. Il Padre certamente è in Lui (cfr. Giovanni 10, 30; 14, 10), vicinissimo a Lui, ma distinto dall'uomo Gesù. L'uomo- Gesù si rivolge al Padre affinché sorregga la sua umanità nella grande prova che l'attende.
E' possibile questo? Pensate a un uomo che è anche medico: se l'uomo si ammala, può ricorrere al medico che è in lui per il rimedio conveniente. Pensate a un avvocato, se l'uomo è coinvolto con la legge, può consultare l'avvocato che è in lui, ma distinto dall'uomo, affinché lo aiuti nelle sue difficoltà con la giustizia.
5 - L'errore: Il titolo di Signore applicato al Figlio non prova l'uguaglianza tra Padre e Figlio. Infatti, in Atti 2, 36 è detto: “Dio ha costituito Signore questo Gesù”.
La verità: Riportiamo anzitutto per intero il testo di Atti 2, 36.- “Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!”.
Spiegazione: San Pietro si riferisce a quel Gesù crocifisso dai Giudei, ossia a Gesù in quanto uomo, e spiega che cosa si è verificato in questo uomo. Dio, ossia l'unica Potenza divina, ha risuscitato da morte l'uomo Gesù e lo ha innalzato alla sua destra sul trono divino (cfr. Atti 2, 32-34). Sul trono divino l'uomo Gesù possiede la Signoria universale, che è un attributo divino, e la esercita su tutte le potenze dei male (cfr. Atti 2, 35).
Non si tratta di due Signori, di cui uno più grande e uno più piccolo, di uno che dà e di uno che riceve, ma di un unico Signore - Jahve - che ha posto la sua tenda (cfr. Giovanni 1, 14) come Sovrano universale nel figlio di Maria elevato sul trono divino. La stessa unica Signoria divina appartiene al Padre e, al Figlio, li titolo di Signore (Kyrios) attribuito al Figlio prova la sua ugua- glianza col Padre.
6 - L'errore: “Il salmista, profetizzando sull'unzione del Messia Gesù Cristo, scrisse: 'Ti ha unto Jahve, tuo Dio', Salmo 45, 7, Garofalo (Ebrei 1, 8-9). Dunque il Figlio non è uguale al Padre.
La verità:
a) L'autore ispirato della Lettera agli Ebrei cita il Salmo 45 '7-8 per dimostrare la divinità del Figlio e la sua uguaglianza con Jahve. Scrive (Ebrei 1, 6-13):
Lo adorino tutti gli angeli di Dio
e Il tuo trono, Dio, sta in eterno
e ancora: Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli.
……………………………………...............
Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto
i tuoi nemici Sotto i tuoi piedi .
Dunque, dal modo in cui l'autore ispirato del N.T. applica il Salmo 45, 7-8 appare chiaro che il Figlio deve essere adorato dagli angeli come Jahve (cfr. Salmo 97, 7); che il trono del Figlio sta in eterno come quello di Jahve; che il Figlio, chiamato Signore, è il Creatore dell'universo; che al Figlio è detto dì sedere alla destra di Dio, osso condividere appieno col Padre -la Signoria dell'universo.
b) Stando così le cose, è impossibile che le parole: “Ti ha unto Jahve, tuo Dio” possano indicare una disuguaglianza tra Padre e Figlio. Questo Unto, sempre nella interpretazione dell'autore ispirato del N.T., l'unica che vale, è lo stesso Signore adorato dagli angeli, Creatore del- l'universo ecc.
7 - L'errore: “In Giovanni 17, 22 leggiamo: 'Ho dato loro la gloria ( ... ), che tu hai dato a me'. Ora colui che riceve è inferiore a colui che dà. il Figlio dunque che riceve non è uguale al Padre”.
La verità:
a) In Isaia 42, 8 Jahve dice: “Non cederò la mia gloria ad altri” (cfr. anche Isaia 48, 11). Se il Figlio ha avuto la gloria dal Padre, non è un altro rispetto al Padre: vi deve essere uguaglianza sostanziale tra Padre e Figlio.
Gesù dunque, in Giovanni 17, 22, non vuol dire che egli ha ricevuto la gloria che prima non aveva, ma che la gloria o divinità, da lui sempre posseduta (cfr. Giovanni 17, 5), si è fatta presente e visibile nella sua umanità, di modo che gli uomini l'han potuto vedere (cfr. Giovanni 1, 14-18). Videro un Uomo, e in Lui adorarono Dio.
b) A conferma ricordiamo ciò che dice san Paolo in Colossesi 2, 9: “Poiché in Lui (in Cristo) abita corporalmente tutta la pienezza della divintà”. Garofalo. Tutto ciò che costituisce Dio, si trova anche in Gesù (cfr. Giovanni 16, 15). Notate che san Paolo non ha scritto: “la pienezza delle qualità divine” come traducono, falsificando la Parola di Dio, i geovisti. L'Apostolo ha scritto: della divinità (greco Theòtes = essenza divina, non theiòtes = qualità divina). Si tratta d'un falso, uno dei tanti che troverete nella Bibbia geovista.
8 - L'errore: “L'Iddio di Abrahamo ( ... ) ha glorificato il suo servitore Gesù” (Atti 3, 13). Dunque il Figlio non è uguale al Padre”.
La verità: San Pietro si riferisce a Gesù che gli Ebrei avevano rinnegato davanti a Pilato (ivi), quindi a Gesù in quanto uomo, ed applica a lui la profezia messianica di Isaia 52, 13-15; 53, 1-12 del “servo sofferente e glorificato”. Sono sempre le due componenti del Figlio - quella urnana e quella divina - che ritornano nell'insegnamento del primo degli Apostoli. Nell'uomo Gesù Dio ha manifestato la sua presenza salvifica mediante la risurrezione. Sotto questo aspetto non vi è disuguaglianza tra il Padre e Figlio. L'insegnamento di san Pietro è lo stesso di quello di san Paolo in Filippesi 2, 6-11.
9 - L'errore: Solo il Padre è da adorare com'è detto in Giovanni 4, 23. Dunque il Figlio non è uguale al Padre.
La verità: Gesù non dice che bisogna adorare solo il Padre. Egli parla del modo come bisogna adorare Dio, ossia “in spirito e verità” senza dare troppa importanza al luogo: “né su questo monte (Garizirn) né in Gerusalemme” (Giovanni 4, 21). Il termine Padre equivale a Dio.
Se la spiegazione geovista fosse vera, vi sarebbe una contraddizione con le parole che Gesù dirà poco dopo: “Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre” (Giovanni 5, 23).
10 - L'errore: In Marco 10, 17 Gesù dice all'uomo ricco: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo” (cfr. anche Matteo 19, 17 e Luca 18, 19). Dunque il Figlio non è uguale al Padre.
La verità:
a) Ricordiamo, prima di tutto, come altrove nel Nuovo Testamento è affermata l'assoluta bontà o santità di Gesù: “Chi di voi può convincermi di peccato?” (Giovanni 8, 46). “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato” (2 Corinzi 5, 2 1). “Tale era in- fatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, inno- cente, senza macchia, separato dai peccatori...”. “Egli non commise peccato e non si trovò inganno. sulla sua bocca” (1 Pietro 2, 22). 1
b) Qual è dunque il vero significato di quelle parole di Gesù? Dal contesto appare chiaro che quel tale che lo interrogava, mostrava di fermare la sua attenzione su di lui, su l'uomo o maestro Gesù che vedeva, dimenticando la Fonte suprema della bontà espressa nei comandamenti di Dio. Quel ricco non poteva vedere in Gesù altri che un rabbi (cioè un maestro) degno di fiducia, dal quale voleva avere una risposta al suo problema, come cioè conciliare il suo attaccamento al denaro e la vita eterna.
Gesù corregge questo atteggiamento. Distoglie l'attenzione dell'interrogante dalla sua persona e la indirizza verso la Fonte di ogni bontà: Dio. Non era il caso di spiegargli appieno chi era lui. L'avrebbe capito? Se quel ricco si fosse messo alla sequela di Gesù fino, alla fine, come tanti altri, avrebbe esclamato a suo tempo come Tom- maso: “Signore di me e Dio di me!” (Giovanni 20, 28).
11 - L'errore: In Giovanni 17, 3 Gesù dice: “Questa e la vita eterna: che conoscano Te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo” (Garofalo). Dunque Cristo non è Dio.
La verità: Gesù parla della conoscenza del solo vero Dio in contrasto con la conoscenza degli dèi non veri, ossia dei falsi dèi pagani. Come dirà san Paolo: “Vi convertiste dagli idoli a Dio (greco al Dio), per servire al Dio vivo e vero” (1 Tessalonicesi 1, 9). Dalla conoscenza del vero Dio Gesù non esclude se stesso ' anzi vi si include, aggiungendo: “E colui che hai mandato Gesù Cristo” (Giovanni 17, 3). Lo stesso evangelista dirà: “E noi siamo nel Vero, nel Figlio suo Gesù Cristo: Ouesti è il vero Dio e vita eterna” (1 Giovanni 5, 20; Garofalo).PS: (1e2 parte di P.N.TORNESE)