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Gv 10,30

Ultimo Aggiornamento: 08/02/2007 11:33
07/02/2007 11:43
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Le parole di Giovanni 10, 30 , sono citate per affermare l’unità di essenza, sostanza e natura del Padre e del Figlio, nell’unico Dio della Trinità.
E’ vero che, prendendo le parole di Giovanni 10, 30 così come sono, la conclusione più immediata è quella secondo cui Padre e Figlio sono la stessa Divinità!
Tuttavia, abbiamo l’obbligo morale di investigare le Scritture secondo il loro contesto generale, per vedere come stanno realmente le cose, altrimenti si rischierebbe di creare un Dio secondo la propria immaginazione, piuttosto che conoscerLo per quello che realmente è, o per come Egli si presenta attraverso le Pagine ispirate.
In questa investigazione, una cosa che deve trasparire è la coerenza con il resto delle Scritture.

Giovanni (14, 8-10 TILC) dice: “Filippo gli chiese: Signore, mostraci il Padre: questo ci basta. Gesù rispose: Filippo, sono stato con voi per tanto tempo e non mi conosci ancora? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: mostraci il Padre? Dunque non credi che io vivo nel Padre e il Padre vive in me? Quel che dico non viene da me; il Padre abita in me, ed è lui che agisce.”
Seguendo il principio dell’esame contestuale, vediamo che Gesù aveva appena finito di dire a Tommaso che egli è la via, e che solo per mezzo di lui si va al Padre (v.6): Gesù è la Via, l’unica vera via; perché le altre possono sembrare giuste, ma alla fine risultano la via della morte (Ger 21, [SM=g27989]. Il Padre è invece la meta. “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”: questo mostra la necessità della mediazione di Gesù, affinché in lui, Dio e l’uomo si incontrino e siano uniti in un rapporto di filiazione.

Così, Gesù parla di suo Padre definendolo il fine. “Se m’aveste conosciuto nel modo giusto, avreste conosciuto anche mio Padre; e fin da ora, mediante la gloria che avete visto in me e la dottrina che vi ho insegnato, lo conoscete, e l’avete veduto” (v.7). Qui abbiamo un tacito rimprovero per la loro lentezza e noncuranza nel cercare di conoscere Gesù Cristo, infatti, pur essendo stati suoi seguaci e amici, Gesù disse loro: ‘Se m’aveste conosciuto’.
In sostanza, lo conoscevano, ma non così bene come avrebbero dovuto.

Poi, parlando del Padre, dice: ‘Lo conoscete, e l’avete veduto’, proprio come conoscete me e avete visto me. (v.7) Nel volto di Cristo, infatti, vediamo la gloria di Dio, come in un figlio vediamo la somiglianza con il padre.
In qualità di Via che conduce al Padre, Cristo aveva non solo parlato delle meravigliose qualità del Padre suo, facendoLo conoscere indirettamente, ma aveva anche mostrato con le sue proprie azioni e con le sue opere miracolose, l’attività che il Padre compiva nel Figlio, attraverso il suo santo Spirito.

Una cosa è la via, altra cosa è la meta: un’entità era dunque il Figlio, altra entità era il Padre suo. Il Figlio era impegnato nel rendere testimonianza intorno al suo Dio e Padre, mentre il Padre si mostrava al mondo attraverso il Figlio, il quale faceva e diceva solo ciò che il Padre gli ordinava: “non faccio nulla per conto mio; io dico ciò che mi ha insegnato il Padre”. (Gv 8, 28 TILC)
L’espressione “Chi ha visto me ha visto il Padre”, non è dunque una prova biblica attestante il fatto che Gesù era il Padre incarnato, o lo stesso Dio, altrimenti questa spiegazione cozzerebbe con le parole di Giovanni 1, 18 che sostiene: “Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere”. (TILC)
La vicinanza spirituale, il rapporto di filiazione, l’unità descritta dall’espressione:‘ io vivo nel Padre e il Padre vive in me’, è ciò che permetteva a Cristo di sentire in sé la presenza del Padre attraverso la potenza dello Spirito santo e ‘mostrare’ il Padre a coloro che aprivano l’intendimento al messaggio del vangelo di Cristo, affinché il Padre vivesse anche in loro. Così il Padre diviene come ‘visibile’, grazie alle opere compiute da Cristo, e alla conoscenza del Padre che ha trasmesso al mondo.

Interessante notare che Gesù non dice “tu sei me”, ma “tu sei in me”; non dice “io sono te”, ma “io sono in te”. Si tratta dunque di unione di vivere l’uno dell’altro, come Cristo e il cristiano.
“Io vivo unito al Padre, e voi uniti a me e io a voi”(Gv 14, 20) , una sorta di legame spirituale, un’unione non fisica, (altrimenti i discepoli diverrebbero parte di una Trinità formata da Padre, Figlio e Discepoli), ma un’unione di volontà, così la volontà dell’uno è la volontà dell’altro, l’amore dell’uno è l’amore dell’altro, le parole dell’uno sono le parole dell’altro, e insieme divengono “uno”, un solo progetto.
Questa ‘unione’ o ‘unità’, è suggellata dall’amore, così che nell’amore Dio è in Cristo e noi, uniti a Cristo, siamo in Dio: “Dio è amore, e chi vive nell’amore è unito a Dio, e Dio è presente in lui”. (1Gv 4, 16 TILC)
“Dio ha manifestato così il suo amore per noi; ha mandato nel mondo suo Figlio, l’Unico, per darci la vita.”(4,9) D’altro canto, “noi abbiamo capito che cosa vuol dire amare il prossimo, perché Cristo ha dato la sua vita per noi”(3,16), “infatti l’amore di Cristo ci costringe” a manifestare apprezzamento per questo grande gesto d’amore e a ricambiare l’amore di Dio e del suo Cristo, affinché “al di sopra di tutto ci sia sempre l’amore, perché è soltanto l’amore che tiene perfettamente uniti”.(Col 3, 14 TILC)

Così, come l’amore legava il Padre al Figlio, tanto da far dire a Gesù: “Io e il Padre siamo una sola cosa”,(Gv 10, 30 TILC) questo stesso amore indusse il Figlio a chiedere al Padre in preghiera: “Fà che siano tutti una cosa sola: come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi. Così il mondo crederà che tu mi hai mandato. Io ho dato ad essi la stessa gloria che tu avevi dato a me, perché anch’essi siano una cosa sola come noi: io unito a loro e tu unito a me. Così potranno essere perfetti nell’unità, e il mondo potrà capire che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me”. (17, 21-23 TILC)
Sempre a sostegno di un’unità di intenti esistente tra Padre e Figlio, l’apostolo Giovanni nel suo Vangelo riporta una delle illustrazioni con cui Gesù era solito parlare ai suoi ascoltatori. Si legge: “Gesù disse ancora: «Io sono la vera vite. Il Padre mio è il contadino. Ogni ramo che è in me e non dà frutto, egli lo taglia e getta via, e i rami che danno frutto, li libera da tutto ciò che impedisce frutti più abbondanti… Rimanete uniti a me, ed io rimarrò unito a voi. Come il tralcio non può dar frutto da solo, se non rimane unito alla vite, neppure voi potete dar frutto, se non rimanete uniti a me. Io sono la vite. Voi siete i tralci. Se uno rimane unito a me e io a lui, egli produce molto frutto; senza di me non potete far nulla».” (Gv 15, 1-5 TILC)

Come mostrano queste parole, ancora una volta Gesù parla di unità, un’unità ‘trinitaria’, non nel senso dottrinale, ma in quanto vede uniti in senso spirituale il Figlio al Padre e i discepoli al Figlio, uniti nel far crescere la ‘vigna’ del Signore.
Interessante è il modo in cui Gesù illustra la cosa ai suoi discepoli, gente comune e semplice: egli si paragona a una pianta di vite, alla quale i suoi discepoli sono attaccati come se fossero i tralci. Un’adesione, un’unità che li lega spiritualmente, al punto da renderli ‘uno’, come ‘uno’ è il Padre col Figlio.
L’unione esistente tra Padre e Figlio, non è da intendersi secondo la spiegazione della dottrina trinitaria, poiché, come spiega la stessa illustrazione di Gesù, lui e il Padre sono due cose distinte e diverse, come distinti e diversi tra loro sono Gesù e i suoi discepoli: il Figlio è la vite, mentre il Padre è il contadino. E’ il contadino che pianta la vite e ne ha tenera cura. Così, dunque, come la vite è subordinata al contadino, allo stesso modo Gesù era ed è subordinato al Padre suo. Gesù usava questo linguaggio semplice perché trattava con persone semplici e illetterati, e si serviva di semplici illustrazioni per aiutarli a capire ancora meglio, piuttosto che occultare il mistero intorno a Dio.
Egli è stato inviato dal Padre allo scopo di rendere testimonianza alla verità. Non poteva dunque parlare loro in modo ambiguo.

Cosa capirono, ad esempio, i suoi discepoli, quando, dopo aver detto loro l’illustrazione di cui sopra, aggiunse le parole che possiamo leggere al verso 10: “Se metterete in pratica i miei comandamenti, sarete radicati nel mio amore; allo stesso modo io ho messo in pratica i comandamenti del Padre mio e sono radicato nel suo amore.”
Parole semplici, per persone semplici. Nella sostanza, Gesù stava spiegando cos’è l’unità che esiste tra Padre e Figlio, esplicandola come un radicamento nel suo amore: l’amore ci rende ‘uno’, uniti nella manifestazione e nella testimonianza di ciò che realmente è Dio. E “Dio è amore”! (1 Gv 4, 8 TILC)
Cosa avrebbero capito, inoltre, della relazione tra Padre e Figlio, coloro ai quali Gesù diceva che dovevano ubbidire ai suoi comandamenti, così come egli stesso aveva ubbidito e messo in pratica i comandamenti del Padre suo?
Senza dubbio, avrebbero compreso ciò che effettivamente dicono le parole pronunciate dal Signore Gesù: quale Figlio ubbidiente nel fare la volontà del Padre, egli era a Lui subordinato e sottomesso, praticando nella sua vita i comandamenti che il Padre gli aveva dato. Le Scritture hanno rivelato, dunque, il senso delle parole di Cristo, così che egli è «uno» col Padre, proprio come noi siamo «uno» con Cristo.

Il teologo Hans Küng , ebbe a dire che “il detto continuamente citato «Io e il Padre siamo una cosa sola»…non designa un’unità mistica tra Dio e il suo Cristo, ma un’unità di volontà, di azione e di rivelazione dell’uomo Gesù con Dio, del Figlio con il Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre».
Gesù viene quindi compreso adeguatamente soltanto quando lo si concepisce come un appassionatamente convinto inviato e indicatore in spirito profetico, come l’Unto di Dio (Messia, Cristo)”.
Un esempio biblico che fa di due persone “una cosa sola”, è quello di Paolo ai Corinti. Egli scrive: «Io ho piantato, Apollo ha innaffiato, ma Dio ha fatto crescere. Ora, colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa ».
La parola greca che l’apostolo Paolo usa per dire ‘una medesima cosa’ è “hen”, termine neutro che letteralmente sta per “una cosa”. Questo termine è lo stesso usato da Cristo quando dice “io e il Padre siamo uno” o “una sola cosa”.
Un altro esempio chiarificatore, lo troviamo sempre nella lettera ai Corinti, dove Paolo dice: “Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo…Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? Ci son dunque molte membra, ma c’è un unico corpo.”
La Chiesa di Cristo è formata da molte membra, da molte persone, ciascuno dei quali ha la sua storia, la sua vita, il suo ruolo, la sua esperienza, il suo carattere. Eppure, benché distinti e diversi l’uno dall’altro, i componenti della Chiesa formano un solo corpo, sono “uno” in Cristo. Questa unità esistente in Cristo, rende i discepoli “membra del corpo di Cristo”, così che formano “un solo corpo”, e tutti diventano “uno” in Cristo Gesù.

E’ sulla base di questo concetto unitario in senso spirituale, che Cristo si espresse dicendo d’essere “uno” col Padre.
In realtà, benché Gesù e Dio siano distinti e diversi, uno è Padre e l’altro è Figlio, uno è Ingenerato, l’altro è generato, uno è maggiore, l’altro è inferiore, … sono comunque “una cosa sola” in quanto a volontà e obiettivi. Per questo Gesù disse: “io e il Padre siamo uno”!

Emmaus@
08/02/2007 10:55
Post: 15
Registrato il: 30/01/2007
Utente Junior
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Pace del Signore!
Owwiamente non concordo con mezza parola da te espressa.
In quanto trinitario.
Penso sia opportuno, cosa che tu non fai, e' esaminare le parole di Gesu' avendo ben chiaro il concetto di incarnazione del Figlio.
Perdonami, ma Colui che e' Vero UOMO ma INFINITAMENTE DIO, parlava di se in modo che chi ascoltasse potesse: PRIMO, capire e SECONDO trovare in Lui l'esempio perfetto.
Il Figlio di Dio e' Dio, l'Uomo Gesu', il Cristo e' la Via.

Cosi' come per la preghiera sacerdotale, o il Padre Nostro, o l'episodio della croce...tutti momenti in cui l'uomo Gesu' si propone come esempio perfetto...Pur restando DIO, anzi "non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente" Fil 2:5

Egli resta comunque il Figlio incarnato, Vero Uomo e Vero Dio.
cosi come troviamo scritto:
Tito 2:13 aspettando la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù.
Romani 9:5 ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!
I Giov 5:20 Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna.

Da come esponi le cose sembra che ti abbiano insegnato che Il Figlio di Dio, sia Uguale a Dio nel senso di SIMILE...stessi scopi, stessi obiettivi stessi pensieri...ma due bicchieri simili possono esistere ma Due DEI simili e' politesimo.
Allora il Figlio assume una posizione subordinata...
...ma il SUBORDINAZIONISMO e' gia' stata considerata un eresia molti centinaia di anni fa.
...Efesini 4:15 "ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo."
08/02/2007 11:33
Post: 14
Registrato il: 18/01/2007
Utente Junior
OFFLINE
Mi dispiace se la pensi così.
Ti invito a rileggere le Scritture, spogliando la tua mente e il tuo cuore dagli indottrinamenti dogmatici e dai concetti già preconfezionati che si trovano nelle religioni.
In tal caso, è probabile che il messaggio biblico ti apparirà nella sua limpidezza.
In quanto ai tuoi riferimenti "persuasivi", nelle apposite sezioni troverai la mia risposta.

Saluti in Cristo Redentore

Emmaus@
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