00 07/02/2007 11:12
Gesù è l'Io Sono di Esodo 3,14?
L’espressione “ego eimi”, così com’è riportata nel testo greco di Giovanni 8, 58, è stata oggetto di elaborazioni teologiche e infinite discussioni.
Tutto scaturisce dalla forma verbale di questa espressione, la quale, secondo la grammatica greca, “ego eimi” si tradurrebbe letteralmente:“io sono”. Se il lettore applicasse la regola principale suggerita in questo libro, quella di analizzare un passo biblico alla luce del suo contesto immediato e generale, ogni dubbio sul significato di questa espressione, troverebbe una soluzione. La questione richiede l’applicazione della logica contestuale, poiché altrimenti si rischierebbe di far dire a Gesù ciò che egli effettivamente non ha mai detto, né pensato, ovvero: “Io Sono”, nel senso di: “Io sono YHWH”, o “Io sono l’Io Sono di Esodo 3, 14”.

La lingua parlata da Gesù, era molto diversa dalla nostra. Mentre la forma verbale corrispondente al greco “ego eimi”, nella nostra grammatica indica il tempo presente, ciò che “io sono” adesso/ora, nella grammatica greca, pur scrivendosi nella forma presente, può voler esprimere anche il tempo passato.

Secondo una nota filologica contenuta in un testo di analisi linguistica del Vangelo di Giovanni, commentando Giovanni 8, 58, dice: “Prima sono, gr. prin eimi. In it. la relazione temporale si esprime in due modi: prima sono oppure prima ero”.
Anche se il testo in questione preferisce conservare al presente l’espressione usata da Gesù, tuttavia è fondamentale riconoscere che la traduzione “ego eimi” nella forma passata “io ero” o “io sono stato”, è tanto letterale quanto lo è la forma verbale al presente “io sono”. Naturalmente, ciò che determinerà la traduzione nel tempo più appropriato, è il contesto in cui viene usato “ego eimi”.

Leggiamo adesso, il versetto per intero: “Rispose loro Gesù: ‘In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono’”.

Qui, la versione della CEI, traduce “ego eimi” con “Io Sono”, usando caratteri maiuscoli, e influenzando in tal modo il lettore verso un’interpretazione teologica, secondo la quale, il Gesù di Giovanni 8, 58, sarebbe lo stesso YHWH dell’ AT.
Il versetto in questione, mette in relazione il tempo del verbo greco che traduce ‘io sono’, con l’avverbio greco “prin”, (it.: prima), indicante anteriorità nel tempo. Il fatto che il tempo della forma verbale “ego eimi” sia al presente, ma in un contesto in cui vi è l’avverbio al passato, ciò indurrà il lettore a determinare la traduzione, nella forma verbale più idonea.
Dire, perciò: “Prima che Abramo fosse, io sono”, nel contesto del ragionamento di Gesù, sarà come dire: “Prima che Abramo fosse, io ero”, oppure: “Prima che Abramo fosse, io sono stato”.

Continuiamo ad analizzare il significato di “ego eimi”, alla luce del contesto biblico generale, per capire fino a che punto può essere valida l’asserzione dei trinitari, secondo cui, l’uso puro di “ego eimi”, identifica Gesù con l’“Io Sono” di Esodo 3, 14.

Quando Gesù, in Giovanni 8, 58, usa la forma verbale “ego eimi”, quella non è la prima volta, poiché già molte altre volte aveva usato queste parole. In Giovanni, al capitolo 6, troviamo “ego eimi” ai versetti 35 e 48, quando Gesù dice: “Io sono il pane della vita”; anche al capitolo 10, ai versetti 7 e 9, dice: “Io sono la porta”; e ai versetti 11 e 14, usa “ego eimi”, quando dice: “Io sono il buon pastore”.
In Giovanni 13, 19, dice ancora: “Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono”.

E’ interessante notare come, l’uso della forma verbale “ego eimi”, non era prerogativa esclusiva di Gesù, poiché era un termine usato molto comunemente, e da tutti. Lo troviamo, ad esempio, in Luca 1, 19, dove si legge: “L’angelo gli rispose: ‘Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annunzio’”; lo troviamo anche in Giovanni 9, 9, quando, parlando dell’uomo nato cieco e poi guarito, dice: ‘Alcuni dicevano: “E’ lui”; altri dicevano: “No, ma gli assomiglia”. Ed egli diceva: “Sono io!”’. Anche l’apostolo Pietro usò “ego eimi”, quando disse le parole che leggiamo in Atti 10, 21: “Eccomi, sono io quello che cercate”.

Spesso, per avvalorare l’ipotesi che Gesù, con le parole “ego eimi”, stava personificandosi in YHWH, alcuni citano Giovanni 8, 59, per dimostrare che i farisei, avrebbero deciso di lapidarlo per essersi attribuito l’espressione “ego eimi”, che racchiude il nome divino.
La scrittura, dice: “Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio”.
La chiave interpretativa di questo passo, sta nel determinare se l’odio che i Giudei nutrivano per Gesù, era motivato dall’averlo udito pronunciare la bestemmia: “Io Sono YHWH”, oppure vi erano implicate altre ragioni.
Perché mai, ad esempio, i farisei, cercavano di uccidere Gesù con la lapidazione, proprio nella circostanza in cui Gesù menzionò Abramo? Analizziamo attentamente il contesto in cui è contemplato questo avvenimento, e cerchiamo di comprendere il significato delle parole pronunciate da Gesù.

Nelle occasioni in cui Gesù usò il termine “ego eimi”, mai nessuno di fra i Giudei si fece avanti per ucciderlo, ma si limitarono a esprimere giudizi, a polemizzare per le sue parole, considerandolo un ciarlatano, infatti, quando Gesù parlò di sé come della ‘luce del mondo’ e guida per la vita eterna, gli dissero: “Tu dai testimonianza di te stesso: la tua testimonianza non è vera”. (Gv 8, 12-13)
Allo stesso modo, quando Gesù disse: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”(Gv 6, 51), i Giudei non discussero tra di loro per il fatto che Gesù applicava a sé la forma “ego eimi”, ma l’oggetto della polemica erano le sue parole successive, il fatto che egli sostenesse di essere il pane che dà vita eterna, tanto che la scrittura, continuando, dice: “Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: ‘Come può costui darci la sua carne da mangiare?’”. (Gv 6, 52)
Sì, la questione non riguardava l’“ego eimi” pronunciato da Gesù, ma il fatto che i Giudei non avevano ancora capito chi fosse egli realmente.

I Giudei conoscevano Gesù come figlio di Giuseppe e di Maria, di conseguenza, non capivano come potesse mai, un uomo nato di donna, sostenere d’essere venuto dai luoghi celesti, tanto che si chiesero: “Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?”.(Gv 6, 42)
Ciò che fece scatenare l’ira incontrollata di alcuni tra i farisei, fu, senza dubbio, la risposta che Gesù diede loro, quando asserirono che “la sua testimonianza non è vera”.

Per rispondere ai Giudei, Gesù fece appello alla Legge, che prevedeva la testimonianza di due persone, quale prova di veridicità della testimonianza data dall’accusato. (Gv 8, 17-1[SM=g27989]
Così presentò la sua propria testimonianza, insieme a quella del Padre. Ma come avrebbero potuto accettare la testimonianza del Padre, che non avevano visto – infatti gli chiesero: “Dov’è tuo Padre?” (Gv 8, 19) – se restavano ciechi davanti alla testimonianza di Gesù stesso, il quale aveva mostrato in molti modi, con le sue stesse azioni, d’essere il promesso Messia?

Quando, ad un certo punto, alcuni Giudei, menzionarono Abramo come loro antenato, vantando così la loro libertà dalla schiavitù, Gesù trovò in Abramo un argomento di conversazione in comune con i Giudei, e di forte legame emotivo per loro, così, rivolgendosi a questi, disse: “‘So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!’ Gli risposero: ‘Il nostro padre è Abramo’. Rispose Gesù: ‘Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro’. Gli risposero: ‘Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!’”. (Gv 8, 37-41)

Le parole di Gesù furono molto forti, e replicò dicendo: “Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro”. (Gv 8, 43-44) I Giudei vantavano Dio come loro Padre (v.41) e Abramo come loro fondamento genealogico, (v.33) ma Gesù fu molto esplicito nel dire loro che né Dio né Abramo avrebbero mai voluto l’uccisione di Cristo. Così li definì figli del diavolo. Risentiti per queste parole, i Giudei gli risposero: “Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: ‘Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte’. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi d’essere?”. (Gv 8, 52-53)

Ecco, il nocciolo della questione: “Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto?... chi pretendi d’essere? ”
La questione non verteva, dunque, sull’eventuale identificazione di Cristo con YHWH, il Dio di Israele, e quindi, su un qualche collegamento di Giovanni 8, 58 con Esodo 3, 14.
Il problema che scatenò nei Giudei la follia omicida, non aveva alcuna relazione con l’espressione “ego eimi”. L’intero ragionamento, come si evince chiaramente da tutto il suo contesto, non riguardava l’identità di Gesù, ma il tempo trascorso dalla sua esisteva: se prima o dopo di Abramo.
La domanda dei Giudei, che fece scaturire la risposta data da Gesù in Giovanni 8, 58, aveva relazione col tempo, con l’età di Gesù, infatti gli chiesero: “Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?”.

Comprendiamo, dunque, che l’episodio in cui Gesù si espresse con le parole greche “ego eimi”, non aveva alcun legame con il nome di Dio o con l’identificazione di Gesù con YHWH!
Supponendo, inoltre, che la questione fosse stata intorno a quell’“ego eimi”, come avrebbe potuto pretendere Gesù comprensione per il suo linguaggio, (v.43) quando egli stesso, aveva appena finito di dire: “Vi ho detto la verità udita da Dio”? (v.40)
Da quale Dio, Gesù avrebbe udito la verità, se egli stesso, dicendo “ego eimi”, stava tentando di spiegare ai Giudei che lui incarnava il vero Dio? Come avrebbe potuto udire la verità da Dio, se egli stesso era Dio, fautore, dunque, di quella verità? E ancora: avendo avuto bisogno di udire “da Dio”, dov’era finita la coeguaglianza intera ed eterna tra Dio e Gesù in quanto a sapienza, a conoscenza, intendimento ed eternità?

Al di là di queste domande, che richiedono comunque un’attenta riflessione, la questione intorno all’“ego eimi” di Giovanni 8, 58, non può essere compresa secondo una chiave di lettura teologica, ma sulla base del contesto in cui Gesù esprime queste parole.

Emmaus@