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Il libro del profeta Isaia

Ultimo Aggiornamento: 17/02/2007 16:16
18/01/2007 14:48
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IL LIBRO DI ISAIA – PRIMA SEZIONEIsaia 1:1-15 è La visione di Isaia.

 Is 1:1-15 ‚ ð Introduzione. E’ indubbio che il libro di Isaia rivesta un’importanza notevole nella Parola di Dio. Questo libro che consiste di ben 66 capitoli, rappresenta una prova tangibile e chiara della veracità della Parola di Dio e nello stesso tempo non si può ignorare il fatto che dal libro di Isaia, si possono trarre molteplici passi inerenti alla Persona del Signore Gesù. Autore e data. L’autore di questo libro è sicuramente lo Spirito Santo, ma lo strumento umano utilizzato per la stesura di questo mirabile libro è Isaia, il figlio di Amos. Il nome Isaia significa “YHWH è salvezza”. Questo profeta ebbe un contatto personale con almeno due dei re di Giuda discendenti di Davide (7:3, 38:1). L’anno della morte di Isaia non è specificata, ma probabilmente avvenne dopo la morte di Ezechia nel 686 a.C, in quanto Isaia scrisse una biografia del re Ezechia (2 Cr 32:32). Purtroppo molti studiosi teologi liberali hanno voluto dividere questo libro in due o più parti, caratterizzati da diversi autori. Ma si vedrà che tutto ciò non ha nessun supporto biblico. Il periodo storico descritto in questo libro è piuttosto particolare, in quanto il popolo di Israele si trovava in una situazione di grande lotta sia politica che spirituale. Il regno del nord di Israele, si andava indebolendo e alla fine cadde sotto l’impero assiro (722 a.C). Mentre il regno del sud di Giuda, resistette all’attacco. In questo particolare periodo storico appare Isaia, mandato dal Signore per portare un preciso messaggio a Giuda e a Gerusalemme (Is 1:1). Unità. Come si diceva prima alcuni studiosi, hanno voluto suddividere questo libro in più parti. Una corrente di pensiero afferma che originariamente il libro di Isaia era in realtà costituito da due libri ( attribuendo cioè i capp. 40-66 a un “Deutero-Isaia”, il quale visse presumibilmente durante o dopo la cattività babilonese. Oppure su parla anche di tre autori (capp. 1-39; 40-55; 56-66), attribuendo l’ultima parte al “Trito-Isaia”. Ma bisogna subito precisare che vi sono evidenze esterne ed interne al testo stesso biblico per confutare simili teorie. 1) Evidenze esterne. Innanzitutto la tradizione giudaica concorda nell’attribuire l’intero libro ad Isaia. Infatti i rotoli del mar Morto includono una copia completa del libro di Isaia, indicando così che la comunità di Qumran, nel secondo secolo a.C, l’accettò come libro unico. Gli scrittori del NT ritennero senza dubbio l’unicità del libro, nonché Isaia quale unico autore di questo libro. Infatti i brani del libro di Isaia che sono nel NT sono indicati semplicemente sotto il titolo di Isaia. Inoltre il nome di Isaia viene menzionato per nome 22 volte nel NT. 2) Evidenza interna. L’unità di cui è caratterizzato questo libro indica sicuramente anche che l’autore è stato uno. Ad esempio nei capp.40-55, viene messo in evidenza il fatto che Dio libererà il Suo popolo dalla cattività in Babilonia. Ciro apparirà sulla scena e libererà Giuda dalla cattività. Per quegli studiosi liberali che attribuiscono questa parte di libro ad un diverso autore, sostengono che, visto che viene predetto che Dio libererà il Suo popolo, un autore diverso deve aver scritto ciò dopo che Ciro governò la Persia. Ma questo pensiero non tiene conto del carattere sovrannaturale della Parola di Dio. Dio aveva predetto questa liberazione è ciò si è avverato e tutto ciò è stato evidentemente scritto prima che si realizzasse questa liberazione. Perciò, possiamo essere assolutamente certi della validità teologica, morale, spirituale ed anche storica di questo libro. E dall’analisi di questo libro non si potrà fare altro che constatare l’armonia di questo libro con tutta la Parola di Dio.

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19/01/2007 16:37
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§§ La visione di Isaia §§ Is 1:1 ð Nu 12:6, Ad 1:1, 2 Co 12:1 – Ap 1:1. Questo libro inizia con un’espressione molto significativa §§ La visione di Isaia §§. Per molti il termine “visione”, indica uno stato di trance, oppure un qualcosa di vago, come un sogno. Ma nel contesto del libro di Isaia e di altri passi, questa espressione indica che il Signore stesso si stava accingendo a parlare e a dare un preciso messaggio al Suo strumento, in questo caso il profeta Isaia.
Nu 12:6 ð In Nu 12, il Signore afferma che verso il profeta, Egli si sarebbe rivelato o in visione, oppure in sogno. E’ scritto “E il Signore disse: Ascoltate ora le mie parole: Se v'è fra voi alcun profeta, io, il Signore, mi do a conoscere a lui in visione, o parlo a lui in sogno. Ma non fo così inverso il mio servitore Mosè, il quale è fedele in tutta la mia casa. Io parlo a bocca a bocca con lui, e a veduta, e non con maniere oscure; ed egli vede la sembianza del Signore; perchè dunque non avete voi temuto di parlar contro al mio servitore, contro a Mosè?”. Nel cap. 12 dei Numeri, è scritto che Aronne e Maria parlarono contro Mosè e dichiararono una frase molto infelice “Ha veramente il Signore parlato solo attraverso Mosè”. Il testo precisa che essi erano dispiaciuti per la moglie che lui aveva presa, la quale era Cusita. Perciò il Signore dichiara il modo abituale che Egli aveva per rivelarsi a un profeta ovvero a colui che aveva la responsabilità di portare la Sua Parola al popolo. Egli, appunto, si rivelava o attraverso la visione o attraverso i sogni, ma con Mosè le cose erano diverse. Infatti il Signore afferma “Ma non faccio così verso il mio servitore Mosè”, in quanto il rapporto che intercorreva tra lui e il Signore era davvero particolare. Il Signore utilizza un termine meraviglioso “Io parlo a bocca a bocca con lui”, come un uomo parla con il suo amico. Domandiamoci quale sia il nostro rapporto con il Signore. Leggendo la Sua Parola traiamo sempre quegli insegnamenti, quelle consolazioni che Egli vuole trasmetterci? Il Signore può dire le stesse cose che ha detto di Mosè, rivolte a noi?
Ad 1:1 ð In Ad 1, ad esempio possiamo osservare che il testo inizia con la visione di Abdia. Infatti è scritto “La visione di Abdia. COSI’ ha detto il Signore Iddio ad Edom: Noi abbiamo udito un grido da parte del Signore, ed un ambasciatore è stato mandato fra le genti, dicendo: Movetevi, e leviamoci i contro a lei in battaglia. Ecco, io ti ho fatto piccolo fra le genti; tu sei grandemente sprezzato”. Anche nel caso del profeta Abdia, il testo inizia dichiarando “La visione di Abdia”, accompagnata dalla dichiarazione solenne che il Signore Iddio ha parlato. In questo caso il messaggio è rivolto ad Edom e nel leggere questo libro si può osservare che tale parola è una parola di giudizio. Ma il Signore Iddio ha parlato. Così come nella Sua Parola, Egli ha parlato ed il nostro compito e responsabilità è quello non solo di tagliare dirittamente la parola della verità, ma anche di portare tutto il consiglio di Dio. Abdia doveva portare questo messaggio, un messaggio duro, solenne, un messaggio che dichiarava “tu sei grandemente sprezzato”. E queste parole assumono un altro peso quando sono pronunciate dal Signore. Anche noi dobbiamo imparare dalla fedeltà ed obbedienza che hanno dimostrato questi strumenti nelle mani del Signore, cioè quello di trasmettere fedelmente il messaggio del Signore, senza aggiungere e togliere nulla.
2 Co 12:1 ð In 2 Co 12, l’apostolo Paolo parla di particolari visioni e rivelazioni da parte del Signore. Il testo afferma “CERTO, il gloriarmi non mi è spediente; nondimeno io verrò alle visioni e rivelazioni del Signore… Ed anche, acciocchè io non m'innalzi sopra modo per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stato dato uno stecco nella carne, un angelo di Satana, per darmi delle guanciate; acciocchè io non m'innalzi sopra modo”. L’apostolo Paolo parla di speciali rivelazioni da parte del Signore, ma egli precisa che tutto ciò non lo deve portare ad innalzarsi. Addirittura al v.7, egli testimonia che fu provato da uno stecco nella carne e da un angelo di Satana che gli dava delle guanciate, affinchè Paolo rimanga nell’umiltà. Anche questo è molto importante. Non dimentichiamoci che Paolo ha ricevuto ad esempio la visione sulla via di Damasco e lui fu lo strumento per fondamentali rivelazioni come ad esempio il rapimento della chiesa. Egli poteva sicuramente inorgoglirsi. Nel portare il messaggio del Signore non bisogna mai essere animati dall’orgoglio e dalla superbia, in quanto noi siamo semplici strumenti nelle Sue mani. Anche Isaia, doveva rimanere nell’umiltà. Egli poteva pensare “Il Signore mi ha scelto, per portare un messaggio così importante, quindi io sono migliore degli altri”. Ma Isaia, dimostrerà nel corso del libro di portare il messaggio del Signore con umiltà e sobrietà. Infine un ultimo passo importante da osservare è Ap 1:1 “LA Rivelazione di Gesù Cristo, la quale Iddio gli ha data, per far sapere ai suoi servitori le cose che debbono avvenire in breve tempo; ed egli l' ha dichiarata, avendola mandata per il suo angelo, a Giovanni, suo servitore”. Con il libro dell’Apocalisse noi abbiamo il compimento della rivelazione di Dio. Nell’Antico Testamento, il Signore parlava attraverso visioni e sogni, in quanto non esisteva ancora tutta la rivelazione di Dio scritta. Ma noi abbiamo il privilegio di possedere tutta la Parola di Dio. Ed è ad essa che noi dobbiamo attenerci. Noi siamo i suoi servitori e nel libro dell’Apocalisse ci viene mostrato in maniera mirabile non soltanto le cose future, ma ciò che aspetta ciascuno di noi: l’eternità, la nuova Gerusalemme, la gloria. Ringraziamo il Signore per questo.

§§ figliuolo di Amos §§ Is 1:1 ð Pr 4:1, Pr 10:1. Il primo versetto di Is 1 continua mettendo in evidenza il padre di Isaia. Il profeta era infatti §§ figliuolo di Amos §§. Nella Scrittura troviamo diverse volte delle genealogie e anch’esse rivestono grande importanza. Innanzitutto quelle genealogie che hanno a che fare con la venuta del Messia, dimostrano che tutto ciò che fu preannunciato nei Suoi confronti, si è perfettamente adempiuto. Ma è indubbio altresì che uno degli argomenti più citati e sviluppati nella Parola di Dio sia proprio la famiglia e la sua importanza.
Pr 4:1 ð In Pr 4, l’autore esorta a dare ascolto all’ammaestramento del padre. E’ scritto “FIGLIUOLI, ascoltate l'ammaestramento del padre; E siate attenti, per conoscer la prudenza. Perciocchè io vi ho data buona dottrina, Non lasciate la mia legge. Perciocchè io ancora sono stato figliuolo di mio padre, Tenero, ed unico appresso mia madre. Ed esso mi ammaestrava, e mi diceva: Il tuo cuore ritenga le mie parole; Osserva i miei comandamenti, e tu vivrai”. Troppo spesso la nostra società è afflitta dalla ribellione e molte volte tale ribellione viene manifestata dai figli, i quali preferiscono soddisfare se stessi che ascoltare l’ammaestramento. E’ assolutamente chiaro però che i genitori devono essere caratterizzati dal timore del Signore. Il padre che ha a cuore ubbidire al Signore e che è timorato di Lui, impartirà sicuramente un sano ammaestramento al figlio, affinchè il figlio un giorno non se ne diparta né a destra, né a sinistra. Nel libro del Deuteronomio troviamo l’esortazione proprio di non dipartirsi dai comandamenti del Signore (De 5:32). Se l’insegnamento che proviene dal padre è conforme alla volontà di Dio e alla Sua Parola, il figlio ha l’impegno di ubbidirgli per due ragioni: innanzitutto per la posizione subordinata che egli ha nei confronti del padre e in secondo luogo perché tutto ciò si ripercuoterà positivamente nel suo cammino. Tutti noi siamo figli di Dio e la stessa cosa la dobbiamo manifestare nei confronti del Padre celeste. Egli desidera che i suoi figliuoli gli ubbidiscano, che ritengano dentro di loro i Suoi insegnamenti, per una crescita progressiva e costante in Lui.
Pr 10:1 ð In Pr 10, Salomone mette in evidenza l’importanza della saggezza che deve avere il figlio. E’ scritto “LE sentenze di Salomone. Il figliuolo savio rallegra il padre; Ma il figliuolo stolto è il cordoglio di sua madre”. In questo testo vengono presi in causa tutti e due i genitori: il padre e la madre. In pratica, questo versetto vuole sottolineare la meravigliosa benedizione che una famiglia ha nell’avere un figlio saggio, secondo però i canoni della Scrittura. Essere saggi, infatti, significa avere il timore del Signore, camminare nelle Sue vie. Un figlio con queste caratteristiche porterà gioia e felicità in seno alla famiglia con tutte le prove che ci possono essere. Ma cosa porterà invece un figlio stolto? Egli è “cordoglio di sua madre”. Ovvero porterà sofferenza, dolore, pianto nella famiglia. Ed è significativo il fatto che venga presa in causa la madre cioè colei che è stata lo strumento per far nascere questo figlio. I figli sono una benedizione del Signore, ma quanto dolore apportano quei figli stolti che preferiscono seguire i loro desideri, senza tenere conto del sano ammaestramento. Anche Isaia era figlio ed ha vissuto non solo come profeta, ma prima di ogni altra cosa come figlio. Da ciò che si vede con chiarezza nel testo di questo libro si può veramente affermare che nel suo cuore vi era il timore del Signore caratteristica che rende proprio il figlio saggio. D’altro canto per essere dei porta - parola di Dio bisogna avere queste caratteristiche. Riteniamo questi insegnamenti e che il timore del Signore sia sempre la nostra caratteristica costante nella nostra vita.


§§ la quale egli vide intorno a Giuda §§ Is 1:1 ð Sl 69:35, Sl 76:1 – Sl 25:4. Il proseguo del primo versetto mette chiaramente in evidenza la sostanza della visione avuta da Isaia : infatti vengono citati due luoghi che nella Parola di Dio non hanno soltanto un’importanza geografica: la prima di esse risulta essere Giuda.
Sl 69:35 ð Nel Sl 69, il salmista sottolinea il fatto che il Signore edificherà le città di Giuda. E’ scritto “Perciocchè Iddio salverà Sion, ed edificherà le città di Giuda; E coloro vi abiteranno, e possederanno Sion per eredità. E la progenie dei suoi servitori l'erediterà; E quelli che amano il suo Nome abiteranno in essa”. Come è già stato detto, il messaggio del Signore trasmesso attraverso Isaia non è molto lusinghiero per il popolo di Israele. Come si vedrà più avanti il Signore, ad esempio, si lamenta del formalismo rituale a cui era andato incontro il Suo popolo. Ma nel passo del Sl 69, possiamo osservare ben altra cosa. Infatti, giungerà il tempo in cui il Signore interverrà, e vi sarà una completa edificazione delle città di Giuda. Non soltanto, ma gli abitanti in essa possederanno Sion come eredità. Il popolo d’Israele per il suo peccato non ha potuto rimanere per molto nella terra promessa, ma quando il Signore Gesù verrà per stabilire il Suo regno su questa terra, il vero Israele sarà a capo delle nazioni. Ma è necessario amare il Suo Nome, ovvero amare la Persona ineffabile di Dio.
Sl 76:1 ð Nel Sl 76, il salmista mette in evidenza che il Signore è conosciuto in Giuda. Egli afferma “IDDIO è conosciuto in Giuda; Il suo Nome è grande in Israele. E il suo tabernacolo è in Salem, E la sua stanza in Sion”. Questo testo non vuole togliere nulla a quella che è una delle caratteristiche perfette di Dio: l’onnipresenza. Questo testo indica invece molto bene, quella che deve essere la caratteristica fondamentale di tutti coloro che appartengono a Dio: conoscerLo. E’ indubbio che il popolo d’Israele ha avuto degli ineguagliabili privilegi, perché a lui fu data “la gloria, l’adozione, i patti, la costituzione della legge, il servigio divino e le promesse” (Ro 9:4). E nello stesso tempo il Signore desiderava costantemente condurre il Suo popolo, anche se molte volte esso si è ribellato a Lui. Il Nome del Signore è immenso, meraviglioso ed il salmista può affermare che è grande in Israele, ovvero in quel popolo con cui Egli ha stabilito il patto di Es 19. Come e quanto conosciamo il nostro Dio! Lo serviamo fedelmente, oppure il nostro comportamento assomiglia a quello che molte volte il popolo di Israele ha manifestato? Riguardiamo a quello che afferma il salmista nel Sl 25 “Signore, fammi conoscere le tue vie; Insegnami i tuoi sentieri. Inviami nella tua verità, ed ammaestrami; Perciocchè tu sei l'Iddio della mia salute; Io ti attendo tuttodì”. Il nostro Dio è veramente l’Iddio della nostra salvezza. Essendo Egli il nostro Signore, è nostro impegno camminare nelle Sue vie, in quelle vie che ci vengono chiaramente descritte nella Sua Parola. Abbiamo bisogno dell’ammaestramento e soprattutto mettere in pratica ciò che noi abbiamo imparato. Il nostro sguardo deve essere sempre concentrato su di Lui ed attendere il ritorno del Signore Gesù Cristo. Questa è la nostra beata speranza e la nostra vivida attesa!

§§ ed a Gerusalemme §§ Is 1:1 ð Sl 137:5, Gr36:31. Il secondo luogo che viene citato è Gerusalemme ed è chiaro che anche questa località riveste una grandissima importanza.
Sl 137:5 ð Il salmista, nel Sl 137, sottolinea il suo ardore di ricordarsi sempre di Gerusalemme. Infatti egli afferma “Se io ti dimentico, o Gerusalemme; Se la mia destra ti dimentica; Resti attaccata la mia lingua al mio palato, Se io non mi ricordo di te; Se non metto Gerusalemme In capo d'ogni mia allegrezza”. Può sembrare strano che un uomo pronunci parole così forti semplicemente nei riguardi di una città. Ma non per un ebreo, per colui che faceva parte del popolo di Israele. Gerusalemme non era una città come un'altra. Molte volte il termine “Gerusalemme” è incluso in quei passi che indicano una chiara situazione spirituale del popolo. Ma Gerusalemme indicava anche la città capitale di Israele. Colui che faceva parte del popolo , colui che soprattutto era timorato di Dio non poteva dimenticarsi di Gerusalemme. E’ come se il salmista facesse un voto ben preciso pronunciando su se stesso un giudizio se egli l’avesse dimenticata. Questo non indica masochismo, ma sentimento di affetto. Riguardare a Gerusalemme, significa anche riflettere su tutto ciò che il Signore ha fatto per Gerusalemme e per il popolo di Israele e nello stesso tempo il salmista sottolinea anche coloro che avevano fatto del male a Israele, come Edom e Babilonia (vv.7-9). Ciascuno di noi dovrebbe sempre ricordare le afflizioni che il popolo d’Israele ha subito nel corso della storia. Certamente spesso questo è capitato per il suo stesso peccato. Ma Israele è una chiara testimonianza della fedeltà di Dio. Per quanto riguarda noi, ci attende una nuova Gerusalemme (Ap 21-22), la città nei cieli (Fl 3:20), perciò dobbiamo ricercare le cose di lassù.
Gr 36:31 ð In Gr 36, il Signore pronuncia un giudizio sul re Gioiachim e anche su Gerusalemme e sui suoi abitanti. E’ scritto “Perciò, così ha detto il Signore intorno a Gioiachim, re di Giuda: Egli non avrà alcuno che segga sopra il trono di Davide; e il suo corpo morto giacerà esposto al caldo di giorno, e al gelo di notte. Ed io farò punizione sopra lui, e sopra la sua progenie, e sopra i suoi servitori, della loro iniquità; e farà venire sopra loro, e sopra gli abitanti di Gerusalemme, e sopra gli uomini di Giuda, tutto il male che io ho loro pronunziato, e che non hanno ascoltato”. Questo testo dimostra chiaramente la situazione spirituale del popolo in un determinato periodo storico, come si diceva precedentemente. Anche nel libro di Isaia si troverà un messaggio piuttosto duro nei confronti di Giuda e Gerusalemme. Il re Gioiachim aveva commesso peccato contro al Signore, cioè nell’avere bruciato il rotolo in cui erano scritte le parole di Geremia trascritte da Baruc. Bruciare il rotolo, indicava proprio un sentimento di ostilità. Perciò il Signore pronuncia il Suo giudizio non soltanto sul re, ma anche sopra gli abitanti di Giuda e Gerusalemme per il fatto che essi non hanno ascoltato. Fare parte anagraficamente del popolo d’Israele, ma non ascoltare la voce del Signore non porta a niente. Tutto questo indica che le scelte che l’uomo compie nella sua vita portano inevitabilmente a delle conseguenze: positive se si obbedisce al Signore, negative se ci si ribella a Lui. Perciò Giuda e Gerusalemme, sono i destinatari del messaggio di Isaia, ma è chiaro che gli insegnamenti che trarremo da questo meraviglioso libro sono anche per noi.

§§ a dì di Uzzia §§ Is 1:1 ð 2 Cr 26:8-14 – De 8:14, Mt 23:12. Il testo prosegue mettendo in evidenza le circostanze storiche in cui Isaia ebbe questa visione. Infatti il testo precisa che tutto ciò avvenne innanzitutto ai dì di Uzzia.
2 Cr 26:8-14 ð In 2 Cr 26, viene proprio narrata la storia di Uzzia. E’ scritto “Uzzia edificò ancora delle torri in Gerusalemme, alla porta del cantone, e alla porta della valle, ed al cantone; e le fortificò. Edificò ancora delle torri nel deserto e vi cavò molti pozzi; perciocchè egli aveva gran quantità di bestiame, come anche nella campagna, e nella pianura; aveva eziandio dei lavoratori, e dei vignaioli ne' monti, ed in Carmel; perciocchè egli amava l'agricoltura. Ed Uzzia aveva un esercito di gente di guerra, che andava alla guerra per schiere, secondo il numero della loro rassegna, fatta per mano di Ieiel segretario, e di Maaseia commissario, sotto la condotta di Hanania, l'uno dei capitani del re.Tutto il numero dei capi della gente di valore, distinta per famiglie paterne, era di duemila seicento. Ed essi avevano sotto la loro condotta un esercito di trecentosettemila cinquecento prodi e valorosi guerrieri, per soccorrere il re contro al nemico. Ed Uzzia preparò a tutto quell'esercito scudi, e lance, ed elmi, e corazze, ed archi, e frombole a trarre pietre. Fece, oltre a ciò, in Gerusalemme degl'ingegni d'arte d'ingegnere, per metterli sopra le torri, e sopra i canti, per trarre saette e pietre grosse. E la sua fama andò lungi perciocchè egli fu meravigliosamente soccorso, finchè fu fortificato. Ma quando egli fu fortificato, il cuor suo s'innalzò, fino a corrompersi; e commise misfatto contro al Signore Iddio suo, ed entrò nel Tempio del Signore, per far profumo sopra l'altare dei profumi. Ma il sacerdote Azaria entrò dietro a lui, avendo seco ottanta sacerdoti del Signore, uomini valenti; ed essi si opposero al re Uzzia, e gli dissero: Non stà a te, o Uzzia, il far profumo al Signore; anzi ai sacerdoti, figliuoli di Aaronne, che sono consacrati per far profumi; esci fuori del Santuario; perciocchè tu hai misfatto, e ciò non ti tornerà in gloria da parte del Signore Iddio. Allora Uzzia si adirò, avendo in mano il profumo da incensare; ma mentre si adirava contro ai sacerdoti, la lebbra gli nacque in su la fronte in presenza dei sacerdoti nella Casa del Signore, d'in su l'altare dei profumi”. Questo è un testo molto importante che mostra chiaramente due facce del re Uzzia. Da una parte egli si è prodigato nel fare numerose opere, come costruire delle torri, essere dedito all’agricoltura e nello stesso tempo egli si impegnò anche a fortificare l’esercito provvedendo a scudi, lance, elmi e corazze e fionde. Ma dall’altro lato, Uzzia vedendo che si era fortificato, ha innalzato il suo cuore, compiendo misfatto contro all’Eterno. Egli andò nel Tempio per fare profumo sopra l’altare dei profumi ma il sacerdote Azaria e ottanta sacerdoti si opposero a lui. Quando vi è riprensione e ammonimento giusto e correttivo, è dimostrazione di saggezza accettarla e chiedere perdono al Signore. Ma Uzzia non si è comportato in questa maniera. Egli si è adirato contro di loro, ma in quel momento egli fu colpito da lebbra, simbolo nella Bibbia di peccato. Così si adempie il principio biblico secondo cui “Colui che si innalza sarà abbassato”. In De 8 troviamo un importante avvertimento “Guardati, che talora tu non dimentichi il Signore Iddio tuo, per non osservare i suoi comandamenti, e le sue leggi, e i suoi statuti, i quali oggi ti do. Che talora, dopo che tu avrai mangiato, e sarai sazio, e avrai edificate delle belle case, e vi abiterai dentro; e il tuo grosso e minuto bestiame sarà moltiplicato; e l'argento e l'oro ti sarà aumentato, e ti sarà accresciuta ogni cosa tua; il tuo cuore non s'innalzi e tu non dimentichi il Signore Iddio tuo, il qual ti ha tratto fuor del paese di Egitto, della casa di servitù”. Quanto è tragico dimenticare il Signore, dimenticare le Sue benedizioni, ciò che Egli è. La manifestazione di questa dimenticanza si identifica nella non osservanza dei suoi comandamenti. Israele aveva visto il Signore all’opera e la Sua conduzione durante i quarant’anni nel deserto. Ma sappiamo anche che il cuore dell’uomo è malvagio e che è pronto a dimenticare il bene fatto a lui. L’avvertimento comprende anche l’orgoglio, l’innalzamento del cuore. Uzzia si innalzò quando vide che si era fortificato e in De 8, l’avvertimento riguarda proprio l’innalzamento del cuore condizionato dall’aumento dell’oro, dell’argento, del bestiame e intorno all’edificazione delle case. Con tutti questi beni, l’uomo pensa di stare al sicuro e di poter fare a meno di Dio. Nello stesso tempo dobbiamo stare molto attenti anche noi, in quanto figli di Dio a questi pericoli. Noi siamo inclini a sentirci autosufficienti. Ma attenzione all’autosufficienza! Guai a affermare ciò che un giorno affermò la chiesa di Laodicea “Io sono ricco…non ho bisogno di niente”. Teniamo sempre presente che senza il Signore noi non possiamo fare nulla. Vogliamo essere innalzati dal Signore, oppure abbassati? L’innalzamento da parte del Signore comprende l’ubbidienza alla Sua Parola e il timore nei Suoi confronti.

§§ di Iotam §§ Is 1:1 ð 2 Cr 27:6 – 2 Te 3:5. Il secondo personaggio che troviamo in Is 1:1 è Iotam.
2 Cr 27:6 ð In 2 Cr 27 è scritto che Iotam si fortificò e addirizzò le sue vie nel cospetto del Signore. Sta scritto “Ed egli fece ciò che piace al Signore, interamente come aveva fatto Uzzia, suo padre; se non che non entrò nel Tempio del Signore; nondimeno il popolo era ancora corrotto. Egli edificò la porta alta della Casa del Signore; edificò ancora assai nel muro di Ofel. Edificò eziandio delle città nelle montagne di Giuda, e delle castella, e delle torri ne' boschi. E combattè contro al re dei figliuoli di Ammon, e vinse gli Ammoniti. Ed in quell'anno essi gli diedero cento talenti d'argento, e diecimila cori di grano, ed altrettanti d'orzo; cotanto ancora gli pagarono i figliuoli di Ammon il secondo ed il terzo anno. Iotam dunque si fortificò; perciocchè egli aveva addirizzate le sue vie nel cospetto del Signore Iddio suo”. Anche Iotam, figlio di Uzzia, ha compiuto determinate opere. Ha edificato la porta alta della Casa del Signore, delle città nelle montagne di Giuda, ha edificato delle torri nei boschi e come se non bastasse vinse la battaglia contro gli Ammoniti. Ma egli non si inorgoglì! Si fortificò anch’esso, ma addirizzò il suo cuore e le sue vie nel cospetto del Signore. Ecco perché si fortificò! Non per le sue opere, o per dei suoi particolari meriti, ma perché aveva addirizzato il suo cuore all’Eterno. Come è il nostro cuore nei suoi confronti? La nostra comunione con lui? In 2 Te 3, l’apostolo Paolo afferma “Or il Signore è fedele, il quale vi raffermerà, e vi guarderà dal maligno… Or il Signore addirizzi i vostri cuori all'amor di Dio, e alla paziente aspettazione di Cristo”. Noi possiamo sempre confidare nell’intervento del Signore. Egli è fedele, Egli è Colui che ci fortifica che ci rafferma e che ci guarda dal maligno. Noi, con tutte le nostre miserie, siamo i destinatari del soccorso di Dio. E nello stesso tempo il Signore compia un’ulteriore opera: quella addirizzare il nostro cuore al Suo amore. Il cuore dell’uomo è insanabilmente malvagio e anche noi siamo inclini a operare e a pensare non secondo la volontà di Dio. Ma l’intervento del Signore è indirizzato proprio al nostro cuore affinchè i nostri pensieri, le nostre azioni siano conformi al Suo pensiero. Anche noi potremo essere fortificati solamente se ci rimetteremo intieramente in Colui che può ogni cosa, se “ci fortificheremo nella forza della Sua possanza” (Ef 6:10).
§§ di Achaz §§ Is 1:1 ð 2 Re 16:2-3 – Tt 1:16. Dopo Uzzia e Iotam, il terzo re che viene citato è Achaz.
2 Re 16:2 ð In 2 Re 16, il testo dichiara che Achaz non fece ciò che piace al Signore. Il testo afferma “Achaz era d'età di vent'anni, quando cominciò a regnare; e regnò sedici anni in Gerusalemme; e non fece quello che piace al Signore Iddio suo, come aveva fatto Davide, suo padre. Ma camminò per la via dei re d'Israele, e fece anche passare il suo figliuolo per lo fuoco, secondo le abominazioni delle genti, le quali il Signore aveva scacciate d'innanzi ai figliuoli d'Israele”. Achaz iniziò a regnare da giovane: egli aveva solamente vent’anni. Governare e condurre un popolo non è certo impegno da poco e richiede notevole capacità e saggezza che deve derivare esclusivamente dal Signore. Ma Achaz, manifestò semplicemente la volontà della carne. Egli non fece ciò che piacque al Signore, non seguì l’esempio di Davide, il re secondo il cuore di Dio. Egli si incamminò per una via sbagliata, dove non vi era la volontà di Dio, addirittura fece passare il suo figlio per il fuoco, seguendo quelle che erano le abominazioni pagane, quelle stesse abominazioni seguite dai popoli pagani e che il Signore aveva condannato. Come potrà essere la conduzione da parte di quel re, di quella autorità che non si sottomette al Signore? Questo testo, risulta di sprone anche per ciascuno di noi, ovvero di camminare non come fece Achaz, ma seguendo i sentieri antichi che ci vengono evidenziati nella Parola. L’apostolo Paolo in Tt 1, parla dei contaminati e degli infedeli ed afferma “Ben è ogni cosa pura ai puri; ma ai contaminati ed infedeli, niente è puro; anzi e la mente e la coscienza loro è contaminata. Fanno professione di conoscere Iddio, ma lo rinnegano con le opere, essendo abominevoli e ribelli, e riprovati ad ogni buona opera”. Coloro che sono puri, sia per la purificazione ottenuta dal prezioso sangue di Cristo e che camminano secondo purezza, non possono far altro che desiderare le cose pure. Noi siamo chiamati ad essere irreprensibili e a tendere verso la perfezione. Ma è chiaro che coloro che sono contaminati avranno dei desideri rivolti alle abominazioni e alle concupiscenze di questo mondo. Come disse il Signore Gesù “L’albero buono fa frutti buoni, ma l’albero cattivo, frutti cattivi”. Achaz ha dimostrato ampiamente di non essere una persona pura.


§§ di Ezechia §§ Is 1:1 ð 2 Re 18:3, 13-14, 17, 28-35, 19:10-19, 35. L’ultimo personaggio elencato in Is 1:1 è il re Ezechia.
2 Re 18:3 ð In 2 Re 18, è scritto che Ezechia fece ciò che piace al Signore. Infatti è scritto “Egli fece quello che piace al Signore, interamente come aveva fatto Davide, suo padre. Egli tolse via gli alti luoghi, e spezzò le statue, e tagliò i boschi, e stritolò il serpente di rame che Mosè aveva fatto; perciocchè fino a quel tempo i figliuoli d'Israele gli facevano profumi; e lo chiamò Nehustan”. Questa è una diagnosi ben diversa rispetto a quella di Achaz. Non soltanto la Scrittura ci informa che questo re ha fatto ciò che piace all’Eterno, ma ha dimostrato concretamente tale fedeltà, togliendo via gli alti luoghi, spezzando le statue e distruggendo il serpente di rame che per Israele era diventato un idolo. Da questo impariamo che la nostra ubbidienza deve essere manifestata compiutamente. Sarebbe meraviglioso se a ciascuno di noi il Signore facesse questa diagnosi “Egli ha fatto ciò che mi è piaciuto”. Ma tutto ciò deve essere manifestato. Nello stesso tempo è interessante vedere il proseguo di 2 Re 18. Ai vv.13-14 è scritto “Poi l'anno quartodecimo del re Ezechia, Sennacherib, re degli Assiri, salì contro a tutte le città forti di Giuda, e le prese. Ed Ezechia, re di Giuda, mandò a dire al re degli Assiri, in Lachis: Io ho fallito; partiti da me, ed io pagherò quello che tu m'imporrai. E il re degli Assiri impose ad Ezechia, re di Giuda, trecento talenti d'argento, e trenta talenti d'oro”. Precedentemente il testo aveva messo in evidenza Salmaneser, re di Assiria che aveva assediato Samaria e che l’aveva presa. Tutto ciò avvenne per la disubbidienza del popolo d’Israele. Quando si disubbidisce al Signore, bisogna pagarne le conseguenze. Ora si presenta un altro pericolo, Sennacherib, anche lui re degli Assiri. Ezechia, si trova ad essere suddito di questo re pagano e a pagare tributi. E’ sicuramente molto triste questa situazione: un re di Giuda, si ritrova a pagare pesanti tributi ad un re pagano, non appartenente al popolo d’Israele. Ai vv.17, 28-35 il testo afferma “Poi il re degli Assiri mandò al re Ezechia, da Lachis in Gerusalemme, Tartan, e Rab-saris, e Rab-sache, con un grande stuolo. Ed essi salirono, e vennero in Gerusalemme. Ed essendo arrivati, si fermarono presso dell'acquedotto dello stagno disopra, ch'è nella strada del campo del purgatore di panni… Poi Rab-sache si rizzò in piè e gridò ad alta voce in lingua giudaica, e parlò, e disse: Ascoltate la parola del gran re, re degli Assiri:Così ha detto il re: Ezechia non v'inganni; perciocchè egli non potrà liberarvi dalla mia mano. E non vi faccia Ezechia confidar nel Signore, dicendo: Il Signore per certo ci libererà, e questa città non sarà data nelle mani del re degli Assiri. Non ascoltate Ezechia; perciocchè il re degli Assiri ha detto così: Fate pace meco, ed uscite a me; e ciascun di voi mangi della sua vite, e del suo fico, e beva dell'acqua della sua cisterna; finchè io venga, e vi meni in un paese simile al vostro; paese di frumento e di mosto; paese di pane e di vigne; paese d'ulivi da olio, e di miele; e voi vivrete, e non morrete: e non ascoltate Ezechia; perciocchè egli v'inganna, dicendo: Il Signore ci libererà. Ha pure alcuno degl'iddii delle genti liberato il suo paese dalle mani del re degli Assiri? Dove sono gl'iddii di Hamat e di Arpad? dove gl'iddii di Sefarvaim, di Hena, e d'Ivva? hanno pure essi liberata Samaria dalla mia mano? Quali sono quegli dèi, d'infra tutti gl'iddii di que' paesi, che abbiano liberato il loro paese dalla mia mano; che il Signore abbia da liberar Gerusalemme dalla mia mano?”. Sono terribili le armi che Satana usa, per attaccare coloro che confidano nel Signore. Da questo testo possiamo osservare come Sennacherib mandi dei messi al re Ezechia, tra cui spicca Rab-Sache. Questo messo pronunciò delle parole terribili le quali evidenziavano tutto l’orgoglio e la superbia che vi era nel re Assiro. Questo messo chiama Sennacherib “gran re”, e nello stesso tempo cerca di mettere falsamente in guardia il popolo che Ezechia non potrà fare niente per contrastare il regno assiro. Addirittura questo messo sottolinea che è inutile confidare nel Signore, in quanto niente e nessuno può resistere a Sennacherib. Quale follia e stoltezza! Il Signore, il Dio Onnipotente, l’Eterno, non può far niente? Ma queste sono le armi che Satana utilizza, cioè quello di distogliere il nostro sguardo dal Signore e volgerlo da un’altra parte. Nello stesso tempo il messo utilizza parole che apparentemente possono sembrare molto belle e proficue. Egli dichiara che basta semplicemente fare pace con Sennacherib e così ciascuno potrà mangiare di ciò che ha, vite, frumento e via dicendo, ma ripete un’ulteriore volta che il Signore non li libererà dalla mano degli Assiri. Questo è un altro stratagemma del diavolo: i compromessi. D’altronde, si poteva pensare “Basta fare pace con questo re, e noi potremo vivere nella pace e potremo nutrirci”. Ma questo significava non confidare nel Signore. Questo re è superbo, egli dice “Chi è il Signore, che può liberarvi dalla mia mano?”. Ma sappiamo che il Signore abbassa i superbi. In 2 Re 19:10-19 è scritto “Dite così ad Ezechia, re di Giuda: Il tuo Dio nel qual tu ti confidi, non t'inganni, dicendo: Gerusalemme non sarà data in mano del re degli Assiri. Ecco, tu hai inteso quello che i re degli Assiri hanno fatto a tutti i paesi, distruggendoli; e tu scamperesti? Gl'iddii delle genti, che i miei padri distrussero, di Gozan, e di Haran, e di Resef, e dei figliuoli di Eden, che sono in Telasar, le hanno essi liberate? Dov'è il re di Hamat, e il re di Arpad, e il re della città di Sefarvaim, di Hena e d'Ivva? Quando Ezechia ebbe ricevute quelle lettere, per mano di que' messi, e le ebbe lette, egli salì alla Casa del Signore, e le spiegò nel cospetto del Signore; e fece orazione davanti al Signore, e disse: O Signore Iddio d'Israele, che siedi sopra i Cherubini, tu solo sei l'Iddio di tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. O Signore, inchina il tuo orecchio, e odi; o Signore, apri gli occhi tuoi e vedi; ed ascolta le parole di Sennacherib, il quale ha mandato questo, per oltraggiare l'Iddio vivente. Egli è vero, Signore, che i re degli Assiri hanno distrutte quelle genti ed i loro paesi; ed hanno gettati nel fuoco gl'iddii loro; perciocchè essi non erano dèi, ma opera di mani d'uomini, pietra e legno; perciò li hanno distrutti. Ma ora, o Signore Iddio nostro, liberaci, ti prego, dalla sua mano, acciocchè tutti i regni della terra conoscano che tu solo Signore, sei Dio”. Ezechia riceve quelle lettere in cui erano scritte tutte quelle parole superbe e piene di orgoglio da parte dell’Assiria. Come reagì Ezechia? Salì alla Casa del Signore, spiegò quelle lettere e pregò il Signore. Non vi era rassegnazione in lui, ma se il mondo gli diceva “Non confidarti nell’Eterno”, egli fa l’esatto contrario. Egli sapeva che tutte queste parole erano un oltraggio per l’Iddio Vivente. Il re di Assiria si vantava di avere distrutto dei popoli che avevano i loro dèi, ma Ezechia precisa che quelli erano dei falsi dèi, ma erano semplicemente delle opere di uomo. Ma il Signore, l’Iddio Eterno, l’Iddio d’Israele è l’Onnipotente e può liberare Ezechia ed il popolo dalla mano degli Assiri. Siamo sempre noi animati da questa fede? Sapere che veramente il nostro Dio è l’Onnipotente e che ci può liberare dalle prove in cui ci veniamo a trovare?. Dinanzi a queste richieste così accalorate e soprattutto tenendo presente che in questo frangente Ezechia teneva Nome del Signore, come si conclude questo episodio? Afferma il v.35 “Or quella stessa notte avvenne che un Angelo del Signore uscì, e percosse centottantacinquemila uomini, nel campo degli Assiri; e quando si furono levati la mattina, ecco, non si vedeva altro che corpi morti. E Sennacherib, re degli Assiri, si partì di là, e se ne andò, e ritornò in Ninive, e vi dimorò”. Il Signore stesso intervenne, mandano il Suo Angelo e percotendo ben 185000 Assiri. Le parole di superbia pronunciate dall’Assiria, erano false e piene di stoltezza. Ecco cosa può fare il Signore! E Sennacherib è costretto ad andare a Ninive e a dimorarvi. Impariamo, da questo episodio, ad imitare il comportamento del re Ezechia, un re che in questo testo ha dimostrato fiducia e confidanza nel Signore. Sappiamo che egli non fu un uomo perfetto (2 Re 20:13), ma teniamo presente che il nostro cammino cristiano deve sempre essere caratterizzato dalla fede, dalla fiducia verso il Signore.

§§ re di Giuda §§ Is 1:1 ð Sl 33:16, Ap 19:16. Come si diceva precedentemente, essere re, o comunque delle autorità con precise funzioni governative, comporta una grande responsabilità. Infatti si è potuto proprio osservare in Is 1:1 l’elenco di particolari personaggi che hanno ricoperto questa funzione e cosa la Scrittura dice di loro.
Sl 33:16 ð Nel Sl 33, il salmista evidenzia la figura del re, il quale non è salvato per la grandezza del suo esercito. Il testo afferma “Il re non è salvato per grandezza di esercito; l'uomo prode non scampa per grandezza di forza. Il cavallo è cosa fallace per salvare, e non può liberare colla grandezza della sua possa. Ecco, l'occhio del Signore è inverso quelli che lo temono; Inverso quelli che sperano nella sua benignità”. Intorno al re Uzzia, si è potuto osservare come lui, ad un certo punto della sua vita, si sia innalzato e insuperbito, riguardando alla sua propria forza. Ma il salmista è estremamente chiaro: anche il re non deve basarsi sulla forza del suo esercito o sulla sua forza, in quanto la forza dell’uomo è nulla confronto all’Eterno. Il cavallo è l’animale che parla proprio della forza di un esercito, ma anche questo animale è fallace e da solo è incapace di liberare, se il Signore non lo permette. Quindi, verso chi sarà l’occhio del Signore? Solo verso coloro che lo temono. La benedizione la si può sperimentare solo ed esclusivamente temendo il Signore. Si è visto a proposito come si è comportato il re Ezechia in 2 Re 18-19. Anche se le circostanze sono avverse, la Parola di Dio ci esorta a confidare sempre nel Signore.
Ap 19:16 ð In Ap 19, viene messo in evidenza chi è il Re dei re e il Signore dei signori. Il testo afferma “POI vidi il cielo aperto; ed ecco un cavallo bianco; e colui che lo cavalcava si chiama il Fedele, e il Verace; ed egli giudica, e guerreggia in giustizia. E i suoi occhi erano come fiamma di fuoco, e in su la sua testa v'erano molti diademi; ed egli aveva un nome scritto, il qual niuno conosce, se non egli; ed era vestito d'una vesta tinta in sangue; e il suo nome si chiama: La Parola di Dio. E gli eserciti che sono nel cielo lo seguitavano in su cavalli bianchi, vestiti di bisso bianco e puro. E dalla bocca d'esso usciva una spada a due tagli, acuta, da percuoter con essa le genti; ed egli le reggerà con una verga di ferro, ed egli stesso calcherà il tino del vino dell'indignazione, e dell'ira dell'Iddio onnipotente. Ed egli aveva in su la sua vesta, e sopra la coscia, questo nome scritto: IL RE DEI RE, E IL SIGNOR DEI SIGNORI”. Questo testo parla di un cavallo e di Colui che lo cavalca. Quando si parla di re, sicuramente la nostra mente ripensa alla storia e a quante opere malvagie hanno compiuto molti governanti. Ma il testo di Ap 19 ci presenta Colui che è il Re dei re e il Signore dei signori. Egli cavalca un cavallo bianco il colore della purezza e della giustizia, il cui nome è il Fedele ed il Verace. Nessun re può riportare questi appellativi se non il Signore. I suoi occhi sono come fiamma di fuoco, Egli è perfettamente Onnisciente e dalla Sua bocca esce una spada e due tagli simbologia che ci parla della Parola di Dio. E noi che facciamo parte della Chiesa, siamo la Sua Sposa. Un giorno il Signore tornerà per prendere la Sua Sposa, per poi successivamente, compiere il giudizio sugli empi.

§§ Ascoltate §§ Is 1:2 ð De 5:1-4, Ap 1:3. Dopo aver evidenziato il periodo storico, il testo ora passa al messaggio vero e proprio. E subito si può osservare un’importante esortazione §§ Ascoltate §§.
De 5:1-4 ð In De 5, Mosè esorta Israele ad ascoltare e ad osservare gli statuti e le leggi del Signore. Mosè afferma “E Mosè chiamò tutto Israele, e disse loro: Ascolta, Israele, gli statuti e le leggi le quali io pronunzio oggi ai vostri orecchi; imparatele dunque, e osservatele, per metterle in opera. Il Signore Iddio nostro fece patto con noi in Horeb. Il Signore non fece questo patto coi nostri padri, anzi con noi, che siamo oggi qui e siamo tutti in vita”. E’ un momento davvero solenne quando si ascolta la Parola del Signore. Mosè chiama a raccolta tutto il popolo ed inizia il suo discorso con un imperativo “Ascolta Israele”. Per trarre profitto dalla meditazione della Parola di Dio, dobbiamo innanzitutto saper ascoltare. L’argomento dell’ascolto era identificato nei vari statuti e leggi che furono date al popolo. Da questa legge il popolo non doveva mai dipartirsi, in quanto il Signore aveva fatto un patto solenne con il Suo popolo e Mosè ricorda questo evento. Noi siamo chiamati ad ascoltare e ad ubbidire alla volontà di Dio e a fare tutto ciò che piace a Lui, non come dovere, ma come immenso privilegio. Perché tutto questo è per il nostro bene. Ma è chiaro che prima dell’azione, ci deve essere l’ascolto.
Ap 1:3 ð In Ap 1, è scritto che sono beati coloro che ascoltano le parole della profezia contenuta in questo libro. E’ scritto “LA Rivelazione di Gesù Cristo, la quale Iddio gli ha data, per far sapere ai suoi servitori le cose che debbono avvenire in breve tempo; ed egli l' ha dichiarata, avendola mandata per il suo angelo, a Giovanni, suo servitore. Il quale ha testimoniato della parola di Dio, e della testimonianza di Gesù Cristo, e di tutte le cose che egli ha vedute. Beato chi legge, e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia, e serbano le cose che in essa sono scritte; perciocchè il tempo è vicino”. Quando ci si avvicina al libro dell’Apocalisse, si è sempre presi da un certo senso di timore. Non soltanto per il carattere di questo libro ma anche per il contenuto del testo. Ma proprio in questo libro che rappresenta il compimento della rivelazione, vi è la consolante affermazione che beato è chi legge e chi ascolta queste parole. Perciò meditare e mettere in pratica la Parola di Dio non è soltanto un impegno spirituale, ma sono due realtà che portano felicità alla nostra vita. Certamente ci saranno le avversità e le prove, ma il Signore, attraverso la Sua Parola, ci consolerà.

§§ cieli e tu terra §§ Is 1:2 ð De 32:1, Sl 69:34 – Fl 1:11. E’ interessante osservare che l’esortazione di ascoltare, in Is 1:2, non è rivolta all’uomo, ma ai cieli e alla terra.
De 32:1 ð In De 32, Mosè si rivolge idealmente ai cieli e alla terra, affinchè essi ascoltino. Il testo afferma “Mosè dunque pronunziò da un capo all'altro le parole di questo Cantico, nella presenza di tutta la raunanza di Israele. CIELI, porgete gli orecchi, ed io parlerò; Ed ascolti la terra le parole della mia bocca. La mia dottrina stillerà come pioggia, e il mio ragionamento colerà come rugiada; Come pioggia minuta in su l'erbetta, E come pioggia a grosse gocciole in su l'erbe; perciocchè io celebrerò il Nome del Signore. Magnificate l'Iddio nostro”. Mosè, ormai, era giunto al termine della sua vita. Ma l’amore verso il suo Dio lo spinse ad innalzare questo cantico atto a glorificare il Signore. E’ meraviglioso vedere un servo di Dio il quale ha camminato con il Signore per così tanto tempo, ed ora desidera non glorificare se stesso ma il Signore. Questo deve essere un prezioso insegnamento per ciascuno di noi. E come inizio solenne, Mosè prende in causa i cieli e la terra, per renderli anche loro partecipi del contenuto di questo cantico che include la pioggia e la rugiada simbolo di benedizione e prosperità. Malo scopo di questo cantico lo evidenzia Mosè stesso “io celebrerò il Nome del Signore”. Egli aveva visto le potenti opere che il Signore aveva compiuto verso Israele e non può fare altro che lodarLo e celebrarLo. Anche noi, fratelli e sorelle, ci comportiamo nello stesso modo? Lo scopo della nostra vita è sempre quello di ringraziarLo ed adorarLo? In Is 1:2, vi è l’inizio di un discorso solenne e tale solennità include il cielo e la terra, in De 32:1, vi è un cantico solenne.
Sl 69:34 ð Nel Sl 69, il salmista include i cieli e la terra per quanto concerne l’adorazione verso il Signore. Infatti il salmista afferma “Io loderò il Nome di Dio con cantici, E lo magnificherò con lode… Lodinlo i cieli e la terra; I mari, e tutto ciò che in essi guizza”. Anche il salmista, esprime con parole meravigliose il suo desiderio di lodare il Signore e di ringraziarLo. Egli non desidera la sua gloria, ma solo glorificare il Signore e nello stesso tempo include i cieli, la terra e i mari in questa lode ed adorazione verso Dio. Egli sa molto bene che il Signore è innanzitutto il Creatore dell’universo e i cieli, la terra e i mari stessi sono tre dimostrazioni della Sua Onnipotenza. L’apostolo Paolo in Fl 1, esorta i credenti della chiesa di Filippi ad essere ripieni di giustizia per un duplice scopo: per essere alla gloria e lode di Dio. Egli afferma “E di questo prego che la vostra carità abbondi sempre di più in più in conoscenza, ed in ogni intendimento. Affinché discerniate le cose migliori; acciocchè siate sinceri, e senza intoppo, per lo giorno di Cristo; ripieni di frutti di giustizia, che sono per Gesù Cristo; alla gloria, e lode di Dio”. Questi cristiani dovevano abbondare nella conoscenza ed in ogni intendimento. Questo significa che la loro vita cristiana doveva sempre essere caratterizzata dalla saggezza che proviene dal Signore. Inoltre la loro vita non doveva rimanere nella mediocrità spirituale ma ripiena di frutti di giustizia. Teniamo presente sempre questa lezione. La realtà della nostra vita spirituale deve essere quella di portare frutto alla gloria del Signore. Infatti questa condotta, questo comportamento ha il duplice scopo di glorificare il Signore e lodarLo. La nostra lode non deve essere soltanto racchiusa alla domenica per un ora, ma ogni giorno la nostra vita deve stillare, produrre, frutti di giustizia, quale dimostrazione dell’amore seppur minimo, che abbiamo verso il Signore. Quindi l’adorazione è strettamente collegata all’ubbidienza e al timore. Perciò non deve stupirci il fatto che in Is 1:2 vengano prese in causa i cieli e la terra. Il messaggio che Isaia dovrà portare è assolutamente importante, in quanto proviene dal Signore.

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20/01/2007 16:14
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§§ porgi gli orecchi §§ Is 1:2 ð Pr 17:4, 2 Ti 4:3. Dopo che il testo ha sottolineato l’importante esortazione all’ascolto e dopo aver incluso i cieli e la terra: ora Is 1:2, sottolinea un'altra esortazione del tutto affine alla prima: porgere l’orecchio a questo messaggio.
Pr 17:4 ð In Pr 17, l’autore sottolinea che il maligno porge l’orecchio alle labbra inique. Infatti è scritto “L'uomo maligno presta gli orecchi alle labbra inique; e l'ingannatore ascolta la lingua maliziosa… L'uomo perverso di cuore non troverà il bene; E l'uomo stravolto nel suo parlare cadrà nel male”. Porgere il proprio orecchio è un atteggiamento che è strettamente connesso a ciò che si ascolta. Nel testo di Proverbi viene sottolineato l’uomo maligno, malvagio e una delle sue caratteristiche è proprio quella di porgere il suo orecchio alle labbra inique. Non ci deve certamente meravigliare il fatto che l’uomo desidera sempre ascoltare ciò che egli vuole e gli piace. L’uomo malvagio, l’empio, colui che si ribella al Signore, a chi porgerà il suo orecchio? Egli ascolterà colui che parla in maniera iniqua, piena di peccato. Anche l’uomo caratterizzato da un cuore perverso, sviato dal Signore pagherà le conseguenze della sua perversione e l’uomo stravolto cadrà nel male, nel suo parlare. Questo perché il parlare deve essere caratterizzato dalla saggezza del Signore e il nostro ascolto, il nostro orecchio deve sempre essere indirizzato sulla Parola di Dio. Non ascoltiamo ciò che ci propina il mondo, non ascoltiamo il parlare insano ed iniquo dell’empio, ascoltiamo solo la voce del Signore.
2 Ti 4:3 ð In 2 Ti 4, Paolo informa che giungerà il tempo in cui non si sopporterà più la sana dottrina e che ci si rivolgerà alle favole. Paolo afferma “Io dunque ti protesto, nel cospetto di Dio, e del Signor Gesù Cristo, il quale ha da giudicare i vivi ed i morti, nella sua apparizione, e nel suo regno, che tu predichi la parola, che tu faccia instanza a tempo, e fuor di tempo; riprendi, sgrida, esorta, con ogni pazienza, e dottrina. Perciocchè verrà il tempo, che non comporteranno la sana dottrina; ma, pizzicando loro gli orecchi, si accumuleranno dottori, secondo i loro propri appetiti: e rivolteranno le orecchie dalla verità, e si volgeranno alle favole”. Predicare la Parola è un compito assolutamente importante. Non bisogna stancarsi di insegnare ciò che il Signore vuole da ciascuno di noi. E’ doverosa la riprensione, l’esortazione e l’insegnamento su tutto il consiglio di Dio. Come mai è così importante questa esortazione? Perché purtroppo l’orecchio di molti si volgerà alle favole, non si ascolterà più la sana dottrina della Parola. Molti cercheranno falsi insegnanti secondo i loro desideri e loro ascolteranno. Ma il Signore vuole incoraggiarci e consolarci nell’adempiere questo importante compito. D’altro canto dobbiamo anche confessare che nelle nostre stesse assemblee, si sta mostrando un atteggiamento distaccato e irriverente nei confronti della Parola. Si tende sempre di più a fare delle selezioni e delle distinzioni su ciò che è importante e su ciò che è secondario nella Scrittura. Ma ricordiamoci che il Signore vuole l’ubbidienza anche “nelle minime cose”.

§§ perciocchè il Signore ha parlato §§ Is 1:2 ð Sl 12:6 – 1 Pi 3:10, Cl 4:5. Come mai bisogna ascoltare? Perché bisogna porgere l’orecchio? Perché il Signore ha parlato. La Sua è l’unica Parola autorevole.
Sl 12:6 ð Nel Sl 12, il salmista afferma che le parole del Signore sono parole pure. Egli può dichiarare “Il Signore recida tutte le labbra lusinghiere, La lingua che parla altieramente…Le parole del Signore sono parole pure, argento affinato nel fornello di terra, Purgato per sette volte”. Quale enorme contrapposizione vi è tra la parola dell’uomo e quella di Dio! Il salmista esprime il desiderio che il Signore elimini ogni labbra seduttrice e che parla in maniera orgogliosa e superba. E’ indubbio che l’uomo manifesti queste caratteristiche. L’empio, diverse volte è uno strumento di seduzione nelle mani di Satana e nello stesso tempo manifesta l’orgoglio e la superbia i quali lo allontanano sempre di più dal Signore. Ma se la parola dell’uomo è fallace è destinata a cadere, la parola del Signore è purissima, paragonata all’argento che viene affinato nel crogiuolo, per sette volte. Questo sta a significare che non vi è nessuna scoria o impurità nella Parola del Signore. Perciò è la Sua Parola quella autorevole e che bisogna ascoltare. In 1 Pi 3, l’apostolo Pietro dichiara che chi vuole vedere dei buoni giorni, deve trattenere la sua bocca dal male. Egli afferma “Perciocchè, chi vuole amar la vita, e veder buoni giorni, rattenga la sua bocca dal male; e le sue labbra, che non proferiscano frode; si ritragga dal male, e faccia il bene; cerchi la pace, e la procacci”. Anche noi dobbiamo imparare a non usare la nostra lingua in maniera carnale ed orgogliosa. Il nostro parlare deve sempre essere condito con sale (Cl 4:5), caratterizzato dalla saggezza e dal discernimento che dona solo il Signore.

§§ Io ho allevati dei figliuoli §§ Is 1:2 ð Ef 6:4, 1 Te 2:7. Il messaggio del Signore inizia, mettendo in evidenza la cura amorevole del Signore. Egli parla veramente come il Padre amorevole, che alleva i suoi figli con amore e tenerezza. In Is 1:3, si osserva proprio come questo messaggio sia indirizzato in maniera specifica verso il popolo di Israele.
Ef 6:4 ð In Ef 6, l’apostolo Paolo esorta i padri ad allevare nella disciplina i propri figli. Paolo dichiara “Figliuoli, ubbidite nel Signore ai vostri padri e madri, perciocchè ciò è giusto. Onora tuo padre, e tua madre (che è il primo comandamento con promessa), acciocchè ti sia bene, e tu sii di lunga vita sopra la terra. E voi, padri, non provocate ad ira i vostri figliuoli; ma allevateli in disciplina, ed ammonizione del Signore”. Nella Parola di Dio si trova numerose volte questa reciprocità di impegni che hanno i figli verso i genitori e i genitori verso i figli. Paolo sottolinea in maniera inequivocabile l’ubbidienza del figlio nei confronti dei genitori. Il figlio, timorato nel Signore, sa perfettamente che l’ubbidienza deve essere una costante nella Sua vita: innanzitutto verso il Signore e poi verso i genitori. Il motivo di tutto ciò è “perché è giusto”. E’ ingiusto, quindi, quell’atteggiamento di disubbidienza che diverse volte si manifesta perché si vuole agire secondo il proprio desiderio. I genitori che hanno il timore del Signore possono sicuramente, con l’aiuto Suo, indirizzare i propri figli. Paolo evidenzia proprio il compito del genitore cioè allevare nella disciplina e nell’ammonizione i propri figli. Questa espressione sottolinea proprio la cura attenta ed amorevole, pur nella disciplina, che il padre e la madre riversano al loro figlio. Il Signore in Is 1:2, afferma proprio che Egli ha allevati dei figliuoli, e non dobbiamo assolutamente dimenticarci che come è scritto in Gr 31:9, il Signore si definisce quale padre di Israele ed Efraim è il Suo primogenito. Veramente tutto questo deve farci riflettere intorno alla pazienza e alla misericordia di Dio. Quante volte il Signore ha manifestato il Suo amore nei confronti di Israele e quante volte questo popolo si è ribellato a Lui. Stiamo attenti a non abusare mai della pazienza di Dio.
1 Te 2:7 ð In 1 Te 2, Paolo sottolinea che lui ed i suoi collaboratori sono stati mansueti verso i tessalonicesi come una balia alleva i propri figli. Egli afferma “Ma siamo stati mansueti fra voi, come una balia, che alleva teneramente i suoi propri figliuoli. In questa maniera, avendovi sommamente cari, eravamo mossi di buona volontà a comunicarvi, non sol l'evangelo di Dio, ma ancora le nostre proprie anime; perchè ci eravate diletti”. Quanta passione Paolo manifesta in queste parole. Egli paragona proprio la mansuetudine mostrata da lui e dai suoi collaboratori alla balia che attentamente, amorevolmente alleva i suoi figli. Per loro (come per tutti gli altri), i tessalonicesi erano “sommamente cari”, cioè di inestimabile valore. Abbiamo noi questa concezione dei nostri fratelli e sorelle? Sono per noi “sommamente cari”, una corona? Inoltre Paolo li chiama anche “diletti” e veramente questo deve essere il nostro sentimento nei confronti della famiglia nella quale siamo entrati a far parte: la famiglia di Dio. Perciò allevare i propri figli è anche sinonimo di mansuetudine e il Signore ha largamente mostrato questo sentimento nei confronti del Suo popolo. Egli li ha allevati, ma non soltanto vi è anche una seconda azione.

§§ e li ho cresciuti §§ Is 1:2 ð Ez 16:7 – At 7:20, 1 Pi 2:2. La seconda azione che viene rilevata in Is 1:2, è strettamente collegata all’espressione precedente. Il Signore ha allevato ed ha anche cresciuto il popolo di Israele.
Ez 16:7 ð In Ez 16, il Signore rivolge il Suo messaggio a Gerusalemme, dicendo che Egli l’ ha fatta crescere a migliaia. E’ scritto “Così ha detto il Signore Iddio a Gerusalemme… Io ti feci crescere a decine di migliaia, come i germogli della campagna; e tu moltiplicasti, e divenisti grande, e pervenisti a somma bellezza; le poppe ti si formarono, e i capelli ti crebbero; ma tu eri ignuda, e scoperta. Ed io passai presso di te, e ti vidi; ed ecco, la tua età era età di amori; ed io stesi il lembo della mia vesta sopra te, e ricopersi la tua nudità; e ti giurai, ed entrai teco in patto, dice il Signore Iddio; e tu divenisti mia. Ed io ti lavai con acqua, e tuffandoti nell'acqua, ti tolsi il tuo sangue d'addosso, e ti unsi con olio. E ti vestii di ricami, e ti calzai di pelle di tasso, e ti cinsi di fin lino, e ti copersi di seta; e ti adornai di ornamenti, e ti misi delle maniglie nelle mani, ed un collare al collo.Ti misi eziandio un monile in sul naso, e degli orecchini agli orecchi, ed una corona di gloria in capo. Così fosti adorna d'oro e d'argento; e il tuo vestire fu fin lino, e seta, e ricami; tu mangiasti fiore di farina, e miele, ed olio; e divenisti sommamente bella, e prosperasti fino a regnare. E la fama di te si sparse fra le genti, per la tua bellezza; perciocchè era compiuta, per la mia gloria, che io aveva messa in te, dice il Signore Iddio. Ma tu ti sei confidata nella tua bellezza, ed hai fornicato per la tua fama; ed hai sparse le tue fornicazioni ad ogni passante; in lui era di far ciò che gli piaceva”. In questo testo si può veramente osservare come Gerusalemme venga paragonata ad una donna e nello stesso tempo la cura che il Signore ha riservato per questa città. Tenendo sempre presente il paragone, questa donna divenne sommamente bella e fu lavata dal Signore, vestita da Lui con ornamenti e bellissimi vestiti e la sua fama si sparse tra le genti. Perciò, anche in questo testo possiamo veramente osservare la cura amorevole che il Signore ha riservato per Gerusalemme. Ma Egli deve altresì affermare e sottolineare le abominazioni e le fornicazioni di questa donna, di questo popolo. Questa “donna”, si è confidata nella sua bellezza e ha commesso ciò che è in abominio agli occhi del Signore. Ma noi sappiamo che il Signore non riguarda all’apparenza, ma riguarda al cuore. In At 7:20, nel discorso di Stefano, egli sottolineano la persona di Mosè dichiara “in quel tempo nacque Mosè ed era divinamente bello; e fu nutrito tre mesi in casa di suo padre”. Ciò che è veramente importante è essere belli dinanzi agli occhi di Dio. L’uomo guarda a ciò che aggrada i suoi occhi, ma il Signore guarda alla sostanza e la sostanza di Gerusalemme nel testo di Ezechiele, qual è? Può essere solamente paragonata ad una donna bella, curata dal Signore stesso, ma che si è lasciata andare ad ogni genere di nefandezze ed iniquità. Ed in Is 1:2, il Signore sottolinea proprio che Egli ha cresciuto dei figli, i quali si sono ribellati a Lui.
1 Pi 2:2 ð In 1 Pi 2, Pietro esorta a crescere nutrendosi della Parola di Dio. Egli può affermare “Deposta dunque ogni malizia, ed ogni frode, e le ipocrisie, ed invidie, ed ogni maldicenza; come fanciulli pur ora nati, appetite il latte puro della parola, acciocchè per esso cresciate”. La nostra vita deve corrispondere alla verità dell’Evangelo. Il nostro comportamento non può assomigliare a quella di un figlio disubbidiente al padre, ma anzi il Signore desidera da noi l’ubbidienza ed il timore. Pietro esorta a deporre cinque cose che diverse volte rischiano di farci sviare: malizia, frode, ipocrisia, invidia e maldicenza. Bisogna lasciare tutte queste cose che inquinano la nostra vita spirituale. Anzi il nostro desiderio deve sempre essere quello di crescere in Cristo, sapendo perfettamente che è il Signore l’artefice della nostra crescita. Ma come un figlio deve essere disposto all’insegnamento e all’educazione del proprio padre, così anche noi dobbiamo essere caratterizzati da questa disposizione d’animo: impegnarci a mettere in pratica e ad ubbidire al nostro Padre Celeste.

§§ ma essi si sono ribellati a Me §§ Is 1:2 ð De 21:20, Tt 1:16. Questa, purtroppo, è l’amara considerazione che sottolinea il Signore. Nonostante tutta la cura, l’amore mostrata verso Israele essi si sono ribellati a Lui.
De 21:20 ð In De 21, viene spiegata la procedura legale che bisognava seguire verso un figlio ribelle. E’ scritto “QUANDO alcuno avrà un figliuolo ritroso e ribelle, il qual non ubbidisca alla voce di suo padre, nè alla voce di sua madre; e, benchè essi l'abbiano castigato, non però ubbidisca loro; lo prendano suo padre e sua madre, e lo menino fuori agli Anziani della sua città, e alla porta del suo luogo; e dicano agli Anziani della sua città: Questo nostro figliuolo è ritroso e ribelle; egli non vuole ubbidire alla nostra voce; egli è goloso ed ubriaco. E lapidinlo con pietre tutte le genti della sua città, sì che muoia; e così togli il male del mezzo di te; acciocchè tutto Israele oda, e tema”. Questo testo mette chiaramente in evidenza ciò che la legge diceva riguardo ad un figlio ribelle. Innanzitutto il testo precisa in che cosa consiste la ribellione, a chiare lettere “non vuole ubbidire alla nostra voce”. Quindi la ribellione è un atto volontario di disubbidienza. Il figlio ribelle è colui che volontariamente preferisce soddisfare le proprie esigenze carnali “goloso, ubriaco”, anziché la voce saggia di quei genitori che invece desiderano il suo bene. Quale era la pena per questo figlio? La morte attraverso la lapidazione. Ebbene, sebbene Israele, sia agli occhi di Dio ribelle, ritroso, disubbidiente, Egli non lo ha distrutto, non lo ha sterminato. La prova l’abbiamo oggi sotto i nostri occhi, Israele c’è ancora. Ma è indubbio che questo popolo sta pagando le conseguenze della sua disubbidienza e ribellione. Dinanzi al nostro Padre, chi tipi di figli siamo noi? Ubbidiamo a Lui, accettiamo anche la Sua disciplina, oppure talvolta preferiamo volontariamente disubbidirGli? Stiamo attenti, perché il principio secondo cui “Ciò che uno avrà seminato, quello mieterà” vale anche per noi.
Tt 1:16 ð In Tt 1, Paolo mette in evidenza che la ribellione è una caratteristica di coloro che sono contaminati ed infedeli. Egli afferma “Ben è ogni cosa pura ai puri; ma ai contaminati ed infedeli, niente è puro; anzi e la mente e la coscienza loro è contaminata. Fanno professione di conoscere Iddio, ma lo rinnegano con le opere, essendo abominevoli e ribelli, e riprovati ad ogni buona opera”. L’apostolo, contrappone i puri agli impuri. Coloro che sono impuri e contaminati hanno anche la loro mente e coscienza contaminata. Essi sono abominevoli e ribelli e pur facendo professione di conoscere il Signore, lo rinnegano. Questo testo serve a farci capire che la ribellione ha a che fare con l’uomo naturale, l’uomo senza Dio. Ma noi che siamo stati purificati dal sangue di Cristo e che nello stesso tempo siamo il tempio dello Spirito Santo, dobbiamo sempre manifestare una mente, un cuore, una coscienza che sia irreprensibile. Facciamo vedere al mondo che cosa significa essere dei discepoli di Cristo.

§§ Il bue conosce il suo possessore e l’asino la mangiatoia del suo padrone §§ Is 1:3 ð Lu 13:15 , 14:5. E’ molto importante osservare il parallelo tra il popolo d’Israele e questi due animali. IL Signore mette in evidenza l’atteggiamento sia del bue che dell’asino per evidenziare ancora di più la situazione spirituale degradante nella quale il popolo d’Israele si era venuto a creare. Infatti il bue e l’asino, pur essendo degli animali, conoscono rispettivamente uno il suo possessore e l’altro la mangiatoia del suo padrone.
Lu 13:15 ð In Lu 13, il Signore Gesù sottolinea proprio questi due animali per impartire un’importante lezione. E’ scritto “Ma il capo della sinagoga, sdegnato che Gesù avesse fatta guarigione in giorno di sabato, prese a dire alla moltitudine: Vi sono sei giorni, ne' quali conviene lavorare; venite dunque in que' giorni, e siate guariti; e non nel giorno del sabato. Laonde il Signore gli rispose, e disse: Ipocriti! ciascun di voi non scioglie egli dalla mangiatoia, in giorno di sabato, il suo bue, o il suo asino, e li mena a bere?”. Il Signore Gesù aveva dato mostra della Sua Onnipotenza guarendo una donna che aveva dentro di se uno spirito d’infermità da diciotto anni. Ma il capo della sinagoga invece di rallegrarsi di ciò che era appena accaduto, si sdegna e non esita a dare mostra del suo “zelo senza conoscenza”. Egli evidenzia i sei giorni lavorativi in contrapposizione al sabato, giorno di riposo. Ma il Signore Gesù definisce questo comportamento che all’apparenza potrebbe sembrare ortodosso e esemplare “ipocrita”. Il Signore rivolge una domanda estremamente precisa: se il proprio bue o asino devono essere abbeverati nel giorno del sabato non saranno forse sciolti in quel giorno? E’ sottintesa una risposta affermativa. Perciò quanto più doveva essere liberata una donna che Satana da 18 anni la teneva legata. Ma è importante osservare che il Signore Gesù sottolinea un’esigenza biologica di questi due animali: la sete. Anche se essi sono animali, è normale che anche in giorno di sabato si dia da bere a questi due animali
Lu 14:5 ð In Lu 14:5, il Signore Gesù, evidenzia ancora questi due animali per parlare di un’altra situazione. E’ scritto “Ed ecco, un certo uomo idropico era quivi davanti a lui. E Gesù prese a dire ai dottori della legge, ed ai Farisei: ? egli lecito di guarire alcuno in giorno di sabato? Ed essi tacquero. Allora, preso colui per la mano, lo guarì, e lo licenziò. Poi fece loro motto, e disse: Chi è colui di voi, che, se il suo asino, o bue, cade in un pozzo, non lo ritragga prontamente fuori nel giorno del sabato?”. La circostanza è la stessa: Gesù guarisce in giorno di sabato. Ma questa volta, la domanda formulata da Lui nella quale include il bue e l’asino, sottolinea una situazione diversa: una situazione di pericolo “Chi è colui di voi, che, se il suo asino, o bue, cade in un pozzo, non lo ritragga prontamente fuori nel giorno del sabato?”. Anche in questo caso, la risposta è affermativa. Quindi non soltanto un’esigenza biologica, ma si è anche pronti a salvare un bue o un asino da un pozzo, in giorno di sabato. Ci si potrebbe chiedere come mai il Signore in Is 1:3, utilizza proprio questi due animali. Ebbene, da ciò che noi abbiamo visto nel vangelo di Luca, il bue e l’asino, pur essendo animali si affidano al loro possessore, al loro padrone. Infatti il “bue conosce il suo possessore e l’asino la mangiatoia del suo padrone”. Quanto più valeva Israele per il Signore! Ma Israele ha compreso la cura, l’amore che il Signore ha riversato nei suoi confronti? In che situazione è il loro stato interiore? .


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22/01/2007 14:04
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§§ ma Israele non ha conoscimento §§ Is 1:3 ð Fl 1:9 – Ez 44:23 . Se è vero che il bue conosce il suo possessore e l’asino la mangiatoia del suo padrone, Israele al contrario non ha alcun tipo di conoscenza. Proprio Israele, il popolo con cui il Signore ha fatto un preciso patto (Es 19).
Fl 1:9 ð In Fl 1, Paolo evidenzia il suo desiderio che i filippesi abbondassero in conoscenza ed intendimento. Egli afferma “E di questo prego che la vostra carità abbondi sempre di più in più in conoscenza, ed in ogni intendimento. Affinchè discerniate le cose migliori; acciocchè siate sinceri, e senza intoppo, per lo giorno di Cristo”. Dobbiamo ringraziare il Signore di aver messo nella Sua Parola anche gli esempi negativi, in quanto da essi possiamo imparare quali siano le conseguenze a cui si va incontro quando non si segue il Signore. Paolo desiderava che i filippesi abbondassero nella conoscenza e nell’intendimento, in quanto solo in questa maniera si può discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Agiamo sempre caratterizzati dal sano discernimento spirituale? Siamo sempre animati da quella sapienza, intelligenza che ci perviene dal Signore? Oppure delle volte agiamo come tante volte si è comportato Israele: senza conoscenza. In Ez 44, il Signore evidenzia l’importanza dell’ammaestramento nel discernimento “Così ha detto il Signore Iddio… Ma quant'è ai sacerdoti Leviti, figliuoli di Sadoc, i quali hanno osservata l'osservanza del mio santuario, quando i figliuoli d'Israele si sono sviati da me, essi si accosteranno a me, per ministrarmi; e staranno in piè davanti a me, per offrirmi grasso e sangue, dice il Signore Iddio… Ed ammaestrino il mio popolo a discernere tra la cosa santa, e la profana, e dichiaringli la differenza che vi è tra la cosa monda, e l'immonda”. L’ammaestramento deve sempre includere il discernimento. Discernere tra ciò che è del Signore e ciò che è del mondo. Discernere ciò che è santo, da ciò che è profano. IL sacerdote è un importante figura dell’Antico Testamento il quale aveva proprio questa funzione, ma anche nella Chiesa vi deve essere un costante, assiduo impegno nell’insegnamento (1 Ti 4:2, 6:11) su ciò che il Signore vuole e ciò che il Signore riprova. L’importante è che il tutto deve essere messo in pratica.

§§ il mio popolo non ha intelletto §§ Is 1:3 ð Gb 28:28, Cl 1:9. La situazione di Israele è davvero preoccupante. Non soltanto questo popolo non ha conoscenza, ma è privo anche di intelletto.
Gb 28:28 ð In Gb 28, il testo mette in evidenza che il timore del Signore è la sapienza e l’intelligenza consiste nel ritrarsi dal male. Il testo afferma “Onde viene dunque la sapienza? E dove è il luogo dell'intelligenza?… Ma egli ha detto all'uomo: Ecco, il timore del Signore è la sapienza; e il ritrarsi dal male è l'intelligenza”. In questo testo è Giobbe che parla (Gb 27:1) e nello stesso tempo è doveroso considerare le due domande che egli rivolge: da dove viene la sapienza e l’intelligenza? L’uomo naturale pensa che la sapienza e l’intelligenza può forse derivare dalla cultura, dall’erudizione, dalla capacità propria di elaborare dei piani, dei progetti, ben precisi. E’ indubbio che il Signore, nell’atto creazionale, abbia donato all’uomo delle capacità intellettive notevoli, che lo rende completamente diverso da tutte le altre creature. Ma l’uomo non può pensare di essere saggio, sapiente, lontano dal Signore. Perché? Perché il timore del Signore è la sapienza. Solo se noi siamo timorati di Dio possiamo veramente affermare di essere dei saggi e solo se ci ritraiamo dal male, possiamo definirci intelligenti di un’intelligenza spirituale. Siamo sempre dotati di tali caratteristiche? Manifestiamo sempre una sana e genuina intelligenza spirituale?
Cl 1:9 ð In Cl 1, l’apostolo Paolo sottolinea quale soggetto di preghiera versi i Colossesi, una pienezza di conoscenza e di intelligenza spirituale. Egli infatti dichiara “Perciò ancora noi, dal dì che abbiamo ciò udito, non restiamo di fare orazione per voi e di richiedere che siate ripieni della conoscenza della volontà d'esso in ogni sapienza, ed intelligenza spirituale. Acciocchè camminiate condegnamente al Signore, per compiacergli in ogni cosa, fruttificando in ogni opera buona, e crescendo nella conoscenza di Dio; essendo fortificati in ogni forza, secondo la possanza della sua gloria, ad ogni sofferenza e pazienza, con allegrezza; rendendo grazie a Dio, e Padre, che ci ha fatti degni di partecipar la sorte dei santi nella luce”. Paolo, testimonia in maniera vivida e forte che lui e i suoi collaboratori costantemente richiedevano che i Colossesi fossero caratterizzati dalla conoscenza, dalla sapienza e dall’intelligenza spirituale. Questo perché la nostra vita deve avere queste caratteristiche e noi dobbiamo imparare sempre e comunque a richiedere al Signore di donarci la Sua sapienza. Tutto ciò avrà delle meravigliose ripercussioni nella nostra vita. Infatti potremo camminare in maniera degna del Signore, portando frutti alla Sua gloria, saremo fortificati nella Sua forza e crescendo nella Sua conoscenza. Perché Israele non aveva conoscenza, né intelletto? Perché in quel determinato periodo storico non era caratterizzato dal timore del Signore. Che cosa può dire il Signore di ciascuno di noi? Lo compiacciamo in ogni cosa, oppure il Signore può dire di noi che alcune volte agiamo senza intelletto?


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24/01/2007 13:39
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§§ Guai alla nazione peccatrice §§ Is 1:4 ð 1 Gi 3:4 – Ez 5:6. I vv.4-6 mettono chiaramente in evidenza una situazione estremamente critica. Già dalle prime parole del v.4 si può osservare tutto questo §§ Guai alla nazione peccatrice §§. Quando nella Parola di Dio troviamo il termine “Guai”, significa che il Signore sta mandando un solenne avvertimento intorno ad una situazione spirituale negativa. Infatti se si continua con un atteggiamento di ribellione e stoltezza nei confronti del Signore, si pagheranno le dovute conseguenze.
1 Gi 3:4 ð In 1 Gi 3, Giovanni dichiara in maniera lapidaria che il peccato è la trasgressione della legge. Egli infatti afferma “Chiunque fa il peccato fa ancora la trasgressione della legge; e il peccato è la trasgressione della legge. E voi sapete ch'egli è apparito, acciocchè togliesse via i nostri peccati; e peccato alcuno non è in lui. Chiunque dimora in lui non pecca; chiunque pecca non l' ha veduto, e non l' ha conosciuto. Figlioletti, niuno vi seduca: chi opera la giustizia è giusto, siccome esso è giusto. Chiunque fa il peccato, è dal Diavolo; poichè il Diavolo pecca dal principio; per questo è apparito il Figliuolo di Dio, acciocchè disfaccia le opere del Diavolo”. Il peccato è trasgressione della legge. Nell’Antico Testamento, la legge indicava in maniera inequivocabile ciò che è la volontà di Dio e che cosa il Signore voleva dall’uomo. Ma l’uomo è perfettamente incapace di adempiere la legge. Ecco perché è venuto il Signore Gesù, Colui che ci ha purificato da ogni peccato, che ha tolto i nostri peccati. Ma è altresì vero che ancora accade, purtroppo che pecchiamo nei confronti del Signore. Ma ciò che noi dobbiamo ricercare è sempre la comunione con il nostro Signore e sempre la nostra vita deve dimorare in Lui. Paolo poteva dire in Ga 5 che se camminiamo per lo Spirito non adempiremo i desideri della carne ed è vero. Questa è la ricetta spirituale che bisogna sempre seguire. L’uomo naturale che vive nel peccato e che con la sua condotta dimostra di seguire il Diavolo, dimostra altresì di non aver mai conosciuto il Signore. Egli segue il padre della menzogna, colui che è omicida fin dal principio. Per quanto riguarda noi, quando noi pecchiamo, possiamo forse dire di aver avuto comunione con il Signore? Di aver seguito la voce dello Spirito? Noi abbiamo la nuova natura che sempre contrasta, combatte con la vecchia natura. Ma il nostro obiettivo deve essere quello di tendere verso la perfezione. In Ez 5, il Signore rimprovera proprio Gerusalemme dicendo che Egli l’aveva posta in mezzo alle nazioni, ma come essa si è comportata? Ecco quale è stato il suo comportamento “Ma ella ha trasgredite le mie leggi, per darsi all'empietà, più che le nazioni; ed ha trasgrediti i miei statuti, più che i paesi ch'erano d'intorno a lei; perciocchè hanno rigettate le mie leggi, e non sono camminati ne' miei statuti”. Come si è visto, peccato e trasgressione sono due termini fortemente legate e proprio la trasgressione e l’empietà erano le caratteristiche spirituali di Gerusalemme ai tempi in cui il Signore parlava attraverso Ezechiele. La volontà di Dio, i Suoi statuti non avevano più importanza per Israele. Il loro cammino era storto, deviato dai sentieri antichi. E noi che strada stiamo seguendo? Che la nostra comunione sia costante e continua con il Signore.

§§ al popolo carico d’iniquità, alla schiatta dei maligni §§ Is 1:4 ð Sl 64:2, Ro 1:29. Is 1:4, è davvero ricco di definizioni certamente poco lusinghiere per il popolo di Israele. Il Signore si rivolge ad esso con ulteriori due definizioni che sottolineano il degrado spirituale nel quale erano caduti §§ popolo carico d’iniquità, schiatta dei maligni §§.
Sl 64:2 ð Nel Sl 64 il salmista invoca il Signore affinchè Egli ascolti la sua voce, in quanto egli era spaventato da quelli che erano i suoi nemici. Perciò al v.2, il salmista fa una precisa richiesta al Signore “Nascondimi dal consiglio dei maligni, e dalla turba degli operatori d'iniquità”. I maligni e gli operatori d’iniquità sono tra loro intimamente legati, in quanto hanno un denominatore comune: il peccato. Infatti il salmista evidenzia come si manifestava la loro malvagità, aguzzando la loro lingua, ed elaborando pensieri malvagi (vv.3-5). Certamente ciò che fa il mondo, può incutere un certo timore e paura. Ma dobbiamo sempre tenere presente che dalla nostra parte vi è il Signore che ci protegge come uno scudo. IL salmista non si è affidato sulle sue forze, ma ha invocato l’Eterno nella distretta. Ma deve veramente fare riflettere quello che è il potere distruttivo del peccato.
Ro 1:29 ð In Ro 1, l’apostolo Paolo parla di quegli uomini che sono ingiusti ed empi e che hanno mutato la verità in ingiustizia. Essi sono inescusabili, in quanto la potenza di Dio si vede chiaramente nella creazione e nelle Sue opere. Essi non hanno ringraziato il Signore, ma si sono abbandonati ad ogni atto infame, ad ogni abominio, perciò Dio li ha abbandonati a loro stessi, per una scelta precisa che essi hanno fatto. Perciò Paolo elenca ben 23 caratteristiche negative di questi empi “essendo ripieni d'ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, d'omicidio, di contesa, di frode, di malignità; cavillatori, maldicenti, nemici di Dio, ingiuriosi, superbi, vanagloriosi, inventori di mali, disubbidienti a padri ed a madri; insensati, senza fede ne' patti, senza affezione naturale, implacabili, spietati”. Quindi, possiamo osservare una manifestazione d’iniquità sotto ogni sua forma. Non soltanto questi uomini non hanno glorificato il Signore, ma hanno commesso atti nefandi che inevitabilmente attirano su di loro l’ira di Dio. Se non vi è ravvedimento, allora vi sarà il giudizio. Tra tutte queste caratteristiche è interessante osservare che vi è anche la malignità, quale caratteristica dell’empio. Ebbene anche verso Israele, il Signore deve dichiarare che essi sono dei maligni, sono degli operatori d’iniquità, perciò non vi è nessun timore del Signore. E’ triste considerare che proprio il popolo eletto, con cui il Signore fece un patto, si comporti in questo modo. Ma il Signore continua con un ultima definizione.

§§ ai figliuoli perduti §§ Is 1:4 ð Lu 15:24, 32 – 1 Ti 3:16 Il Signore li definisce anche §§ figliuoli perduti §§. E’ sicuramente una definizione molto grave che in un certo senso ricorda la situazione in cui si era venuto a trovare il figlio prodigo.
Lu 15:24, 32 ð In Lu 15, il Signore Gesù racconta la parabola del figlio prodigo. Questo figlio che si era allontanato dal padre e dalla famiglia, con tutti i suoi beni in breve tempo dissipò ogni cosa, vivendo in maniera dissoluta. Egli fu costretto, a causa di una grave carestia, di andare da uno degli abitatori di quella contrada che gli diede il compito umiliante di pasturare i porci. Ma egli ritornò in se e decise di ritornare al padre chiedendo umilmente perdono. Così fece, il padre lo abbracciò teneramente e potè dire “Portate qua la più bella vesta, e vestitelo, e mettetegli un anello in dito, e delle scarpe ne' piedi. E menate fuori il vitello ingrassato, ed ammazzatelo, e mangiamo, e rallegriamoci; perciocchè questo mio figliuolo era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato. E si misero a far gran festa”. Prima questo figlio era perduto, ora è stato ritrovato. Che cosa è avvenuto? Il ravvedimento da parte di questo figlio. Prima ha vissuto in maniera dissoluta, ha pagato le conseguenze di questa sua scelta, ma quando ha chiesto perdono a suo padre, egli è diventato un figlio ritrovato. Ma Israele? In Israele non vi è traccia di ravvedimento, ecco perché sono definiti §§ figliuoli perduti §§. Il Signore vorrebbe da loro il ravvedimento, ma essi persistono nelle loro empietà. Per quanto riguarda noi, non dobbiamo pensare che il ravvedimento sia un atteggiamento manifestato solo al momento della conversione. Tutti i giorni noi dobbiamo chiedere perdono al Signore e abbandonare il peccato. Il Signore ha mostrato verso di noi immensa pietà. E’ scritto in 1 Ti 3:16 “E senza veruna contraddizione, grande è il mistero della pietà: Iddio è stato manifestato in carne, è stato giustificato in Ispirito, è apparito agli angeli, è stato predicato ai Gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria”. Ecco che cosa ha fatto il Signore per ciascuno di noi! Si è manifestato in carne, ha preso forma di servo, si è sacrificato sulla croce per noi ed è risorto per la nostra giustificazione. Da peccatori perduti, siamo divenuti dei peccatori salvati per la Sua grazia. Come quel padre ha avuto pietà di suo figlio, così il Padre nostro ha avuto pietà di noi.

§§ Hanno abbandonato il Signore §§ Is 1:4 ð De 29:25, Eb 13:5. Is 1:4, prosegue, mettendo in evidenza ora non più delle definizioni ma degli atti che il popolo d’Israele ha compiuto. Infatti essi §§ hanno abbandonato il Signore §§.
De 29:25 ð In De 29, sono descritte quelle conseguenze che Israele avrebbe dovuto subire se avesse abbandonato il Signore. E’ scritto “QUESTE son le parole del patto, che il Signore comandò a Mosè di fare coi figliuoli d'Israele nel paese di Moab; oltre al patto ch'egli aveva fatto con loro in Horeb… E si dirà: Perciocchè hanno abbandonato il patto del Signore Iddio dei loro padri il quale egli aveva fatto con loro, quando li ebbe tratti fuor del paese di Egitto; e sono andati, e hanno servito ad altri dèi, e li hanno adorati; dèi, i quali essi non avevano conosciuti; e i quali il Signore non aveva loro dati per parte. Laonde l'ira del Signore si è accesa contro a questo paese, per far venir sopra esso tutte le maledizioni scritte in questo Libro; e il Signore li ha estirpati d'in su la loro terra, con ira, con cruccio e con grande indignazione; e li ha cacciati in un altro paese come oggi appare”. Se vi fosse stato da parte di Israele la ribellione e l’abbandono nei confronti del Signore, l’ira del Signore si sarebbe manifestata e invece di essere un popolo benedetto, avrebbe conosciuto le conseguenze della sua disubbidienza. Il Signore avverte solennemente l’uomo, sulle conseguenze delle sue scelte. Servire altri dèi era un atteggiamento che non poteva essere tollerato dal Signore, in quanto Egli doveva avere il primo posto e solo a Lui bisognava rendere il proprio culto e adorazione. Ma il Signore in Is 1, deve amaramente constatare che il Suo popolo lo ha abbandonato, nonostante tutte le benedizioni elargite a lui. Il Signore è sempre al primo posto nel nostro cuore? Siamo intimamente vicini a Lui, oppure talvolta ci siamo allontanati? Teniamo presente che anche noi paghiamo le conseguenze della nostra disubbidienza al nostro Dio.
Eb 13:5 ð In Eb 13, l’autore alla lettera agli Ebrei evidenzia invece quello che è l’atteggiamento del Signore nei nostri confronti, cioè Egli non ci lascia e non ci abbandona. Infatti afferma “Sieno i costumi vostri senza avarizia, essendo contenti delle cose presenti; perciocchè egli stesso ha detto: Io non ti lascerò, e non ti abbandonerò. Talchè possiamo dire in confidanza: Il Signore è il mio aiuto; ed io non temerò ciò che mi può far l'uomo”. Come siamo diversi noi dal Signore. Se noi rischiamo diverse volte di disubbidire a Lui e di allontanarci, Egli invece mantiene ferme e salde le Sue promesse e sempre il Suo occhio amorevole è su di noi. Egli non ci lascia e non ci abbandona, in quanto siamo i Suoi figli riscattati dal prezioso sangue di Cristo. Proprio a motivo della Sua fedeltà, noi possiamo tutti insieme dichiarare che il Signore è il nostro aiuto, è il nostro tutto, e che a motivo di queste Sue virtù, non temeremo l’uomo. Teniamo presente tutto questo non per abusare della pazienza di Dio, ma per imitare il Signore. Come Egli non ci lascia e non ci abbandona, così rimaniamo attaccati a Lui nel nostro cammino su questa terra.

§§ hanno dispettato il Santo d’Israele §§ Is 1:4 ð Nu 14:11, Gm 44:8. Dopo aver sottolineato che il popolo aveva abbandonato il Signore, Egli prosegue evidenziando ancora di più lo stato spirituale degradante nel quale Israele si era venuto a trovare. Infatti Dio stesso dichiara che essi §§ hanno dispettato il Santo d’Israele §§.
Nu 14:11 ð Alla fine del capitolo 13 del libro dei Numeri, si può osservare una netta contrapposizione. Da una parte possiamo osservare Caleb (Nu 13:31), che dopo aver spiato il paese nel quale Israele doveva entrare, dichiarò di andare pure verso quel paese e conquistarlo (anche Giosuè era animato dalla stessa fede di Caleb), ma dall’altra parte gli altri dieci esploratori infamarono il paese che avevano esplorato dicendo che il popolo che abita in esso è troppo forte per abbatterlo. Perciò, proprio all’inizio del cap.14, il popolo d’Israele si comportò in maniera empia ed infedele. Mentre Giosuè e Caleb, dissero che il paese spiato era un buon paese e con il favore del Signore, sicuramente ci sarebbe stata la vittoria, dall’altra parte il popolo, come si comportò? “Allora tutta la raunanza disse di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve a tutti i figliuoli d'Israele, nel Tabernacolo della convenenza. E il Signore disse a Mosè: fino a quando mi dispetterà questo popolo? e fino a quando non crederanno essi in me, per tutti i miracoli che io ho fatti nel mezzo di lui?” E pensare che subito prima, Giosuè e Caleb avevano esortato il popolo a non ribellarsi al Signore. Questo episodio dimostra a chiare lettere, quanto Israele fosse un popolo dal collo duro. Nonostante la fede di Giosuè e Caleb che si manifestava in mezzo al popolo, esaltando il Signore e ponendo fiducia in Lui, il popolo non ha imparato la lezione. Invece di inginocchiarsi e adorare il Signore, preferisce contendere e dispettare il Signore. Il Signore deve dichiarare con tristezza “Fino a quando”. E in Is 1:4, si può osservare che questa espressione “Fino a quando” è continuata. Il popolo d’Israele dispetta il suo Dio, lo abbandona, si ribella a Lui. Stiamo molto attenti anche noi, a rimanere sempre di più ancorati sul Signore e prendiamo esempio da tutti quei nostri fratelli e sorelle che, come Caleb e Giosuè, sono caratterizzati dalla fede viva, genuina, operante.
Gm 44:8 ð In Gm 44, il Signore deve pronunciare delle parole amare verso Israele. Egli deve dichiarare che la Sua ira è versata e ha divampato le città di Giuda e Gerusalemme. E nello stesso tempo egli afferma “Ed ora, così ha detto il Signore, l'Iddio degli eserciti, l'Iddio d'Israele: Perchè fate voi questo gran male contro alle anime vostre, per farvi distruggere del mezzo di Giuda, uomini, e donne, e fanciulli, e bambini di poppa, e non lasciarvi alcun rimanente? dispettandomi colle opere delle vostre mani, facendo profumi ad altri dèi, nel paese di Egitto, dove siete venuti per dimorarvi; acciocchè siate sterminati, e siate in maledizione, e in vituperio, appo tutte le nazioni della terra”. Se l’ira del Signore si manifesta è esclusivamente per colpa del popolo d’Israele. Infatti Dio interroga il popolo chiedendo il perché di questo grande male sopra le loro anime, perché essi vogliono farsi distruggere. Ma non vi è altra via d’uscita. Invece di ravvedimento, il popolo ha preferito dispettare il Signore con le loro malvagie azioni, peccando d’idolatria nei Suoi confronti. Anche quando noi dobbiamo pagare le conseguenze della nostra disubbidienza, dobbiamo tenere presente che è sempre per colpa nostra che giunge il castigo e la disciplina di Dio. Non è forse meglio godere delle Sue benedizioni, piuttosto che sperimentarne la privazione? Impegniamoci sempre a camminare come piace al Signore, perché dispettarLo, significa andare incontro al Suo giusto castigo.

§§ si sono alienati e rivolti indietro §§ Is 1:4 ð Ef 4:18, Cl 1:21. Is 1:4, termina, con quest’ultimo atteggiamento evidenziato dal Signore: essi si sono alienati e rivolti indietro.
Ef 4:18 ð In Ef 4, l’apostolo Paolo esorta a non camminare come gli altri Gentili, i quali sono caratterizzati da una mente vana “ottenebrati nell'intelletto, alieni dalla vita di Dio, per l'ignoranza che è in loro, per l'indurimento del cuor loro”. Una, volta, prima della nostra conversione, noi eravamo in questa situazione deplorevole. Eravamo lontani dal Signore, alieni dalla vita di Dio, avevamo una mente ottenebrata da Satana ed un cuore rigido ed indurito. Ma da quando siamo nati di nuovo, la nostra situazione è radicalmente cambiata. E tale cambiamento deve vedersi e manifestarsi. E’ triste constatare come il popolo d’Israele abbia dimostrato con quest’ultimo atteggiamento, proprio l’indurimento del loro cuore. Invece di essere attaccati al Signore, vicini a Lui, essi si sono rivolti indietro. Sono divenuti in pratica degli apostati. Da questo possiamo veramente constatare quanto il messaggio di Isaia sia necessario.
Cl 1:21 ð In Cl 1, sempre Paolo sottolinea ed esalta la Persona del Figlio Eterno di Dio. Egli è l’immagine dell’Iddio invisibile, il primogenito di ogni creatura, il Capo della Chiesa e per mezzo di Lui e in vista di Lui sono state create tutte le cose. Inoltre Paolo specifica che è piaciuto al Padre di fare abitare in Lui tutta la pienezza e che mediante il Suo sangue, vi è stata una perfetta riconciliazione. E’ sempre bellissimo constatare queste caratteristiche e qualifiche meravigliose facenti parte della Persona di Cristo. E al vv.21 l’apostolo ricorda proprio il nostro passato di tenebre, in cui eravamo alieni da Dio “E voi stessi, che già eravate alieni, e nemici con la mente, nelle opere malvagie; pure ora vi ha riconciliati nel corpo della sua carne, per la morte, per farvi comparire davanti a sè santi, ed irreprensibili, e senza colpa”. Prima vi era inimicizia tra noi e Dio, prima eravamo nemici di Dio, intenti soltanto a mettere in pratica malvagità su malvagità, ma grazie esclusivamente al Signore, siamo stati riconciliati, purificati e giustificati. Israele, in Is 1:4, si è ribellato, ha dispettato il Signore e si è rivolto indietro da Lui, ma noi proseguiamo fidenti, fissando il nostro sguardo su di Lui.


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§§ A che sareste ancora percossi? Voi aggiungereste rivolta a rivolta §§ Is 1:5 ð De 28:22 – 2 Pi 2:14. In Is 1:5, mette chiaramente in evidenza la gravità dello stato spirituale del popolo d’Israele. Precedentemente Egli ha ricordato che il Suo popolo Lo aveva abbandonato, e si era rivolto indietro e nel v.5 il Signore domanda §§ A che sareste ancora percossi? Voi aggiungereste rivolta a rivolta §§.
De 28:22 ð In De 27:1, Mosè, insieme agli anziani d’Israele, comandò ed esortò il popolo a osservare e seguire tutti i comandamenti del Signore ed in De 28 è scritto “Ma, se tu non ubbidisci alla voce del Signore Iddio tuo, per osservar di mettere in opera tutti i suoi comandamenti, e i suoi statuti, i quali oggi ti do; egli avverrà che tutte queste maledizioni verranno sopra te, e ti giungeranno… Il Signore ti percoterà di tisichezza, e d'arsura, e di febbre, e d'infiammazione; d'aridità, e di nebbia, e di rubiggine; che ti perseguiranno, finchè tu sii perito… Il Signore ti percoterà dell'ulcere di Egitto, di morici, e di scabbia, e di pizzicore, onde tu non potrai guarire”. La Parola di Dio mette molte volte in evidenza questo concetto: il Signore avverte l’uomo delle conseguenze delle sue scelte. Mosè, insieme agli anziani, esortò Israele ad osservare i comandamenti e gli statuti del Signore, in quanto se vi fosse stata l’ubbidienza ed il timore verso di Lui, Israele sarebbe stato grandemente benedetto. Ma se vi fosse stata disubbidienza, il Signore stesso avrebbe percosso Israele e sarebbe divenuto il destinatario non di benedizioni divine, ma di maledizioni. Il giudizio di Dio si sarebbe giustamente manifestato. Questo atteggiamento divino ha un solo scopo: quello di far comprendere ad Israele ed in generale all’uomo che se non vi è il ravvedimento, allora c’è il giudizio. Nel testo evidenziato vengono sottolineate diversi flagelli: l’aridità, la scabbia, la febbre, l’infiammazione e via dicendo. Perciò Israele era perfettamente edotto di tutto ciò che poteva capitare se si fosse ribellato al Signore. Ciò che noi leggiamo in Is 1:5 è davvero preoccupante: per quale ragione il Signore li avrebbe ancora percossi, colpiti? Essi avrebbero aumentato la loro rivolta e la loro ribellione. In 2 Pi 2, l’apostolo Pietro dichiara “Massimamente coloro che vanno dietro alla carne, in concupiscenza d’immondizia; e che sprezzano le signorie: che sono audaci , di loro senno, e non hanno orrore di dire male delle dignità…costoro come animali senza ragione, andando dietro all’impeto della natura, nati ad essere presi ed a perire…avendo gli occhi pieni di adulterio e che non restano giammai di peccare; adescano le anime instabili; avendo il cuore esercitato ad avarizia, figliuoli di maledizione”. Così è l’empio! Egli è mosso solo dalla sua concupiscenza, dalla loro carnale audacia ed è solo paragonabile ad un animale senza ragione, dominati totalmente dal loro peccato. Se il cristiano è protagonista delle benedizioni di Dio, l’empio conoscerà la giusta ira di Dio, se non si ravvederà.

§§ ogni capo è infermo §§ Is 1:5 ð Os 5:13, Eb 4:15. Ora il Signore passa ad una diagnosi dettagliata dello stato spirituale del popolo d’Israele. Innanzitutto Egli dichiara che §§ ogni capo è infermo §§.
Os 5:13 ð In Os 5, il testo mette in evidenza che Efraim e Giuda sono infermi di una piaga estremamente grave. In Os 4:1 il testo precisa che il Signore ha una contesa, una lite con gli abitanti del paese e in Os 5:12-14 è scritto “Perciò, io sarò ad Efraim come una tignola, e come un tarlo alla casa di Giuda. Or Efraim, avendo veduta la sua infermità, e Giuda la sua piaga, Efraim è andato ad Assur, e Giuda ha mandato ad un re, che difendesse la sua causa; ma egli non potrà risanarvi, e non vi guarirà della vostra piaga. Perciocchè io sarò come un leone ad Efraim, e come un leoncello alla casa di Giuda; io, io rapirò e me ne andrò io porterà via, e non vi sarà alcuno che riscuota”. Quando si è afflitti da una malattia fisica o da una piaga si desidera subito il ristoramento. Ma l’infermità di Efraim era di natura spirituale, un infermità che nessun uomo poteva risanare. Il Signore si esprime in maniera davvero solenne dichiarando che Egli sarà per Efraim una tignola ed un tarlo nelle ossa. Cioè a motivo dell’empio atteggiamento di Efraim e Giuda (Os 5:7) il Signore non sarà la fonte della benedizione, bensì del giudizio. Non ci si può beffare del Signore ed anche in Is 1:5 si ravvisa un’infermità grave, che qualsiasi medico giudicherebbe incurabile §§ Ogni capo è infermo §§.
Eb 4:15 ð In Eb 4, l’autore evidenzia che noi abbiamo un sommo sacerdote verso il Quale noi possiamo sempre confidare. L’autore alla lettera agli Ebrei dichiara “AVENDO dunque un gran sommo sacerdote, ch'è entrato ne' cieli, Gesù, il Figliuolo di Dio, riteniamo fermamente la professione della nostra fede. Perciocchè noi non abbiamo un sommo sacerdote, che non possa compatire alle nostre infermità; anzi, che è stato tentato in ogni cosa simigliantemente, senza peccato. Accostiamoci dunque con confidanza al trono della grazia, acciocchè otteniamo misericordia, e troviamo grazia, per soccorso opportuno”. Anche noi, fratelli e sorelle, eravamo affetti da una gravissima infermità, l’infermità del peccato. Umanamente parlando, la nostra situazione era senza rimedio. Ma il Signore Gesù ha operato il miracolo della nostra guarigione. Egli, su questa terra è stato tentato da Satana e dagli uomini, ma Egli si è offerto puro da ogni colpa a Dio. Perciò Egli ci può comprendere e capire in una maniera perfetta. Perciò noi abbiamo il sommo privilegio di accostarci al trono della Grazia, e di fissare il nostro sguardo su di Lui. In noi, non vi era niente di sano, ma per la Sua Grazia e Amore siamo stati guariti.

§§ e ogni cuore §§ Is 1:5 ð Gr 17:9 – Gr 30:15. Precedentemente il Signore aveva sottolineato il capo, la testa, la quale era inferma, ora il v.5 continua evidenziando il cuore. Dalla Parola di Dio sappiamo che il cuore risulta essere non soltanto un organo fisico, indispensabile per la sopravvivenza su questa terra; ma nel senso spirituale è la sede delle emozioni e dei sentimenti.
Gr 17:9 ð In Gr 17, viene messo in evidenza che il cuore dell’uomo è frodolente e insanabile. E’ scritto “Benedetto sia l'uomo che si confida nel Signore, e la cui confidanza è il Signore. Egli sarà come un albero piantato presso alle acque, e che stende le sue radici lungo un ruscello; e quando viene l'arsura, egli non la sente; anzi le sue fronde verdeggiano; e nell'anno della secchezza non se ne affanna, e non resta di far frutto. Il cuor dell'uomo è frodolente sopra ogni altra cosa, ed insanabile; chi lo conoscerà? Io, il Signore, che investigo i cuori, che provo le reni; e ciò per rendere a ciascuno la retribuzione secondo le sue vie, secondo il frutto dei suoi fatti”. Che meravigliose parole vengono indirizzare verso colui che si confida nel Signore. Egli è benedetto dal Signore ed è come un albero piantato presso alle acque, che stende le sue radici, che resiste all’arsura e alla siccità e che costantemente produce del frutto. E’ una descrizione molto bella e dettagliata di colui che è timorato del Signore, ma nello stesso tempo è doveroso anche osservare l’ulteriore considerazione della Parola di Dio intorno al cuore dell’uomo. Nel senso naturale e carnale, il cuore dell’uomo è ingannevole e malvagio e nemmeno l’uomo stesso conosce il suo cuore. Anche noi dobbiamo tenere presente questa lezione. In noi vi è la dimora costante dello Spirito, ma quando agiamo carnalmente seguendo la nostra volontà carnale evidenziano la veracità di questo testo. Il nostro cuore, i nostri pensieri, la nostra mente, i nostri sentimenti devono essere plasmati dallo Spirito del Signore. Altrimenti che cosa manifesteremo? Un comportamento peccaminoso che dispiace al signore. Il Signore solamente conosce il nostro cuore ed Egli avverte solennemente: renderà a ciascuno la sua retribuzione. Ciò che l’uomo avrà seminato, quello raccoglierà.
§§ è languido §§ Is 1:5 ð La 5:17, Is 53:4. La condizione del cuore di questo popolo è davvero grave e dolorosa: ogni cuore §§ è languido §§.
La 5:17 ð In La 5, il profeta dichiara che il cuore è languido e che la gioia del cuore è cessata. Egli afferma “La gioia del nostro cuore è cessata, I nostri balli sono stati cangiati in duolo. La corona del nostro capo è caduta; Guai ora a noi! perciocchè abbiamo peccato. Per questo il cuor nostro è languido; per queste cose gli occhi nostri sono oscurati”. Il tema ricorrente nel libro delle Lamentazioni è proprio il dolore e il cordoglio. Queste parole mettono chiaramente in evidenza questo tema così duro, ma nello stesso tempo così necessario. Geremia deve dichiarare che la gioia del cuore è cessata ed i balli, quale manifestazione esteriore della gioia stessa, si sono trasformati in duolo. Essi ( e si include anche il profeta) hanno peccato. Il monte Sion è deserto ed il profeta deve gridare al Signore dicendo “Perchè ci dimenticheresti in perpetuo? Perché ci abbandoneresti per lungo tempo? O Signore, convertici a te, e noi saremo convertiti: Rinnova i nostri giorni, come erano anticamente” Il peccato non può mai recare gioia alla nostra vita, ma solo dolore ed affanno. Vi è bisogno dell’intervento del Signore, perché senza il Signore, senza il Suo aiuto e soccorso, che cosa rimane? Un cuore languido, un cuore che è lasciato nel suo dolore. Ma quale è stata la soluzione al peccato dell’uomo?
Is 53:4 ð In Is 53, è scritto che il Servo del Signore, ha portati i nostri languori. Il profeta può dichiarare “Egli è stato sprezzato, fino a non esser più tenuto nel numero degli uomini; è stato uomo di dolori, ed esperto in languori; è stato come uno dal quale ciascuno nasconde la faccia; è stato sprezzato, talchè noi non ne abbiamo fatta alcuna stima. Veramente egli ha portati i nostri languori, e si è caricato delle nostre doglie; ma noi abbiamo stimato ch'egli fosse percosso, battuto da Dio, ed abbattuto”. Quando giungeremo a questo testo, lo mediteremo ancora più approfonditamente. Ma è chiaro che il Signore Gesù, ha risolto per sempre il problema del peccato. Egli è stato sprezzato per ciascuno di noi, ed ha portato su di Se i peccato di noi tutti, i nostri dolori, i nostri languori. Anche il nostro cuore, un tempo, era languido, pieno di dolore e unito al peccato che era in noi, rendeva la nostra situazione spirituale umanamente senza soluzione. Ma il Servo del Signore, il Signore Gesù ha risolto questo immane problema, donando tutto Se stesso. Quale sarà dunque il nostro atteggiamento nei Suoi confronti? Ubbidienza o disubbidienza?

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27/01/2007 22:19
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Re:
[SM=g27988] Ho letto con piacere i primi due topic [SM=g28002]

Sull’introduzione vorrei aggiungere qualcosina...

Come hai già detto il nome Isaia significa Dio salva e annuncia la Persona e l’opera del Figlio mandato da Dio per salvare gli uomini. Infatti egli da molti cenni su Gesù da meritare il titolo di profeta evangelico. Alcuni hanno definito il libro di Isaia il V° Evangelo

Pressappoco nello stesso periodo Dio ha scelto come profeti degli uomini umili:

Michea --> un semplice contadino
Amos --> coltivatore di sicomori

Isaia si volge di volta in volta contro i re empi di Israele, di Giuda e contro i nemici più lontani (Assiria, Babilonia ecc.) Denunciando gli errori dei re e mostrando la via del ritorno all’Eterno. Tuttavia dallo sfondo cupo di questi solenni avvertimenti risalta la luce delle meravigliose promesse destinata a coloro che son disposti ad ubbidire (1:19) e che confidano nell’Eterno (30:15).

Inoltre l’esposizione che hai effettuato dei vari re che si susseguirono durante il ministerio di Isaia ci fa riflettere come l’orgoglio che ebbe inizio nel cuore di lucifero è il mezzo per trascinare gli uomini sulle sue vie. Isaia 14:13 afferma: tu dicevi in cuor tuo: “io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del nord”. Noi come figlioli di Dio dobbiamo spogliare giornalmente l’uomo vecchio per rivestire il nuovo; seguendo il consiglio datoci da Gesù: imparate da me perché io son mansueto e umile di cuore (Matteo 11:29).



Per il verso in II Corinzi 12:7 diverse volte ho sentito dire che questa scheggia nella carne è l’infermità di cui Paolo parla in Galati 4:14 ma Paolo la difenisce un angelo di satana. Se continuiamo nella lettura di Corinzi troviamo al capitolo 11 dal verso 13 al 14:

“Tali falsi apostoli infatti sono degli operai fraudolenti, che si trasformano in apostoli di Cristo. E non c’è da meravigliarsi, perché satana stesso si trasforma in angelo di luce”.

Gesù sulla croce ha portato tutte le nostre infermità! Molte volte si sentono cristiani affermare che come Paolo il Signore gli ha detto: “la mia grazia ti basta!”. Spero che quello che ho detto non risuoni come un accusa per chi si trova nell'infermitàma che prendiamo coscienza dell'Iddio d'amore a cui apparteniamo e che in Lui c'è guariggione. Sozo guariggione fisica e spirituale


Scritto da: andreiu2 19/01/2007 16.37
Nell’Antico Testamento, il Signore parlava attraverso visioni e sogni, in quanto non esisteva ancora tutta la rivelazione di Dio scritta. Ma noi abbiamo il privilegio di possedere tutta la Parola di Dio. Ed è ad essa che noi dobbiamo attenerci. Noi siamo i suoi servitori e nel libro dell’Apocalisse ci viene mostrato in maniera mirabile non soltanto le cose future, ma ciò che aspetta ciascuno di noi: l’eternità, la nuova Gerusalemme, la gloria. Ringraziamo il Signore per questo.

[SM=g27985]




Sono d’accordo con te che non si deve aggiungere e non si deve togliere dalla Parola di Dio e riconosco come tu hai detto il privilegio che abbiamo nel possedere tale Parola.

Ma nello stesso tempo credo che allora come oggi Iddio parla attraverso sogni e visioni. Infatti in Giole 2:28 vi è un verso che Pietro cita negli Atti il giorno della pentecoste:

E avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che spanderò il mio spirito sopra ogni carne, e i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.

Ma le rivelazioni personali sono in perfetta armonia con la Parola Dio e non stabiliscono un nuovo credo o un punto dottrinale.

[Modificato da wfreedom 28/01/2007 0.09]

Jesus loves you
30/01/2007 09:49
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Re: Re:

Scritto da: wfreedom 27/01/2007 22.19 [SM=g27988]

Gesù sulla croce ha portato tutte le nostre infermità! Molte volte si sentono cristiani affermare che come Paolo il Signore gli ha detto: “la mia grazia ti basta!”. Spero che quello che ho detto non risuoni come un accusa per chi si trova nell'infermitàma che prendiamo coscienza dell'Iddio d'amore a cui apparteniamo e che in Lui c'è guariggione. Sozo guariggione fisica e spirituale

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Che il Signore ci possa guarire da ogni malattia nessuno lo mette in discussione. Ma purtroppo so che ci sono vari movimenti nell'ambito del "carismatico" che insegnano che chi si trova nella malattia è necessariamente nel peccato. Questo è chiaramente sbagliato. [SM=g27988]


Sono d’accordo con te che non si deve aggiungere e non si deve togliere dalla Parola di Dio e riconosco come tu hai detto il privilegio che abbiamo nel possedere tale Parola.

Ma nello stesso tempo credo che allora come oggi Iddio parla attraverso sogni e visioni. Infatti in Giole 2:28 vi è un verso che Pietro cita negli Atti il giorno della pentecoste:

E avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che spanderò il mio spirito sopra ogni carne, e i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.

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Cara Freedom, Gl 2:28 tratta di una profezia, come si dice nell'ambito dell'esegesi "ad adempimento multiplo", nel senso che la prima parte si è realizzata a Pentecoste, ma il resto no. Basta che tu osservi alla descrizione che abbiamo degli eventi cosmici di Gl 2:28, Tutto ciò a Pentecoste non si è realizzato. Ciò si realizzerà invece quando il Signore Gesù tornerà in gloria (leggere Mt 24, 25).

[SM=g27985]


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30/01/2007 09:52
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§§ Dalla pianta del piede fino alla testa non vi è alcuna sanità in esso §§ Is 1:6 ð Lu 5:31 – Gr 8:22. La diagnosi del Signore prosegue, entrando ancora di più nello specifico, dichiarando che §§ dalla pianta del piede fino alla testa non vi è alcuna sanità in esso §§. Cioè, tutto il corpo è malato, non vi è alcuna parte che sia sana.
Lu 5:31 ð In Lu 5, il Signore Gesù dichiarò che non sono i sani ad avere bisogno del medico, ma i malati. E’ scritto “E DOPO queste cose, egli uscì, e vide un pubblicano, detto per nome Levi, che sedeva al banco della gabella, e gli disse: Seguitami. Ed egli, lasciato ogni cosa, si levò, e lo seguitò. E Levi gli fece un gran convito in casa sua; e la moltitudine di pubblicani, e di altri, ch'erano con loro a tavola, era grande. E gli Scribi e i Farisei di quel luogo mormoravano contro ai discepoli di Gesù, dicendo: Perchè mangiate, e bevete coi pubblicani, e coi peccatori? E Gesù rispondendo, disse loro: I sani non hanno bisogno di medico, ma i malati”. I pubblicani, rappresentavano una categoria di persone che non era ben vista dagli Scribi e dai Farisei. Ebbene, uno di questi pubblicani, Levi (cioè Matteo – Mt 9:9), alla semplice affermazione del Signore “Seguimi”, egli lasciò ogni cosa, si alzò e Lo seguì. Un pubblicano, stava seguendo il Signore e nello stesso tempo aveva lasciato ogni cosa per seguire il Signore. Anche noi, un giorno, abbiamo fatto la nostra scelta: seguire il Signore Gesù. Abbiamo risposto al suo dolce invito di seguirLo. Levi fece un convito in cui vi partecipavano molti pubblicani e gli Scribi e i Farisei che erano in quel luogo, non perdono l’occasione di mormorare contro ai discepoli di Gesù. La loro ipocrisia e malvagità la dovevano manifestare. Ma Gesù rispose in maniera perentoria e con una logica ineccepibile: sono i malati ad avere bisogno del medico, non i sani. Egli era venuto per chiamare i peccatori a ravvedimento. E ciascuno di noi era un “malato cronico”, afflitto dal cancro del peccato. Il Signore Gesù è venuto per salvare il peccatore. In Is 1:6 possiamo veramente constatare come il popolo d’Israele aveva bisogno dell’intervento del Medico per eccellenza, il Signore. Ma come il Signore Gesù è venuto per chiamare i peccatori a ravvedimento, così Israele doveva compiere proprio questo passo. Essi dovevano ravvedersi. In Gr 8:5-8 stanno scritte queste parole “Perchè si è questo popolo di Gerusalemme sviato d'uno sviamento pertinace? si sono attenuti all'inganno, hanno ricusato di convertirsi, io sono stato attento, ed ho ascoltato; non parlano dirittamente, non vi è alcuno che si penta del suo male, dicendo: Che cosa ho fatto? ciascun di loro si è volto al suo corso, a guisa di cavallo, che trascorre alla battaglia. Anche la cicogna nel cielo conosce le sue stagioni; e la tortola, e la gru, e la rondine, osservano il tempo della loro venuta; ma il mio popolo non ha conosciuto il giudicio del Signore. Come potete dire: Noi siamo savi, e la Legge del Signore è con noi? ecco pure il falso stile degli scribi si è adoperato a falsità?”. Il popolo d’Israele si è sviato, hanno dato ascolto all’inganno, non si sono convertiti e dimostrano di non avere conoscenza. Addirittura il testo precisa che non vi è alcuno che si pente, che si ravvede. Nessuno si chiede “Che cosa ho fatto”? Ciascuno è rivolto alla sua via. Inoltre è interessante osservare come il testo metta in evidenza il paragone tra la cicogna, la gru, la tortora e la rondine ed il popolo d’Israele. La conclusione è che il popolo non conosce il giudizio del Signore. La loro situazione è gravissima e al v.22 il testo dichiara “Non vi è egli alcun balsamo in Galaad? non vi è egli alcun medico? Perché dunque non è stata risaldata la piaga della figliuola del mio popolo? L’unica speranza è andare al Signore, ma fino a che si continua a camminare in maniera storta e ribelle, non vi può essere guarigione spirituale. E’ inutile dire con le labbra “La legge del Signore è con noi”, se poi si cammina in maniera opposta alla volontà di Dio. Infatti il Signore è stato dispettato dall’idolatria del popolo (Gr 8:19). Per quanto concerne noi è inutile dire “Io conosco la Parola di Dio”, se poi non la si mette in pratica. Stiamo attenti a non contristare lo Spirito Santo e ricerchiamo sempre di camminare condotti da Lui. Ricordiamoci di questa lezione.

§§ tutto è ferita e lividore e piaga colante, le quali non sono state rasciugate, né fasciate, né allenite con unguento §§ Is 1:6 ð Ez 34:4, 16. Il Signore non ferma le Sue parole dure, ma prosegue dichiarando che è tutto una ferita, un lividore, tutto una piaga. Israele versa in una condizione davvero drammatica.
Ez 37:4, 16 ð In Ez 34, il Signore stesso si impegna a guarire la pecora malata e a fasciare la ferita. Innanzitutto il Signore si rivolge in maniera dura verso i malvagi pastori d’Israele “Com'è vero ch'io vivo, dice il Signore, l'Eterno, poichè le mie pecore sono abbandonate alla rapina; poichè le mie pecore, essendo senza pastore, servono di pasto a tutte le fiere dei campi, e i miei pastori non cercano le mie pecore; poiché i pastori pascono se stessi e non pascono le mie pecore, perciò, ascoltate, o pastori, la parola dell'Eterno! Così parla il Signore, l'Eterno: Eccomi contro i pastori; io ridomanderò le mie pecore alle loro mani; li farò cessare dal pascere le pecore; i pastori non pasceranno più se stessi; io strapperò le mie pecore dalla loro bocca, ed esse non serviranno più loro di pasto”. Questi pastori non si distinguevano per la cura amorevole che un pastore deve avere per la sua pecora, ma essi consideravano solamente il loro interesse personale, essi pascevano se stessi, cioè si curavano solo di loro stessi. La conseguenza dolorosa è che le pecore (e queste pecore rappresentano proprio il popolo d’Israele), sono abbandonate a se stesse, in balìa di ogni belva dei campi. Perciò il Signore è “contro” questi pastori. E’ davvero tragico quando il Signore è contro, in opposizione a qualcuno. Egli pronuncia parole di giudizio verso questi conduttori, essi cesseranno di pascere loro stessi, cesseranno il loro empio lavoro. Ma come il Signore si comporterà verso queste pecore? “Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore, e le ritrarrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre; e le trarrò di fra i popoli e le radunerò dai diversi paesi, e le ricondurrò sul loro suolo, e le pascerò sui monti d'Israele, lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese. Io le pascerò in buoni pascoli, e i loro ovili saranno sugli alti monti d'Israele; esse riposeranno quivi in buoni ovili, e pascoleranno in grassi pascoli sui monti d'Israele. Io stesso pascerò le mie pecore, e io stesso le farò riposare, dice il Signore, l'Eterno. Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, fortificherò la malata”. Il Signore si comporterà ed agirà quale vero Pastore. Come un pastore che tiene alla sue pecore, va in cerca del suo gregge, così il Signore si comporterà. Egli le condurrà sui monti d’Israele, le pascerà, le nutrirà, le farà risposare, quindi si prenderà cura di ogni esigenza del popolo d’Israele. Quella pecora malata e ferita sarà curata dal Signore, Egli la fascerà e fortificherà la malata. Di questo Israele aveva bisogno. Ma il malato si deve lasciar curare dal medico. Infatti la piaga di Israele, non è stata fasciata, né allenita con unguento come attesta Is 1:6. Ma ciascuno di noi si può riconoscere in quelle pecore di Ez 34, le quali un tempo erano malate, erranti ciascuno alla propria via, ma poi il sublime Pastore, il Signore Gesù, ci ha guarito e ci ha condotto nel Suo ovile.

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Re: Re: Re:

Scritto da: andreiu2 30/01/2007 9.49

Che il Signore ci possa guarire da ogni malattia nessuno lo mette in discussione. Ma purtroppo so che ci sono vari movimenti nell'ambito del "carismatico" che insegnano che chi si trova nella malattia è necessariamente nel peccato. Questo è chiaramente sbagliato. [SM=g27988]



Concordo con quello che hai detto... dobbiamo usare quel granel di senape che il Signore ci ha dato. Ma essere nell'invermità non comporta aver peccato Gesù stesso lo dichiarò



Scritto da: andreiu2 30/01/2007 9.49



Cara Freedom, Gl 2:28 tratta di una profezia, come si dice nell'ambito dell'esegesi "ad adempimento multiplo", nel senso che la prima parte si è realizzata a Pentecoste, ma il resto no. Basta che tu osservi alla descrizione che abbiamo degli eventi cosmici di Gl 2:28, Tutto ciò a Pentecoste non si è realizzato. Ciò si realizzerà invece quando il Signore Gesù tornerà in gloria (leggere Mt 24, 25).
[SM=g27985]




perchè non apri un 3d così non andiamo OFF TOPIC [SM=g27985]
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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: wfreedom 30/01/2007 12.06

perchè non apri un 3d così non andiamo OFF TOPIC



Puoi aprirlo tu

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§§ Il vostro paese è desolato §§ Is 1:7 ð Le 26:31 – Gr 25:9. La descrizione dolorosa del Signore nei confronti del popolo d’Israele continua, sottolineando che il paese è desolato.
Le 26:31 ð In Le 26, è scritto che se non vi sarà ubbidienza, il popolo sarà colpito dalla desolazione. In Le 25:55, è scritto che i figli d’Israele sono servi del Signore, in quanto Egli con mano potente li ha tratti fuori dal paese d’Egitto. Ma in Le 26:14, 31 è scritto “Ma, se voi non mi ubbidite, e non mettete in opera tutti questi comandamenti… ridurrò le vostre città in desolazione, e diserterò i vostri santuari, e non odorerò i vostri odori soavi”. Possiamo proprio osservare come vi sia una grande attinenza tra tutti quei testi che parlano di benedizioni e maledizioni in caso di ubbidienza o disubbidienza da parte del popolo d’Israele, e Is 1. In Le 26 leggiamo che se non vi fosse stata ubbidienza da parte del popolo d’Israele nei confronti del Signore, il popolo sarebbe stato colpito dalla desolazione, i santuari sarebbero divenuti deserti ed il Signore non avrebbe più odorato i loro odori soavi, perciò non li avrebbe più graditi. Questo perché il cuore è lontano dal Signore. Ricordiamoci che se il nostro cuore è lontano da Lui, anche per quanto concerne noi, il Signore non gradirà le nostre offerte spirituali, in quanto saranno solo un segno formale e rituale. Ciò che il Signore vuole è il 100% del nostro cuore. In Gr 25 è scritto “LA parola che fu indirizzata a Geremia, intorno a tutto il popolo di Giuda… Ma voi non mi avete ubbidito, dice il Signore, per dispettarmi con le opere delle vostre mani, a danno vostro. Perciò, così ha detto il Signor degli eserciti: Conciossiachè voi non abbiate ubbidito alle mie parole; ecco, io manderò per tutte le nazioni di Settentrione, dice il Signore; e per Nebucadnesar, re di Babilonia, mio servitore; e le farò venire contro a questo paese, e contro ai suoi abitanti, e contro a tutte queste genti d'intorno; e le distruggerò, e le metterò in desolazione, e in zufolo, e in disertamenti eterni”. Il Signore indirizzò a Geremia delle parole molto dure da riferire al popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme. Visto che non vi era stata ubbidienza da parte del popolo, anzi le loro azioni erano malvagie tali da dispettare il Signore, allora Dio userà Nebucadnesar per castigare il Suo popolo. E’ interessante osservare come questo re pagano venga definito dal Signore “mio servitore”, in quanto egli faceva parte di un preciso piano di Dio. Nebucadnesar sarà lo strumento nelle mani del Signore per distruggere e per mettere in desolazione il paese. Perché questo? Perché vi è stata disubbidienza e opere malvagie. Il Signore mantiene ciò che dice, anche quando parla di giudizio e di castigo. Perciò in Is 1:7, troviamo proprio un’ulteriore conseguenza della ribellione e disubbidienza di Israele, il paese è desolato.

§§ le vostre città sono arse con il fuoco §§ Is 1:7 ð Gr 2:15, Gr 51:58. Is 1:7, prosegue andando ancora di più nel dettaglio. Il Signore precisa che le città sono addirittura arse con il fuoco.
Gr 2:15 ð In Gr 2, viene proprio sottolineata la desolazione del paese ed il fatto che anche le città sono arse. E’ scritto “Ascoltate la parola del Signore, casa di Giacobbe, e voi tutte le famiglie della casa d'Israele… il mio popolo ha fatti due mali: hanno abbandonato me, fonte d'acqua viva, per cavarsi delle cisterne, cisterne rotte, che non ritengono l'acqua. Israele è egli servo? È egli uno schiavo nato in casa? perchè dunque è egli in preda? I leoncelli hanno ruggito, ed hanno messe le loro grida contro a lui, ed hanno ridotto il suo paese in desolazione; le sue città sono state arse, senza che alcuno vi abiti più”. Anche questo preciso messaggio così duro, è indirizzato alla casa di Giacobbe e alle famiglie della casa d’Israele. Quale è la colpa del popolo? Essi hanno compiuto due cose malvagie: hanno abbandonato il Signore, il Quale è la fonte dell’acqua viva e si sono costruiti delle cisterne screpolate, cisterne che non possono contenere l’acqua. Quale stoltezza! Egli è divenuto preda di leoncelli, ovvero di invasori stranieri che hanno ridotto il suo paese in desolazione e le cui città sono state arse. Ecco che ritroviamo ciò che è scritto in Is 1:7. Non vi è più alcuno che abiti in queste città e l’origine di tutto questo è il peccato del popolo: essi hanno abbandonato il Signore. Il Signore, per noi, è sempre l’unico punto di riferimento? Oppure anche noi rischiamo di rivolgerci alle cisterne screpolate?
Gr 51:58 ð In Gr 51, è scritto che le larghe mura di Babilonia saranno arse. Il testo afferma “Siccome Babilonia è stata per far cadere gli uccisi d'Israele, così cadranno a Babilonia gli uccisi di tutta la terra… Perciò, ecco i giorni vengono, dice il Signore, che io farò punizione delle sculture di quella, e per tutto il suo paese gemeranno uomini feriti a morte. Avvegnachè Babilonia fosse salita in cielo, ed avesse fortificati i luoghi altissimi per sua fortezza, pur le verranno i distruttori da parte mia, dice il Signore… Perciocchè sopra lei, sopra Babilonia, è venuto il distruttore, e gli uomini valorosi di essa sono stati presi, i loro archi sono stati spezzati; perciocchè il Signore è l'Iddio delle retribuzioni; egli non manca di rendere il giusto pagamento. Ed io inebbrierò i principi di quella, e i suoi savi; i suoi duci, e i suoi satrapi, e i suoi uomini prodi, sì che dormiranno un sonno perpetuo, e non si risveglieranno giammai, dice il Re, il cui Nome è Il Signor degli eserciti. Così ha detto il Signor degli eserciti: Le larghe mura di Babilonia saranno spianate fino al suolo, e le sue alte porte saranno arse col fuoco; e i popoli avranno lavorato invano, e le nazioni a pro del fuoco, e si saranno stancati”. Questo testo è molto importante, in quanto ricorda che , se da una parte Israele ha dovuto pagare (e paga tuttora) le conseguenze della sua ribellione, anche i popoli pagani pagheranno le conseguenze della loro ribellione. Nel testo osservato troviamo Babilonia, la quale era piena di sculture e nello stesso tempo era la responsabile di molti omicidi nei confronti di Israele. E’ vero che il Signore ha usato Nebucadnesar come suo strumento, ma bisogna anche affermare che quando si dà luogo alla propria malvagità, approfittando di un momento favorevole, bisogna pagarne le conseguenze. Perciò il Signore punirà Babilonia per le sue sculture ed anche se Babilonia fosse salita al cielo, la distruzione sarebbe comunque avvenuta. L’uomo cerca con le sue forze, di costruirsi dei ripari, ma se non vi è il ravvedimento, niente e nessuno può sfuggire al giudizio di Dio. Il Signore è l’Iddio delle retribuzioni e la sentenza del Signore è lapidaria: le mura di Babilonia, caratterizzate da resistenza e apparentemente indistruttibili, cadranno e le porte saranno arse con il fuoco. Infatti l’impero babilonese, è stato sconfitto. Non vi è niente di troppo difficile per il Signore e questi testi confermano una volta di più che l’unico nostro rifugio e sostegno è il nostro Dio.

§§ i forestieri divorano il vostro paese, in presenza vostra §§ Is 1:7 ð Gr 30:16 – Ez 12:19. Ancora il testo di Is 1:7 prosegue dichiarando che, dopo la desolazione e le città arse con il fuoco, i forestieri divorano il paese.
Gr 30:16 ð In Gr 30, il Signore dichiara ad Israele che tutti quelli che la divorano saranno divorati. E’ scritto “Perciocchè, così ha detto il Signore: Il tuo fiaccamento è senza rimedio, la tua piaga è dolorosa. Non vi è alcuno che prenda in mano la tua causa, per guarir la tua piaga; tu non hai alcuni medicamenti per risaldarla. Tutti i tuoi amanti ti hanno dimenticata, non ti ricercano; perciocchè io ti ho percossa d'una battitura da nemico, d'un gastigamento da crudele; per la grandezza della tua iniquità, perché i tuoi peccati sono accresciuti. Perchè gridi per lo tuo fiaccamento? la tua doglia è insanabile. Io ti ho fatte queste cose per la grandezza della tua iniquità perché i tuoi peccati sono accresciuti. Ma pure, tutti quelli che ti divorano saranno divorati, e tutti i tuoi nemici andranno in cattività, e quelli che ti spogliano saranno spogliati, e darò in preda tutti quelli che ti predano”. Il principio che troviamo in questo testo è uguale a quello visto per quanto concerneva Babilonia. E’ vero che il Signore ha punito Israele per la grandezza della sua iniquità ed è altresì vero che lei è stata dimenticata da tutti i suoi amanti e che la sua doglia è insanabile. Ma il Signore dichiara anche un’altra cosa “tutti quelli che ti divorano, saranno divorati”, cioè coloro che sono venuti contro di te, saranno altresì giudicati. Israele ritornerà dalla cattività (Gr 30:10). Israele non poteva rimanere impunito per i suoi numerosi peccati, ma il Signore sa anche consolare il Suo popolo. Non dimentichiamoci di questa lezione: anche se gli empi in questo mondo possono prosperare, ciononostante, se essi non si ravvedranno saranno condannati eternamente. Il Signore è il giusto Giudice. In Ez 12, vengono rivolte parole dure nei confronti di Israele “E di' al popolo del paese: Il Signore Iddio ha detto così intorno a quelli che abitano in Gerusalemme, nella terra d'Israele: Mangeranno il loro pane con ansietà, e berranno la loro acqua con smarrimento; perciocchè il paese d'essa sarà desolato, e spogliato di tutto ciò che vi è, per la violenza di tutti quelli che vi abitano. E le città abitate saranno deserte, e il paese sarò desolato; e voi conoscerete che io sono il Signore” (Ez 12:19). Come si diceva prima, Israele non può rimanere impunito. Perciò in questo testo possiamo osservare che invece di mangiare in tranquillità fiduciosi del soccorso del Signore, il popolo mangerà caratterizzato da quell’ansietà dovuta al giudizio del Signore sul paese. Ma tutto questo aveva come scopo quello di promuovere la conoscenza del Signore. Il Signore non giudica per una sorta di cinismo, ma per far capire all’uomo la gravità del suo peccato. Ma in Is 1:7, il popolo non aveva ancora capito questo.

§§ e questa desolazione è come una sovversione fatta da strani §§ Is 1:7 ð Am 4:11, 2 Pi 2:6. Questa è l’amara conclusione di Is 1:7. La desolazione di cui è caratterizzato il popolo d’Israele è paragonata ad una sovversione operata da ignoti, da strani.
Am 4:11-12 ð In Am 4, il Signore stesso dichiara che il Signore aveva sovvertito Israele, nella stessa maniera che aveva sovvertito Sodoma e Gomorra. Il Signore parla duramente, ma giustamente nei confronti di Israele. Egli, sottolineando l’evento della distruzione di Sodoma e Gomorra, dichiara “Io vi ho sovvertiti”. Sodoma e Gomorra, sono state completamente distrutte, ma nel caso di Israele, nonostante il giudizio del Signore, gli ebrei “sono stati come un tizzone scampato dal fuoco”, salvato da un incendio. Ma nonostante questo, nonostante la disciplina di Dio ed il Suo giudizio essi non sono tornati al Signore. Tutto ciò è molto grave se si pensa che si sta parlando di quel popolo con cui il Signore aveva stretto un patto (Es 19). Perciò il Signore lancia un avvertimento ad Israele e la frase che il Signore dichiara in questo momento si può dire che risulta la dichiarazione centrale del libro di Amos, “Preparati allo scontro con il tuo Dio”. A causa delle iniquità di Israele, il rapporto che intercorre tra questo popolo ed il Signore non può essere paragonato ad un incontro pieno d’amore e di comunione, ma ad uno scontro. Da questo impariamo veramente come sia assolutamente importante mantenere costantemente un rapporto di intima comunione con il Signore. Perché avere comunione interrotta con il nostro Dio significa inevitabilmente, che saremo privati di quelle benedizioni che Egli ci vuole donare.
2 Pi 2:6-8 ð In 2 Pi 2, viene ricordata la sovversione fatta dal Signore verso Sodoma e Gomorra. E’ scritto chiaramente che il Signore ha condannato queste città, non soltanto a causa delle loro iniquità e abominazioni, ma anche per porle come esempio per tutti coloro che vogliono vivere empiamente. Ecco perché l’uomo empio, lontano dal Signore, dovrebbe fermarsi e riflettere profondamente sulla sua situazione davanti a Dio. Lot è scampato da quella distruzione, in quanto sebbene lui avesse fatto delle scelte sbagliate, pure era travagliato, angosciato per la condotta iniqua degli abitanti di queste città. La sua anima era tormentata per tutte quelle scelleratezze che venivano effettuate quotidianamente e perciò la Scrittura lo definisce “giusto”. Anche noi, dobbiamo sempre di più imparare ad avere ribrezzo del peccato, ad averlo in abominio, in quanto esso non è soltanto trasgressione, ma un’offesa alla santità di Dio. Ma per quanto riguarda Israele, il suo atteggiamento dimostra che non provava abominio verso il peccato, in quanto il peccato faceva parte del suo comportamento.


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§§ E la figlia di Sion resta come un frascato in una vigna §§ Is 1:8 ð Sl 80:8, Gr 6:9. Dopo aver parlato di desolazione e di distruzione, il Signore non termina però la Sua amara descrizione nei confronti di Israele. Ci si potrebbe chiedere, come mai il Signore inveisce così fortemente. Ma non bisogna dimenticare che il Signore desidera fare sapere all’uomo, esattamente, nel minimo dettaglio quale sia la sua condizione. Is 1:8, inizia dicendo che la figlia di Sion §§ è come un frascato in una vigna §§.
Sl 80:1, 10-16, 18 ð Il salmista nel Sl 80, parla di una vigna molto particolare. Infatti è interessante osservare come egli inizi questo salmo invocando il Pastore di Israele, Colui che guida Giuseppe come un gregge. Perciò, egli parlando del Signore e del suo rapporto con il popolo di Israele, il salmista descrive una vigna ideale con la quale è paragonato il popolo d’Israele stesso. Egli afferma che questa vigna era rigogliosa, i suoi tralci erano come cedri altissimi ed i suoi rami arrivavano fino al mare. E’ chiaro che in natura non esiste una vigna del genere, questo sta a significare che il salmista utilizza un linguaggio simbolico. Ma purtroppo, che cosa è successo? I passanti hanno vendemmiato questa vigna, i cinghiali l’ hanno rovinata, insieme alle belve della campagna. Questa vigna, da rigogliosa com’era, ora è rovinata e guastata. Il salmista, perciò invoca il Signore affinchè visiti questa vigna. Questo è l’atteggiamento giusto! Anche quando vi è il peccato o una situazione in cui a causa nostra, la comunione con il nostro Dio è interrotta, invochiamoLo, chiediamo a Lui di soccorrerci, di perdonarci. Infatti il salmista afferma “E noi non ci trarremo indietro da te; mantienici in vita, e noi invocheremo il tuo Nome”. Il nostro cammino deve essere sempre orientato in avanti, non bisogna mai andare indietro, o peggio ancora tirarsi indietro. Questo significherebbe essere degli apostati. Dobbiamo protenderci e guardare le cose di lassù. Perciò non deve stupire che il Signore in Is 1:8, parli del frascato in una vigna, quale paragone per la situazione di Israele. Infatti, come si è visto, Israele nella Scrittura è paragonata anche ad una vigna.
Gr 6:9-10 ð In Gr 6, il Signore dichiara che Israele sarà racimolato come una vigna. Questa è una dichiarazione che è strettamente collegata alla loro situazione spirituale. Il Signore interroga dicendo “A chi parlerò, a chi protesterò, che ascolti?”. E’ molto triste quando vi è il Signore che parla e la Sua voce rimane inascoltata. Perché succede questo? Perché l’orecchio di Israele è incirconciso, non è aperto alla voce del Signore, non Lo ascoltano. Come se non bastasse, per loro la Parola del Signore è in vituperio e non pongono il loro diletto in essa. Cioè si comportano in maniera opposta a come dovrebbero comportarsi. Quando esiste un simile atteggiamento, non si può rimanere impuniti.

§§ come una capanna in un cocomeraio §§ Is 1:8 ð La 2:6 – 1 Co 3:17. Is 1:8 lo si può suddividere in tre parti: la prima, che abbiamo visto prima, è il paragone della situazione di Israele ad un frascato in una vigna, la seconda ad una capanna in un cocomeraio e la terza ad una città assediata. Questi paragoni vogliono far mettere in luce, veramente in quale stato degradante era caduto il popolo.
La 2:4-6 ð In La 2, il profeta sottolinea che il Signore ha tolto via il Suo tabernacolo, come la capanna di un orto. Da questi tre versetti si può osservare come per ben due volte il Signore si presenta come nemico. Egli, al v.4, è descritto come Colui che ha teso il suo arco come un nemico, cioè come un arciere pronto a colpire. La sua destra, cioè la Sua potenza si è presentata non a favore di Israele, ma contro di lei. Il profeta deve tristemente osservare che il Signore ha distrutto Israele, ha distrutto i suoi palazzi, ha guastato le sue fortezze ed ha tolto via “con violenza”, con forza possente, il Suo tabernacolo, come la capanna di un orto. Perciò possiamo osservare come in questo testo, questa immagine sia inclusa in un contesto di giudizio il quale descrive determinate azioni di forza del Signore. Questo sta a significare come la descrizione §§ capanna in un cocomeraio §§, come anche le altre due descrizioni, indichi una struttura provvisoria, solitaria e debole, facile da essere attaccata e distrutta. Israele non era al sicuro, anzi, la sua situazione portava su di se il giudizio del Signore. Ma è anche doveroso osservare ciò che afferma Paolo in 1 Co 3:16-17, “Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se alcuno guasta il tempio di Dio, Iddio guasterà lui; perciocchè il tempio del Signore è santo, il quale siete voi”. Nel testo di Lamentazioni, si è letto diverse volte termini come “guaste” e “distrutte”. Tutto ciò a motivo del peccato di Israele. Ma anche noi abbiamo delle responsabilità se pecchiamo nei confronti del Signore. Un giorno noi ci troveremo dinanzi a quel tribunale, in cui verrà elargito il giusto premio. Noi siamo il tempio dello Spirito Santo, Egli dimora permanentemente in noi, facciamo sempre ben attenzione a camminare condotti da Lui, come piace al Signore.

§§ come una città assediata §§ Is 1:8 ð Ez 6:12, Lu 19:43. L’ultima descrizione del Signore inserita in Is 1:8, riguardante Israele, paragona la sua situazione ad una città assediata. Anche la città assediata, risulta essere un luogo in cui non si è al sicuro. Tale città è piena di pericoli e prossima ad essere distrutta.
Ez 6:3, 6, 11-12 ð In Ez 6, il Signore descrive la Sua ira verso Israele dichiarando che chi sarà lontano morirà di peste, chi sarà vicino morirà per la spada e chi sarà rimasto sarà assediato. E’ interessante osservare come Dio si rivolga idealmente ai monti d’Israele, per evidenziare il fatto che gli alti luoghi, ovvero quei posti dove vi erano gli idoli, saranno distrutti, le città saranno deserte e gli idoli spezzati. Israele aveva commesso delle scelleratezze e abominazioni, perciò era doveroso riflettere profondamente sulla sua situazione, anche perché sta per giungere il giudizio del Signore. Questo giudizio è espresso con queste parole “Chi sarà lontano morirà di peste, e chi sarà vicino cadrà per la spada; e chi sarà rimasto, e sarà assediato morrà di fame; ed io adempierò la mia ira sopra loro”. In questo testo troviamo tre caratteristiche di giudizio: la morte attraverso la peste, per la spada e la fame per chi è assediato. Cioè un giudizio che colpisce inesorabilmente e nessuno può difendersi con le sue forze. Tra queste caratteristiche troviamo anche chi è assediato e tutta questa descrizione rappresenta l’adempimento della giusta ira di Dio. Veramente, guai a cadere nelle mani dell’Iddio Vivente.
Lu 19:41-44 ð In Lu 19, il Signore Gesù profetizza su Gerusalemme, affermando che giungerà il tempo in cui questa città sarà assediata. E’ una scena struggente quella descritta in questo capitolo. Quando il Signore fu vicino a Gerusalemme, pianse su di lei dichiarando “Oh! Se tu ancora almeno in questo giorno avessi riconosciuto le cose appartenenti alla tua pace”. Stava giungendo il Principe della pace, ma questo principe è stato da Israele respinto. Perciò il Signore dichiara che giungeranno dei giorni in cui i suoi nemici le faranno degli argini attorno, la circonderanno e l’assedieranno. Come mai succederà tutto questo? Perché Gerusalemme non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata. Perciò tutto ciò accadrà sempre a motivo dell’iniquità di Gerusalemme. In Ezechiele 6, abbiamo visto Israele pieno di abominazioni e qui in Luca 19, il Signore denuncia con rammarico e pianto il peccato di Gerusalemme. Non dobbiamo dimenticarci che nel 70 d.C, Gerusalemme è stata assediata dall’esercito romano capeggiato dal generale Tito. In Is 1, si può riscontrare la stessa cosa, ovvero una situazione di peccato nei confronti del popolo d’Israele. Perciò il Signore avverte, se non c’è un cambiamento di rotta, se non c’è pentimento e ravvedimento, Israele è come “una città assediata”.

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07/02/2007 11:47
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§§ Se il Signor degli eserciti non ci avesse lasciato alcun piccolo rimanente, noi saremmo stati come Sodoma, saremmo stati simili a Gomorra §§ Is 1:9 ð Gr 23:3, Ro 9:27. Dopo aver descritto la situazione del popolo, il profeta Isaia spiega un concetto molto importante :se il Signore non avesse lasciato un rimanente, si sarebbe divenuti simili a Sodoma e Gomorra, cioè come a due città soggette ad una completa distruzione.
Gr 23:2-4 ð In Gr 23, il Signore annuncia nei riguardi di Israele, che Egli raccoglierà il rimanente delle Sue pecore, le farà tornare ed esse frutteranno e moltiplicheranno. Il popolo d’Israele, come si è visto anche prima, era afflitto da dei pastori che curavano solamente il loro interesse, perciò il Signore, denunciando questi empi, sentenzia su di loro il giudizio, a motivo della loro malvagità. Ma, al contrario, il Signore si comporterò nei riguardi del Suo popolo quale vero Pastore, mediante due azioni dense di significato: Egli raccoglierà il rimanente del popolo e lo farà tornare in quanto Israele era stato scacciato a motivo della sua iniquità. Dopo queste azioni del Signore (e da notare che è sempre Dio a prendere l’iniziativa), finalmente Israele frutterà e moltiplicherà alla gloria di Dio. Non più ribellione e disubbidienza, ma pensieri, azioni, volte solo a glorificare il Signore. E al posto dei falsi pastori, il Signore introdurrà dei veri pastori che si prenderanno veramente cura del popolo. In questa maniera non ci sarà più paura, né spavento. Anche noi possiamo paragonarci a quelle pecore che seguono il vero Pastore e il cui scopo primario deve essere sempre quello di glorificare il Signore e di portare frutto alla Sua gloria.
Ro 9:27, 29-30 ð In Ro 9, l’apostolo Paolo riprende il passo di Is 1:9. In questo testo, l’apostolo Paolo sottolinea due passi tratti dal libro di Isaia, di cui uno è proprio Is 1:9. Il primo è tratto da Is 10:22-23, il cui protagonista è sempre il rimanente. Anche se Israele fosse come la rena del mare (e noi sappiamo dal Pentateuco, che questo popolo era numeroso), solo il rimanente fedele sarà salvato. Questo per spiegare che non perché si è ebrei all’anagrafe, si è salvati. Solo se si accetta il Messia, Colui che è morto e risorto per la salvezza dell’uomo si perviene alla salvezza e questa lezione Israele doveva comprenderla. Il secondo passo è proprio quello di Is 1:9, se il Signore non avesse lasciato un rimanente, questo popolo sarebbe divenuto come Sodoma e Gomorra. Tutto questo dimostra la grazia e la misericordia di Dio. Noi siamo giustificati per fede, mediante quell’opera perfetta che il Signore Gesù ha compiuto sulla croce. Israele non poteva pervenire alla giustizia attraverso la legge, come nessun uomo può riuscirci. La salvezza la si ottiene solo per grazia divina. Ma vi deve essere la risposta positiva a questa grazia. Altrimenti è il giudizio.

§§ Ascoltate rettori di Sodoma, la parola del Signore §§ Is 1:10 ð Ed 9:2 – 2 Co 6:17. Dopo aver sottolineato il piccolo residuo o rimanente, nel v.10, il Signore pronuncia una dichiarazione lapidaria ad Israele: questo popolo viene identificato come Sodoma e Gomorra. Infatti, i rettori o conduttori del popolo vengono definiti §§ rettori di Sodoma §§. Tutto ciò è molto triste se si considera che si sta parlando del popolo d’Israele, il popolo con cui il Signore aveva stretto un patto.
Ed 9:2-3, 6 ð In Ed 9, viene denunciato il peccato della mescolanza e viene sottolineato che i primi a commettere questo misfatto furono proprio i conduttori del popolo. Il testo è assolutamente sobrio di fronte a questo avvenimento. I capi del popolo si avvicinarono ad Esdra, denunciando che il popolo non si era assolutamente allontanato dai Cananei e dagli altri popoli pagani, anzi si erano gravemente conformati a loro. E’ sopraggiunta la mescolanza, si sono prese le figlie di quei popoli di cui Israele non doveva avere niente a che fare. E’ situazione ancora più grave, i primi che commisero questa iniquità furono “i principali del popolo ed i rettori”. Proprio coloro che dovevano dare l’esempio di condotta, furono i primi a cadere in questo peccato. Questa la dice lunga sulla situazione in cui versava il popolo. Come si comportò Esdra? Egli che odiava il peccato e ricercava la santità in mezzo al popolo stracciò la sua veste e si strappò i capelli e la sua barba, atteggiamenti che significavano forte dolore e angoscia per ciò che stava accadendo. Oggi, al contrario, succede che il peccato viene tollerato e non si sperimenta quel senso di ripulsa, di ribrezzo verso l’iniquità. Cosa ancora più grave, non viene nemmeno confessato al Signore. Ma come agì Esdra? Egli pregò il Signore dichiarando quella che era la sua situazione interiore: egli era confuso e pieno di vergogna, in quanto anche se lui non aveva commesso quel determinato peccato si è incluso in quella situazione. Egli afferma “Io mi vergogno e sono confuso di alzare, o Dio mio, la faccia verso di Te, perché le nostre iniquità, sono fin sopra al nostro capo”. Quando vi è il peccato, non bisogna assolutamente mostrare indifferenza, anzi bisogna essere addolorati per tutto ciò che è successo. Il credente spirituale, non è perfetto, ma quando cade, egli realizza in se il dolore e la sofferenza, ma sa anche chiedere sinceramente perdono al Signore ed abbandonare il peccato. In Is 1:10, i capi vengono definiti “rettori di Sodoma”, in quanto la loro situazione non era certamente esemplare. Tutti i credenti devono tendere verso la perfezione, ma i conduttori delle assemblee, devono essere costantemente d’esempio al gregge. Inoltre è molto importante osservare ciò che afferma Paolo in 2 Co 6:14-17 “Non vi accoppiate con gl'infedeli; perciocchè, che partecipazione vi è egli tra la giustizia e l'iniquità e che comunione vi è egli della luce con le tenebre? E che armonia vi è egli di Cristo con Belial? o che parte ha il fedele con l'infedele? E che accordo vi è egli del tempio di Dio con gl'idoli? Poiché voi siete il tempio dell'Iddio vivente; siccome Iddio disse: Io abiterò nel mezzo di loro, e camminerò fra loro; e sarò loro Dio, ed essi mi saranno popolo. Perciò, dipartitevi del mezzo di loro, e separatevene, dice il Signore; e non toccate nulla d'immondo, ed io vi accoglierò”. In Ed 9, abbiamo osservato come già dall’Antico Testamento, era condannata la mescolanza o i matrimoni misti. Anche Paolo riprende questo insegnamento, sottolineando però un principio generale: non ci può essere relazione con gli infedeli, così come Cristo non può avere assolutamente relazione con Satana. Ciò che il cristiano deve fare è dipartirsi, separarsi dal peccato, camminare nella santificazione. La differenza che vi è tra un credente carnale ed uno spirituale sta proprio nella volontà di lasciarsi condurre dallo Spirito di Dio. Ma in Is 1, il popolo d’Israele non seguiva il cammino della santificazione.

§§ popolo di Gomorra, porgete le orecchie alla legge dell’Iddio nostro §§ Is 1:10 ð Ge 19:24, Giuda 7. Il Signore continua a parlare verso il popolo d’Israele, con toni piuttosto duri e severi a motivo della sua situazione spirituale. Addirittura, al termine del v.10 viene chiamato §§ popolo di Gomorra §§, ovvero facendo riferimento a quella città che, insieme a Sodoma, è simbolo della corruzione e della perversione.
Ge 19:12-13, 24-25 ð In Ge 19, il testo precisa con parole chiare e lapidarie quale fu il destino di queste due città. I messaggeri, gli angeli che furono ospitati da Lot in persona, esortarono vividamente quest’ultimo a fare uscire tutti coloro che facevano parte della sua famiglia, in quanto quei due luoghi sarebbero stati soggetti ad un’inevitabile distruzione. Perché? Perché “il grido loro è grande nel cospetto del Signore”. La loro malvagità e perversione non poteva essere tollerata. La fine di queste città era giunta. Ed il Signore distrusse questi luoghi in maniera eloquente, potremmo dire addirittura “spettacolare”. Egli mandò zolfo e fuoco dal cielo, due elementi che parlano di quel luogo di tormento che sperimenteranno tutti coloro che si saranno voluti ribellare al Signore. La conclusione di tutto fu la loro sovversione, la loro distruzione. Perciò è meraviglioso osservare, come nonostante il popolo d’Israele dispettasse il Signore, disubbidendo a Lui, la cui malvagità lo caratterizza in maniera tale da farsi definire §§ rettori di Sodoma…popolo di Gomorra §§ il Signore non si comporta come ha agito in Ge 19. Egli parla, esorta, rimprovera, affinchè il popolo Lo ascolti. Così dovremmo fare ognuno di noi. Il Signore doveva condannarci a motivo della nostra iniquità, ma al contrario ci ha salvati per la Sua grazia. Perciò, ascoltiamoLo, ubbidiamo a Lui, camminiamo come piace a Lui.
Gd vv.4, 7 ð Nella lettera di Giuda, l’apostolo prende in causa le città di Sodoma e Gomorra per spiegare la malvagità di alcuni empi che si erano introdotti. La lettera di Giuda, è estremamente corta, se paragonata ad esempio alle lettere di Paolo. Ma è altrettanto vero che il messaggio che è incorporato in questa lettera, è assolutamente importante ed attuale. Dal testo evidenziato si può osservare che si erano introdotti degli uomini empi caratterizzati dall’iniquità, i quali negavano la Persona del Signore Gesù Cristo. Proprio a motivo di questa malvagità, vengono prese ad esempio Sodoma e Gomorra, le quali essendo andate dietro ai desideri della loro carne, sono state condannate e distrutte. Anche questi empi subiranno una condanna eterna se non ci sarà ravvedimento e conversione. Perciò Sodoma e Gomorra sono due nomi che certamente non indicano niente di buono ed Israele doveva tenere a mente il fatto che il suo Dio lo stava definendo proprio in questa maniera.

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12/02/2007 12:09
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§§ Che ho io da far della moltitudine dei vostri sacrifici? dice il Signore; io sono satollo d'olocausti di montoni §§ Is 1:11 ð Sl 40:6, 1 Co 10:20. Il Signore, nel v.11, passa a considerare quello che è il rituale levitico dei sacrifici. Ma anche in questo caso le parole non sono assolutamente lusinghiere. Il Signore non gradisce i loro sacrifici. Eppure fu proprio il Signore ad istituire tutti quei precetti indicanti il modo in cui dovevano essere effettuati i sacrifici e gli olocausti. Ma il problema risiede nel cuore di coloro che sacrificano.
Sl 40:6-8 ð Il salmista, dichiara in questo salmo che il Signore non prende piacere in sacrificio o in offerta, ma gradisce che si compia la Sua volontà. Questo testo non è assolutamente in contraddizione con ciò che prescriveva la legge, data dal Signore stesso. I sacrifici e gli olocausti erano importanti in quanto essi rappresentavano esteriormente un principio assolutamente importante “Senza spargimento di sangue, non vi è remissione di peccato”. Tutti questi sacrifici parlano del sacrificio eccellente del Signore Gesù. Ma risulta assolutamente chiaro che se il cuore è lontano dal Signore e se non si ubbidisce alla Sua volontà allora si diviene degli ipocriti, persone che agiscono solo per una sorta di rituale e per formalismo. Questo salmo che è collegato anche alla Persona del Signore Gesù, sottolinea il principio secondo cui la Parola di Dio deve essere scolpita nel nostro cuore, affinchè possiamo metterla in pratica facendo la volontà di Dio. Perciò, è giusto pregare il Signore, è giusto adorarLo con le labbra, ma se il nostro cuore è lontano da Lui, le nostre parole saranno gettate al vento. Il Signore vuole degli adoratori che Lo adorino in Ispirito e verità.
Eb 13:15 ð In Eb 13, l’autore esorta a portare sacrifici di lode al Signore. Questi sacrifici di lode, risultano essere il frutto delle labbra che confessano il Suo nome. Tale atteggiamento dobbiamo sempre ricercarLo, ma il tutto caratterizzato da un cuore che brama il Signore, che desidera avere sempre comunione con Lui, che desidera compiacerLo in ogni cosa. Questa caratteristica Israele non l’aveva più, ed il Signore lo rimprovera affinchè ritorni sui suoi passi.

§§ e di grasso di bestie grasse, e il sangue dei giovenchi e degli agnelli e dei becchi, non mi è a grado §§ Is 1:11 ð Es 30:10 (Ef 1:7), 1 Sa 15:22. Il Signore, dopo aver dichiarato che Egli era sazio degli olocausti che venivano offerti a Lui, ora Iddio evidenzia due elementi estremamente significativi: il sangue insieme al grasso. IL problema è che anche questi due elementi che nella legge rivestivano una grande importanza, a motivo della malvagità del popolo, il Signore deve dire che Egli non li gradisce dalle loro mani.
Es 30:1, 9-10 ð In Es 30, il Signore comanda la costruzione dell’altare dei profumi sulle cui corna doveva essere fatta la purificazione del peccato una volta all’anno. Questo altare, doveva essere fatto con un materiale molto particolare: il legno di Sittim. Su questo altare non doveva essere offerto nessun profumo strano, né olocausto o offerta, e una volta all’anno Aronne doveva effettuare con il sangue del sacrificio la purificazione del peccato. E’ chiaro che è il Signore a purificare, ma in questo testo risulta molto importante l’elemento del sangue, come in tanti altri testi biblici, la cui importanza è strettamente collegata alla purificazione ed al perdono dei peccati. Perciò è molto importante il testo di Ef 1:4-7. In Ef 1 l’apostolo Paolo afferma “In lui ci ha Dio eletti avanti la fondazione del mondo, acciocchè siamo santi, ed irreprensibili nel suo cospetto, in carità”. Noi siamo stati eletti avanti la fondazione del mondo, noi apparteniamo al Signore e la santità e l’irreprensibilità devono essere due caratteristiche che dobbiamo sempre manifestare nella nostra vita. Ma non soltanto, il Signore ci ha anche predestinati all’adozione, secondo la Sua volontà benevola, noi siamo Suoi figli con tutti i privilegi che questo nome comporta. Ma come abbiamo ottenuto la redenzione? Esclusivamente mediante il sangue del Signore Gesù Cristo! I nostri peccati sono stati perdonati, rimessi. Perciò il sangue ha veramente nella Scrittura una grandissima importanza. Ma nel testo di Is 1:11, il Signore sottolinea tutta la Sua disapprovazione. Egli non gradisce il sangue dei giovenchi e dei becchi. Il ritualismo e formalismo del popolo d’Israele privo dell’amore verso il Signore, non può piacere al Signore.
1 Sa 15:18-23 ð In 1 Sa 15, è descritto l’illuminante dialogo che vi è stato tra Samuele e Saulle, nel quale viene evidenziato il principio dell’importanza dell’ubbidienza. Samuele è estremamente chiaro nelle sue parole. Egli ricorda l’ordine che Saul aveva ricevuto nei confronti degli Amalechiti, i quali come ben sappiamo erano acerrimi nemici di Israele. La distruzione doveva essere totale! Nessuno doveva scampare. Samuele rivolge due domande estremamente significative a Saul “Perchè dunque non hai tu ubbidito alla voce del Signore? anzi ti sei rivolto alla preda, ed hai fatto ciò che dispiace al Signore?”. Perché talvolta noi agiamo secondo il nostro discernimento? Perché non ubbidiamo al Signore in tutto e per tutto? Le due domande di Samuele giungono come due spade. Non ubbidire al Signore significa provocarGli del dispiacere, del dolore. Ma Saul risponde smentendo addirittura queste domande di Samuele. Egli testimonia di aver ubbidito alla voce del Signore, ma il popolo ha preso il meglio del popolo di Amalec e lo ha risparmiato. Questa era una chiara trasgressione! Ma come si saremmo comportati noi, al posto di Saul? Non è forse vero che la carne ci avrebbe suggerito la stessa cosa? Ma Samuele, dichiara un principio assoluto, un principio che ciascuno di noi deve sempre seguire: l’ubbidienza vale meglio del sacrificio e prestare attenzione vale meglio del grasso dei montoni. Il ritualismo non serve a niente, solo l’ubbidienza ha valore dinanzi agli occhi del Signore.

§§ Quando voi venite per comparir nel mio cospetto, chi ha richiesto questo di man vostra, che voi calchiate i miei cortili? §§ Is 1:12 ð 1 Re 9:4, Ap 6:16. Una domanda estremamente significativa rivolge il Signore al popolo d’Israele. Chi ha richiesto tutto questo al popolo? Perché essi vanno dinanzi al cospetto del Signore caratterizzati da questo stato spirituale? Non si può essere davanti al Signore con superficialità.
1 Re 9:1-5 ð In 1 Re 9, il Signore definisce le benedizioni a Salomone se egli avesse camminato in integrità davanti al Signore. Salomone aveva concluso la costruzione della Casa del Signore, perciò il Signore apparve per la seconda volta a lui, e gli rivolse delle importantissime parole. Il Signore disse “Io ho esaudita la tua orazione e la tua supplicazione, che tu hai fatta davanti a me; io ho santificata questa Casa, la quale tu hai edificata per mettervi il mio Nome in perpetuo; e gli occhi miei, e il cuor mio saranno del continuo là”. Si possono veramente osservare le parole dense di amore che il Signore rivolge a Salomone. Egli lo aveva esaudito, Egli aveva gradito questa Casa, ed il Signore rincuora Salomone sottolineando la Sua cura e la Sua protezione. Ma nello stesso tempo il Signore continua il Suo discorso evidenziando anche la responsabilità di Salomone. Egli, in quanto re e conduttore del popolo d’Israele, doveva camminare dinanzi all’Eterno, in integrità, seguendo l’esempio di suo padre Davide. Davide non fu un uomo perfetto, ma egli amava il suo Dio e soprattutto conosceva nella sua vita l’importanza del pentimento e del ravvedimento. Se Salomone avesse ubbidito al Signore, il suo trono sarebbe stato stabile in perpetuo. Questo sta a significare che l’ubbidienza comporta sempre delle benedizioni. Perciò, perché agire secondo il proprio discernimento?
Ap 6:15-17 ð In Ap 6, viene profondamente evidenziato il terrore dell’uomo nei confronti dell’ira del Signore. Se da una parte è prezioso camminare in integrità dinanzi allo sguardo del Signore, dall’altra è cosa veramente terribile cadere nelle mani dell’Iddio vivente. In questo testo leggiamo che “i re della terra, e i grandi, e i capitani, e i ricchi, e i possenti, ed ogni servo, ed ogni libero, si nascosero nelle spelonche, e nelle rocce dei monti”. Il sesto suggello fu aperto, ci fu un grande terremoto, e i grandi, i piccoli, i potenti, i ricchi, i servi e i liberi si nascosero nelle spelonche. Perché? Perché essi sono soggetti all’ira del Signore, a motivo della loro empietà. Essi desiderano addirittura che i monti cadano loro addosso, pur di nasconderli dall’ira del Signore. Ma chi potrà resistere a Lui? Il popolo d’Israele andava dinanzi al Signore in che maniera? In che modo egli camminava dinanzi al Suo cospetto? Dinanzi a Lui bisogna andarci in integrità, non con il peccato non confessato.
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15/02/2007 12:54
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§§ Quando voi venite per comparir nel mio cospetto, chi ha richiesto questo di man vostra, che voi calchiate i miei cortili? §§ Is 1:12 ð 1 Re 9:4, Ap 6:16. Una domanda estremamente significativa rivolge il Signore al popolo d’Israele. Chi ha richiesto tutto questo al popolo? Perché essi vanno dinanzi al cospetto del Signore caratterizzati da questo stato spirituale? Non si può essere davanti al Signore con superficialità.
1 Re 9:1-5 ð In 1 Re 9, il Signore definisce le benedizioni a Salomone se egli avesse camminato in integrità davanti al Signore. Salomone aveva concluso la costruzione della Casa del Signore, perciò il Signore apparve per la seconda volta a lui, e gli rivolse delle importantissime parole. Il Signore disse “Io ho esaudita la tua orazione e la tua supplicazione, che tu hai fatta davanti a me; io ho santificata questa Casa, la quale tu hai edificata per mettervi il mio Nome in perpetuo; e gli occhi miei, e il cuor mio saranno del continuo là”. Si possono veramente osservare le parole dense di amore che il Signore rivolge a Salomone. Egli lo aveva esaudito, Egli aveva gradito questa Casa, ed il Signore rincuora Salomone sottolineando la Sua cura e la Sua protezione. Ma nello stesso tempo il Signore continua il Suo discorso evidenziando anche la responsabilità di Salomone. Egli, in quanto re e conduttore del popolo d’Israele, doveva camminare dinanzi all’Eterno, in integrità, seguendo l’esempio di suo padre Davide. Davide non fu un uomo perfetto, ma egli amava il suo Dio e soprattutto conosceva nella sua vita l’importanza del pentimento e del ravvedimento. Se Salomone avesse ubbidito al Signore, il suo trono sarebbe stato stabile in perpetuo. Questo sta a significare che l’ubbidienza comporta sempre delle benedizioni. Perciò, perché agire secondo il proprio discernimento?
Ap 6:15-17 ð In Ap 6, viene profondamente evidenziato il terrore dell’uomo nei confronti dell’ira del Signore. Se da una parte è prezioso camminare in integrità dinanzi allo sguardo del Signore, dall’altra è cosa veramente terribile cadere nelle mani dell’Iddio vivente. In questo testo leggiamo che “i re della terra, e i grandi, e i capitani, e i ricchi, e i possenti, ed ogni servo, ed ogni libero, si nascosero nelle spelonche, e nelle rocce dei monti”. Il sesto suggello fu aperto, ci fu un grande terremoto, e i grandi, i piccoli, i potenti, i ricchi, i servi e i liberi si nascosero nelle spelonche. Perché? Perché essi sono soggetti all’ira del Signore, a motivo della loro empietà. Essi desiderano addirittura che i monti cadano loro addosso, pur di nasconderli dall’ira del Signore. Ma chi potrà resistere a Lui? Il popolo d’Israele andava dinanzi al Signore in che maniera? In che modo egli camminava dinanzi al Suo cospetto? Dinanzi a Lui bisogna andarci in integrità, non con il peccato non confessato.

§§ Non continuate più a portare offerte da nulla; i profumi mi sono cosa abominevole §§ Is 1:13 ð 1 Cr 16:29, Ml 2:13, Ap 5:8. Il Signore prosegue la Sua requisitoria contro Israele, utilizzando sempre parole dure e di rimprovero. La Sua presenza è santissima e come stanno dimostrando questi versetti, dinanzi a Lui non ci si può andare con superficialità. Ora, nel v.13 il Signore esorta il Suo popolo a smettere di portare offerte da nulla, cioè che non sono gradite.
1Cr 16:7, 23-29 - Ml 2:1,7-13 ð In 1 Cr 16, possiamo osservare come questo particolare salmo dato da Davide ad Asaf ed ai suoi fratelli, sia denso di profonda lode ed adorazione. Nel testo letto, si può proprio osservare il desiderio di glorificare il Signore e di dare a lui il primo posto, Lui, verso cui tutti gli uomini dovrebbero manifestare un profondo senso di riconoscenza e di adorazione nei Suoi confronti. Egli è il Dio della salvezza, Egli è grande, meraviglioso, infinitamente superiore a tutti i falsi dèi che l’uomo cerca di costruirsi a sua immagine e somiglianza. Egli è circondato di gloriosa magnificenza e di maestà, e queste sono caratteristiche che sono connesse alla Sua gloria. Un giorno noi lo vedremo come Egli è, ma ora non possiamo nemmeno lontanamente immaginare, la Sua gloria e la Sua maestosità. Perciò questo salmo afferma al v.29 “Rendete al Signore la gloria dovuta al suo Nome; Recate offerte, e venite davanti a lui; Adorate il Signore nel magnifico santuario”. Egli ha fatto tutto per noi e continua ad operare in una maniera meravigliosa, perciò è doveroso portare a Lui quelle offerte che però sono gradite a Lui. Quando però tutto questo si trasforma in freddo formalismo, quando cioè manca l’amore verso di Lui, questo desiderio, come si è visto in questo salmo, di adorarLo e glorificarLo, allora le offerte non servono a niente. Israele aveva proprio commesso questo sbaglio. In Ml 2:1, 7-13, il Signore indirizza un preciso messaggio ai sacerdoti di Israele, e in questo messaggio viene precisato come il sacerdote doveva essere per il popolo un punto di riferimento, le sue labbra dovevano conservare la scienza. Ma il Signore deve dire “Ma voi vi siete stornati dalla via, voi ne avete fatti intoppar molti nella Legge, voi avete violato il patto di Levi, ha detto il Signor degli eserciti”. E’ molto triste quando i responsabili, coloro che hanno la funzione di condurre, si sviano dalla giusta via e trasgrediscono ai comandamenti del Signore. Essi sono divenuti vili ed abbietti, in quanto essi non avevano osservato la via del Signore. Come se non bastasse Giuda, si è comportato in maniera disonesta e Israele è divenuto abominevole. Certo che le premesse non sono certo delle migliori: da una parte i sacerdoti che si sono sviati e dall’altra il popolo che si è reso abominevole. Perciò il Signore dichiara “Voi coprite di lagrime, di pianto, e di strida, l'altare del Signore, talchè egli non riguarda più alle offerte, e non riceva più dalle vostre mani cosa alcuna a grado”. Non si può in alcuna maniera ingannare il Signore. Quando vi è il peccato, la ribellione, la disubbidienza, tutto ciò che portiamo al Signore, nel formalismo il Signore non lo gradirà.
Ap 5:6-8 ð In Is 1:13, il Signore non parla solo delle offerte, ma anche dei profumi. E questi profumi erano divenuti una cosa §§ abominevole §§. E’ certamente ben diversa la scena che vediamo in Ap 5. In questo testo, si può osservare un personaggio dalle caratteristiche folgoranti e perfette, l’Agnello, e nello stesso tempo Colui che sedeva sul trono. L’Agnello prende il libro dalla mano destra di Colui che era assiso sul trono ed i quattro animali e i 24 anziani si prostrano in segno di profonda adorazione ed umiltà dinanzi all’Agnello. Ma non soltanto, essi porgono a lui delle coppe piene di profumi che sono le orazioni dei santi e possiamo stare tranquilli che questi profumi erano profumi graditi dal Signore. Ma è doveroso questo atteggiamento, di umiltà, di adorazione, di amore nei confronti di Dio. Ed allora le nostre preghiere saranno come incenso, come profumi che saliranno come un profumo di odore soave.

§§ quant’è alle calendi, ai sabati, al bandire radunanze §§ Is 1:13 ð Nu 29:1, Es 31:13, Ez 20:13, 16.
Nu 29:1-5, Es 31:13 ð Il Signore prosegue in Is 1:13, elencando tre ordinamenti strettamente connessi tra di loro, le cui disposizioni si trovavano nella legge: le calendi, i sabati ed il bandire le radunanze. Per quanto concerne ad esempio le calendi si può osservare il testo di Nu 29:1-5. Proprio all’inizio del capitolo si può osservare la convocazione di un particolare radunamento che doveva avvenire al settimo mese, alle calendi. In quella giornata non doveva essere fatta alcuna opera servile e dovevano essere offerti: un giovenco, un montone, sette agnelli di un anno senza difetto, uniti all’offerta di panatica, e di fiore di farina stemperata con olio, ed inoltre un becco quale sacrificio per il peccato per la purificazione del popolo. Questo è un esempio di come la legge era caratterizzata dalla prescrizione e dallo statuto riguardante date, convocazione di raunanze e via dicendo. Tutto questo si trovava nella legge, ma ancora vale lo stesso principio: quando vi è il peccato ed il formalismo, tutto quello che si fa risulta pula gettata al vento. Anche per quanto concerne il Sabato è doveroso osservare un ulteriore testo cioè Es 31:12-13. E’ il Signore stesso che parla a Mosè, ordinando a Lui di parlare ai figli di Israele esortandolo ad osservare i sabati per l’importanza che aveva questo giorno. Questo giorno era una segnale tra Dio e il Suo popolo e chiunque l’avesse profanato, sarebbe stato giudicato. Ma come si è visto precedentemente osservare il sabato con uno stile farisaico ed ipocrita, non porta assolutamente a niente. Infatti in Ez 30, si può veramente osservare come la profanazione del sabato era strettamente collegata al peccato di idolatria, alla ribellione, e alla disubbidienza della Parola del Signore (Ez 20:13, 16). Ancora risulta sempre più forte il pressante invito dello Spirito del Signore: è meglio l’ubbidienza, anziché il sacrificio. Se noi ci presentiamo davanti al Signore nel giorno della domenica, con il cuore lontano da Lui, con un cuore doppio, ipocrita, potrà il Signore accettare le nostre offerte? Perciò la lezione che traiamo da questi testi, non vale solo per Israele, vale anche per ciascuno di noi.

§§ Io non posso portare iniquità e festa solenne insieme §§ Is 1:13 ð Le 26:40, Ro 6:13 – Am 5:21, 1 Co 5:8.
Le 26:13-15, 19-20, 39-42, Ro 6:13 ð Il Signore è l’Iddio immutabile e coerente a quella che è la Sua volontà. Infatti in Is 1, il Signore stesso esprime un concetto assoluto ed importante: Egli non può tollerare che vi sia da una parte il peccato, l’iniquità e dall’altra parte la festa solenne. E’ doveroso innanzitutto osservare il testo biblico inerente Le 26:13-15, 19-20, 39-42. In questo testo si può osservare che il Signore si presenta come Colui che ha liberato il Suo popolo dalla schiavitù egiziana, ma nello stesso tempo Egli avverte solennemente “se voi non mi ubbidite, e non mettete in opera tutti questi comandamenti; e se sprezzate i miei statuti, e se l'anima vostra sdegna le mie leggi, per non eseguire tutti i miei comandamenti, per annullare il mio patto; io altresì vi farò queste cose”. Cioè, ci sarebbero state delle gravi conseguenze, se Israele avesse disubbidito al Signore. Questo perché, come si osserva dal testo di Isaia, Dio non può tollerare il peccato. Ad esempio, il Signore dichiara che Egli avrebbe disfatto l’alterezza della loro forza, che il cielo sarebbe diventato di ferro e la terra di rame. Quindi, il popolo non avrebbe più goduto delle benedizioni di Dio. E’ proprio quello che succede, fratelli e sorelle, quando noi pecchiamo nei confronti del Signore. Noi veniamo privati di grandi benedizioni e per ricostituire la comunione con Lui è indispensabile il pentimento ed il ravvedimento. Ecco perché, il Signore in Le 26:39-42, sottolinea l’altra faccia della medaglia. Se ci sarà la confessione del peccato, il ravvedimento, l’umiliazione del cuore il Signore avrebbe nuovamente riguardato al patto stabilito con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe. Per ottenere nuovamente le benedizioni di Dio non bisogna fare opere faraoniche, bisogna semplicemente riconoscere il proprio peccato e andare a Lui. Un altro passo molto importante da considerare è Ro 6:12-14. In questo brano l’apostolo Paolo esprime un concetto assolutamente importante: il peccato e la sua signoria devono essere due realtà contrapposte alla vita del cristiano. E’ doveroso rifiutarsi ad ubbidire a quelle che sono le concupiscenze del peccato. Ma Paolo esorta altresì “E non prestate le vostre membra ad essere armi d'iniquità al peccato; anzi presentate voi stessi a Dio, come di morti fatti viventi; e le vostre membra ad essere armi di giustizia a Dio”. Il nostro corpo, tutto il nostro essere deve essere impiegato per la gloria di Dio, le nostre membra devono divenire armi di giustizia a Dio. E questa è una realtà che sempre dobbiamo realizzare. Perciò se da una parte dobbiamo ravvederci e chiedere perdono al Signore quando pecchiamo nei Suoi confronti, dall’altra dobbiamo impegnarci a camminare nella santificazione, perché Dio è luce e in Lui non vi sono tenebre alcune.
Am 5:6, 12, 14-15, 21-22, 1 Co 5:8 ð Il Signore, in Is 1:13, come visto mette in evidenza altresì la §§ festa solenne §§. Un primo passo di approfondimento da osservare è Am 5:6, 12, 14-15, 21-22. In questo testo possiamo osservare che il Signore vivamente il Suo popolo a cercarLo, affinchè possa vivere e nello stesso tempo a scampare dalle conseguenze del castigo di Dio. Il Signore conosceva i misfatti e le iniquità di Israele, in quanto Egli è Onnisciente e precisa che le iniquità di Israele sono molti e gravi. Il Signore non ha favoritismi personali, le Sue diagnosi sono sempre perfette e imparziali. A motivo di questa particolare situazione spirituale, Iddio sottolinea il rimedio: cercare il bene e non il male, odiare il male ed amare il bene. La ripulsione, l’odio che dobbiamo avere verso il peccato non deve mai diminuire. Dobbiamo letteralmente rigettare tutto ciò che viene da Satana ed amare tutto ciò che proviene da Dio. IL Signore infatti, parlando proprio delle feste solenni dichiara “Io odio, io sdegno le vostre feste; e non odorerò più le vostre solenni raunanze. Che se mi offrite olocausti, e le vostre offerte, io non le gradirò; e non riguarderò ai sacrifici da render grazie, fatti delle vostre bestie grasse”, quindi, viene ripetuto lo stesso concetto di Is 1:13. Come può il Signore approvare queste feste, quando vi è il misfatto e l’iniquità? Non è possibile. Il popolo, per ripristinare la comunione con il Signore doveva seguire l’esortazione divina: cerca il bene e non il male, odia il male ed ama il bene. Questo vale anche per ciascuno di noi. In 1 Co 5, l’apostolo Paolo esorta a fare la festa non con vecchio lievito di malvagità, ma con azzimi di sincerità “Purgate dunque il vecchio lievito, acciocchè siate nuova pasta, secondo che siete senza lievito; poichè la nostra pasqua, cioè Cristo è stata immolata per noi. Perciò facciamo la festa, non con vecchio lievito, nè con lievito di malvagità, e di nequizia, ma con azzimi di sincerità e di verità”. Dobbiamo eliminare ogni forma di lievito, dalla nostra vita. Il nostro scopo è riguardare a Cristo, che è la nostra pasqua. Solo se imiteremo Lui potremo stare certi di vivere e di camminare in un progressivo cammino di santificazione.


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17/02/2007 16:16
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§§ L'anima mio odia le vostre calendi, e le vostre solennità; mi sono di gravezza; io sono stanco di portarle §§ Is 1:14 ð 1 Gi 5:3, Gr 15:6 – 2 Te 3:13.
1 Gi 5:1-3 ð In Is 1:14, il Signore ripete nuovamente lo stesso concetto espresso prima: Egli non sopporta più le calendi e le solennità del popolo d’Israele. Queste feste solenni, non erano più quelle feste ordinate dal Signore stesso, ma erano divenute le “loro solennità”, caratterizzate dal formalismo. Ma in più il Signore aggiunge che tutti questi riti erano diventati pesanti, gravi. Ma è doveroso osservare il passo di 1 Gi 5:1-3. L’apostolo Giovanni, in questo testo, esprime molto bene il fatto che ognuno che crede nel Signore Gesù, appartiene a Dio, e nello stesso tempo, noi conosciamo che amiamo Dio quando osserviamo i suoi comandamenti. Ma come sono i suoi comandamenti? Sono forse pesanti, oppressivi? Giovanni afferma “Perciocchè questo è l'amore di Dio, che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravi”. Il popolo d’Israele presentava al Signore qualcosa che non soltanto Iddio non sopportava più, ma che era divenuto troppo pesante. Al contrario, i comandamenti del Signore sono tutt’altra cosa. Il giogo del Signore è dolce ed il Suo carico è leggero. Nessuno di noi può affermare che servire il Signore sia un qualcosa di oppressivo e troppo grave. Osservare i suoi comandamenti risulta essere la conseguenza e la dimostrazione dell’amore che abbiamo nei Suoi confronti. E stiamo certi che il Signore gradirà un servizio con queste caratteristiche.
Gr 15:1, 5-6 ð Il Signore, non dichiara soltanto in Is 1:14 che ciò che offriva il popolo era pesante e grave, ma sottolinea anche il fatto che Egli è stanco di portare tutto questo. Questa immagine è un antropomorfismo, in quanto lo Spirito del Signore ha utilizzato un immagine “umana”, per farci comprendere ciò che sta accadendo. In Gr 15:1, 5-6, il Signore si rivolge duramente al popolo d’Israele evidenziando lo stato spirituale nel quale si era venuto a trovare. Il Signore dichiara che anche se Mosè o Samuele, si presentassero davanti a Lui (e sappiamo come Mosè e Samuele siano stati due uomini di Dio potentemente utilizzati dal Signore), pure il Signore non avrebbe riguardato con favore Israele. Perciò il Signore nel v.5, dichiara due domande molto significative : chi avrà pietà di Gerusalemme? Chi l’avrebbe compianta? Chi si preoccuperebbe di lei? Israele aveva numerose volte dispettato il Signore e provocato, perciò Egli dichiara “Tu mi hai abbandonato, dice il Signore, e te ne sei ita indietro; io altresì stenderò la mano sopra te, e ti distruggerò; io sono stanco di pentirmi”. Anche qui troviamo lo stesso termine. Israele è stato numerose volte disubbidiente ed il Signore ha dato dimostrazione molte volte di misericordia e pietà, ma ora Egli sentenzia il giudizio su Israele: Dio è stanco di pentirsi, stanco di questo popolo che continua a ribellarsi a Lui. Domandiamoci fratelli e sorelle, se anche noi con il nostro atteggiamento nella vita di tutti i giorni “stanchiamo” il Signore, nel senso che mettiamo troppo alla prova la Sua misericordia e pietà. Stiamo attenti perché nessuno si può beffare di Dio. In 2 Te 3, l’apostolo Paolo mette in guardia intorno ad alcuni che camminavano in maniera disordinata “Imperocchè intendiamo che fra voi ve ne sono alcuni che camminano disordinatamente, non facendo opera alcuna, ma occupandosi in cose vane”. Ma nello stesso tempo egli esorta a non stancarsi di fare il bene. Se noi camminiamo disordinatamente saremo privati delle benedizioni di Dio, ma se costantemente ubbidiamo a Lui e non ci stanchiamo di compiere quelle opere che Dio ha precedentemente preparate per ciascuno di noi, godremo di una meravigliosa salute spirituale. Ma fare il bene, significa farlo non per una sorta di ritualismo o per freddo dovere, ma per glorificare il Signore. Questo deve essere il nostro scopo.

§§ Perciò, quando voi spiegherete le palme delle mani, Io nasconderò gli occhi miei da voi §§ Is 1:15 ð Sl 143:6, De 31:17 – Mi 3:4.
Sl 143:3-6 ð In Is 1:15, il Signore evidenzia un atteggiamento che era comune nel popolo di Israele, quando si accingeva a pregare. Gli israeliti spiegavano le palme delle loro mani, oppure le alzavano. Ma il problema è che anche utilizzando questo atteggiamento così apparentemente pio e santo, il Signore nasconderà i Suoi occhi da loro. Nel Sl 143:3-6, il salmista Davide mostra tutt’altro atteggiamento. Egli, pregando a Dio, notifica a Lui che il suo nemico perseguita la sua anima, lo fiacca e lo fa venire meno. Addirittura il suo stato interiore è talmente leso che testimonia che il suo spirito spasima in lui e il suo cuore è smarrito. Era veramente una situazione infelice per Davide. Ma egli manifesta chiaramente quello che è il suo desiderio “Io spiego a te le mie mani; L'anima mia è intenta a te, come terra asciutta”. Anche Davide spiega le sue mani, ma quale differenza di disponibilità di cuore vi è tra lui e l’Israele di Is 1. Egli afferma che la sua anima brama, desidera il Signore, come la terra asciutta desidera l’acqua. Egli è “assetato” del Signore. Abbiamo noi, fratelli e sorelle, questo desiderio quando preghiamo Dio? Le nostre preghiere sono rivolte a Lui, perché “bisogna farlo”, oppure perché desideriamo ardentemente colloquiare con Lui, avere comunione con il Signore? Con questa disponibilità di cuore, il Signore, certamente, ascolterà ciò che noi vogliamo dirGli.
De 31:16-20, Mi 3:1-2, 4 ð In questo testo di De 31, il Signore avverte solennemente Mosè ed il popolo d’Israele. Ormai Mosè stava per terminare la sua vita su questa terra, ma prima Iddio gli dichiara che il popolo d’Israele peccherà gravemente di fornicazione spirituale, abbandonerà il Signore e romperà il patto stipulato con Lui. Non erano certamente le parole che Mosè si sarebbe aspettato di ascoltare. Ma il Signore non nasconde mai la verità. Perciò dichiara il Signore “E in quel giorno l'ira mia si accenderà contro a lui, e io l'abbandonerò, e nasconderò da lui la mia faccia, e sarà consumato; e gran mali ed angosce gli avverranno; e in quel giorno egli dirà: Questi mali non mi sono eglino avvenuti perchè il Signore non è nel mezzo di me?”. Come Israele si comporterà, così il Signore agirà di conseguenza. Egli nasconderà la sua faccia e manifesterà la sua giusta ira nei confronti del popolo. Perciò il Signore ordina che si scriva un cantico da insegnare al popolo, in quanto Israele, quando entrerà nella terra promessa si rivolgerà ad altri dèi. Che tristezza! Invece di glorificare il Signore per le Sue meravigliose opere, lo tradirà in maniera vergognosa. E noi, ringraziamo sempre il Signore per tutto ciò che compie in favore nostro? Oppure talvolta, il nostro cuore è occupato da qualcosa o qualcuno che usurpa il posto che spetta soltanto al Signore? Egli deve sempre avere il primato nella nostra vita. In Mi 3:1-4, il Signore si rivolge ai capi e ai conduttori del popolo d’Israele evidenziando, in forma di domanda, che proprio loro dovevano conoscere ciò che era giusto e diritto. Ma invece di insegnare la giustizia e l’integrità, essi odiavano il bene ed amavano il male, pensando solo ai loro interessi. Quindi, come si dovrà comportare il Signore? Egli nasconderà la Sua faccia da loro, essi grideranno ma non vi sarà risposta da parte del Signore, perché hanno operato con malvagità. E’ un testo assolutamente solenne e grave! Anche nella chiesa del Signore e nelle varie assemblee locali, sono costituiti degli anziani che hanno l’importante compito di pascere il gregge, di curarla e di insegnare ciò che il Signore vuole da ciascuno di noi. Che questo sia sempre l’obiettivo di ogni anziano, così come tutti devono avere l’obiettivo di piacere al Signore e di camminare come Lui vuole.

§§ eziandio, quando moltiplicherete le orazioni, io non le esaudirò; le vostre mani sono piene di sangue §§ Is 1:15 ð 1 Sa 1:12 – Ro 15:30, De 3:26 – Gr 11:14. Il Signore, non soltanto afferma che Egli nasconderà i Suoi occhi, quando il popolo andrà davanti a Lui con le palme spiegate, ma precisa che anche se ci fossero molteplici preghiere, nessuna di queste sarà mai esaudita. Il motivo è che le mani che si spiegano a Lui, non sono pure, ma sono piene di sangue, di peccato.
1 Sa 1:9-16, Ro 15:30-31 ð In 1 Sa 1:9-16, al contrario, possiamo osservare un bellissimo esempio identificato in una donna che prega al Signore. Questa donna è Anna, la quale avendo l’animo tribolato ed amareggiato, piangendo molto, pregava il Signore, presentandoGli una richiesta ben precisa. Ella con umiltà si presenta come serva del Signore e nello stesso tempo chiede a Dio un figlio maschio. Certamente questa donna stava soffrendo molto a motivo del fatto che non aveva figli. Ma nello stesso tempo, Anna si impegna davanti al Signore, che suo figlio sarà donato a Lui per tutto il tempo della sua vita e nessun rasoio passerà sopra il suo capo. Ed ecco che interviene un'altra persona: Eli, il sommo sacerdote, il quale non discerne assolutamente cosa stava succedendo, in quanto la sua valutazione è completamente errata: pensava che Anna fosse ubriaca. Quante volte noi ci arroghiamo il diritto di formulare dei giudizi e poi questi giudizi sono completamente sbagliati! Non comportiamoci come Eli. Anna rispondendo ad Eli, non lo attacca dicendo “Guarda che hai completamente sbagliato valutazione, pensaci bene prima di lanciare un giudizio”. Anna, con molta semplicità, lo chiama “signor mio”, e si identifica come una donna tribolata nello spirito, addolorata e testimonia dicendo “spando l’anima mia davanti al Signore”. Ci comportiamo noi sempre allo stesso modo? Oppure, talvolta le nostre preghiere, divengono formali, rituali come succedeva ai tempi del profeta Isaia? Quando ci presentiamo davanti al Signore, anche noi dovremmo “spandere la nostra anima”, cioè dare luogo a tutto ciò che è il nostro stato interiore: sia esso allegro, felice, sia esso addolorato e tribolato. Anna si trovava in questa seconda condizione. Anna ed Eli si congedano, e al v.20 troviamo un qualcosa di meraviglioso, l’ esaudimento della preghiera di Anna “E al termine del tempo, dopo che Anna ebbe concepito, ella partorì un figliuolo, e gli pose nome Samuele; perciocchè disse ella, io l' ho chiesto al Signore”. E noi sappiamo, dalla Parola di Dio, che personaggio fu Samuele, un uomo di Dio, un profeta fedele, un uomo consacrato al Signore. Quando si ha questa disposizione d’animo, e naturalmente quando si chiede in armonia con la volontà di Dio, sicuramente il Signore risponderà positivamente alle nostre preghiere. Inoltre in Ro 15:30-31, Paolo parla di un’altra realtà che è connessa alla preghiera: il combattimento. Egli esorta i cristiani di Roma a combattere insieme con lui, nella preghiera, affinchè l’apostolo sia liberato dai ribelli che sono nella Giudea. Ma chiediamoci, se una preghiera è formale, priva di quella disposizione di cuore che necessita, ci potrà mai essere il combattimento della preghiera? Impariamo da Anna, e soprattutto dal Signore Gesù, il modo in cui Egli pregava dinanzi al Padre.


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