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Inimicizia

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2007 17:49
23/01/2007 23:54
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Registrato il: 05/01/2007
Utente Junior
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Ecco fatto...
Caro Sandro,
cerco di recuperare subito la mia mancanza offrendoti la mia opinione. L’interpretazione di Gen 3, 15 con adattamento allegorico mariano (che a me missionario della Madonna delle Lacrime di Siracusa mi garba tanto tanto) è un senso possibile, ma per restare nel tema della sezione Pentateuco preferirò parlare principalmente di ciò che voleva dire l’autore originario, per poi sottolineare gli altri aspetti diversi.

Per dirla con le parole di Ravasi, l’originale ebraico suona di più così: “Io tra te e la donna porrò un duello”. Potremmo anche dire tra te e l’umanità dato che la donna in questione è la genitrice dell’umanità, filone nel quale si inserirà anche Dio. Quindi “Io tra te e la donna porrò un duello”
Il termine ebraico ‘ohebah indica uno scontro continuo senza tregua tra due persone che stanno guardandosi, spiandosi e colpendosi.

L’autore comincia a guardare la storia dell’umanità e la vede come un oscillare continuo tra il bene e il male: la linea dell’uomo, l’uomo creato da Dio, e dall’altra parte il serpente che continuamente tenta di schiacciare l’uomo, di vincerlo. C’è una lotta che prosegue attraverso tutto il filo della storia. Notiamo ciò che segue:
tra la tua stirpe e la sua stirpe che con l’ebraico suona
tra il tuo seme e il suo seme
L’immagine considera gli uomini come “semi” sia perché hanno potenzialità generativa, sia potenzialità creativa in sensu latu. Ci sono dunque due semi che si fronteggiano in un duello.

Ed ecco allora:
questo seme (quello del giusto, dell’uomo) ti schiaccerà la testa e tu lo insidierai al calcagno.
“Questo” è il seme, non è la donna. In ebraico abbiamo un pronome che è neutro e si riferisce al seme precedente: l’uno e l’altro seme saranno continuamente in tensione.
Se consideriamo l’ebraico abbiamo qualcosa di più che ci fa capire lo scontro eterno.
“questo seme ti schiaccerà la testa, e tu – col tuo seme – lo insidierai al calcagno”
Ora, nell’originale abbiamo sempre lo stesso verbo ebraico, in tutti e due i casi: shuf, un verbo di battaglia e significa assediare, insidiare, far cadere e poi schiacciare. Non è un verbo conclusivo. È come vedere una persona che inciampa su qualcosa e continua, inciampando, a schiacciare quella cosa.

È un duello colossale tra due semi sempre nemici che si incontreranno nelle case, nei cuori degli uomini, nelle piazze. La pagina risente di un forte pessimismo. È solo la tradizione javista che farà balenare qualcosa di luminoso, ma questa pagina è pessimista.
Ora dopo questo originale, la prima interpretazione è quella dei Lxx. In greco “seme” è neutro, come nell’originale ebraico. E allora si sarebbe dovuto usare il pronome esso. Invece abbiamo “EGLI ti schiaccerà la testa”. Quel è il seme della donna che può essere chiamato “egli” se non una persona? Gli autori erano avvolti dal giudaismo nella speranza messianica e vi vedevano appunto la figura del Messia. Solo ora si prevede la fine per quel duello. Non prima. Ed ecco che potremmo anche tradurre “Egli ti schiaccerà la testa anche se tu lo insidierai al calcagno”

La Vulgata ha perfezionato il discorso e ha immaginato che la lotta tra il bene e il male abbia un esito terminale con la madre del Messia la quale spiacerà la testa al serpente. Infatti la traduzione dovrebbe essre così in greco: autò, “esso”, ti schiaccerà, ed invece abbiamo autòs. In “egli” latino avremmo dovuto avere ipsum o se vogliamo al maschile ipse, ma invece abbiamo un femminile ipsa! È nata ora la lettura mariologica, lettura applicata alla Madre del Messia.

Abbiamo quindi un itinerario, dove si parte da una visione pessimistica per cui c’è una continua battaglia fino ad arrivare a un momento in cui la battaglia si risolverà con la sconfitta del serpente e questo avverrà con l’avvento di una persona, il Messia, il quale vincerà il male e questo Messia ci è offerto attraverso sua madre.

Ogni bene
Marcuccio
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