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Padri della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2007 14:45
09/02/2007 23:37
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Riferendomi ad un altro post in cui BarnabaII asserisce il trinitarismo dei primi Padri, approfitto per menzionare di seguito alcuni dei Padri (tra i quali alcuni da lui menzionati), che a mio avviso sostengono un unitarismo subordinazionista.

Comincio con Giustino Martire.
Per lui il Logos è innanzi tutto il mediatore tra Dio e gli uomini, il rivelatore del Padre e della sua volontà. Dio comunica con il mondo soltanto attraverso questo suo intermediario. Nelle relazioni tra Logos e Padre, Giustino sembra propendere per il subordinazionismo. Per Giustino infatti, “il Logos è diventato una persona divina, ma subordinata al Padre”. Egli esprime la distinzione delle due persone divine e la subordinazione del Figlio rispetto al Padre, con espressioni come i seguenti stralci delle sue due importanti opere: “Le due Apologie”, e “Dialogo con Trifone”.

•«Quanti infatti affermano che il Figlio è il Padre, sono rimproverati di non conoscere il Padre, e di non sapere che il Padre dell’universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio».

•«Troviamo scritto che è Figlio di Dio, e quando diciamo che è Figlio, comprendiamo che lo è e che è proceduto prima di ogni creatura dalla potenza e dalla volontà del Padre suo».

•«E perché, cambiando il senso delle parole citate, non abbiate a dire quello che sostengono i vostri maestri, cioè o che Dio ha detto “facciamo” tra sé e sé … oppure che Dio ha detto “facciamo” rivolto agli elementi – la terra e gli affini – da cui sappiamo l’uomo è stato tratto, vi riporterò le parole dette da Mosè dalle quali possiamo incontestabilmente ricavare che Dio si rivolse "ad uno numericamente distinto da lui". Si tratta di queste parole: ‘Dio disse: Ecco Adamo è diventato come uno di noi’. Orbene, dicendo 'come uno di noi' ha indicato una pluralità di esseri in reciproca relazione, come minimo due. Non che voglia dire che Dio si rivolgeva agli angeli. E' invece questo rampollo, veramente emesso dal Padre prima di tutte le creature, che era presente con il Padre, ed è a lui che il Padre si rivolge, poichè proprio lui era stato generato da Dio come principio prima di tutte le cose e come rampollo, che Salomone chiama Sapienza».

•«Vi è cioè, e vien detto esserci, un Dio e Signore diverso dal creatore di tutte le cose, che è chiamato anche angelo per il fatto che annuncia agli uomini ciò che vuole annunciare loro il creatore di tutte le cose, al di là del quale non c’è altro Dio … E’ un altro Dio rispetto a quello che ha fatto tutte le cose, un altro, intendo, per numero, non per distinzione di pensiero. Egli infatti non ha mai fatto nulla se non quello che il creatore del mondo, al di sopra del quale non c’è altro Dio, ha voluto che facesse o dicesse».

Il concetto di Giustino intorno a Cristo è sufficientemente chiaro, già solo da queste citazioni. Il Figlio è un’ipostasi distinta dal Padre, avente un’esistenza reale, sostanziale, individuale separata da Dio, da cui egli traeva tutti i suoi poteri e titoli, essendo stato posto sotto di lui e soggetto in ogni cosa alla sua volontà. Il Padre è supremo, il Figlio è subordinato; il Padre è la fonte della potenza, il Figlio la riceve; il Padre dà origine, il Figlio, come suo ministro o strumento, esegue. Sono due di numero, ma concordano, o sono uno, nella volontà; per il Figlio prevale sempre la volontà del Padre.

Quando egli dice, ad esempio: “Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio”, o quando usa l’espressione: “un Dio e Signore diverso dal creatore”, oppure ancora: “E’ un altro Dio rispetto a quello che ha fatto tutte le cose”, non sta proclamando il politeismo. Tanto è vero che, dopo aver parlato di Cristo come un Dio, diverso dal Dio Creatore, dice di quest’ultimo: “al di là del quale non c’è altro Dio”.

Da questo si comprende che, benché definisse Gesù ‘Dio’, l’unico vero Dio per Giustino era il Creatore, l’Ingenerato, il Padre. A Cristo veniva giustamente accordato l’appellativo “Dio”, per la ragione che era stato generato dal solo e unico vero Dio, il Padre. D’altro canto, definire il Padre come “solo vero Dio” non rende Cristo un ‘falso dio’. Su questo argomento, però, ci ritorneremo più avanti.

Scusa se non ho riportato le fonti delle citazioni, ma era solo per una questione di tempo. Semmai ti interessasse sapere la fonte di una particolare citazione, dimmelo, sarò felice di dartela!

Saluti

Emmaus@
09/02/2007 23:42
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Un altro Padre su cui desidero scrivere è Ireneo di Lione.
Per Ireneo, Cristo è il secondo Adamo, colui che riconcilia l’umanità con Dio. E benché sotto certi aspetti equipara il Figlio al Padre, tuttavia considera il Figlio subordinato a Dio Padre. Alcune sue affermazioni a tal proposito, sono:

•“ La Chiesa diffusa in tutta la terra fino alle sue contrade, dagli Apostoli e dai loro discepoli ricevette questa fede: un solo Dio Padre onnipotente creatore del cielo della terra, del mare e di tutto ciò che è in essi; un unico Gesù Cristo Figlio di Dio incarnatosi per nostra salvezza”.

•“Il Padre sta al di sopra di tutte le cose: «Il Padre, dice, è maggiore di me». (Gv 14, 2[SM=g27989]. Che il Padre sia superiore quanto a gnosi l’annunciò nostro Signore”.

•“Il nome di Cristo, infatti, presuppone uno che unse, uno che è unto e l’unzione stessa; chi unse è il Padre, l’unto è il Figlio (che è unto) per mezzo dello Spirito che è l’unzione”.

•E così si manifesta il Padre che è sopra tutti e opera per mezzo e in mezzo a tutti. Sopra tutte le cose è il Padre ed è il capo di Cristo (1 Cor 11, 3).

•“Nessun altro dunque, …è chiamato Dio o Signore all’infuori di Colui che è veramente Dio e Signore. E’ lui appunto che disse a Mosé: «Io sono colui che sono» e aggiunse: «Così dirai ai figli d’Israele: Colui che è mi ha inviato a voi» (Es 3, 14). Allo stesso modo è chiamato Dio il Figlio di lui Gesù Cristo Signor nostro che rende figli di Dio coloro che credono nel suo nome (Gv1,12)”.

Ireneo specifica la subordinazione del Figlio rispetto al Padre, quando ad esempio cita Paolo, che dice: ‘il Padre è il capo di Cristo’.
Nell’ultima citazione, notiamo che Ireneo, dopo aver detto che nessun altro è chiamato Dio, all’infuori di Colui che è veramente Dio – con riferimento al Padre – aggiunge che “allo stesso modo è chiamato Dio il Figlio di lui”.

Emmaus@
09/02/2007 23:47
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In quanto a Tertulliano, è vero, come già scrissi in precedenza, che fu il primo a usare il termine latino trinitas, con il quale definiva le tre persone distinte del Padre, Figlio e Spirito santo, accomunate dalla stessa sostanza, ma non parla mai di tre persone coeguali o coeterne; fu successivamente, e soprattutto nel corso dei concili, che la sua tesi venne elaborata, così da utilizzare lo stesso termine latino coniato da Tertulliano, trinitas, ma con un nuovo significato, quello di ‘Dio uno e trino’ , le cui persone sono allo stesso tempo uguali in tutto: in potenza, in eternità, in sostanza. Tertulliano invece, pur affermando l’unicità di Dio, ne ribadisce la distinzione tra Padre e Figlio. Quando infatti analizza il prologo giovanneo, afferma chiaramente che uno è la Parola di Dio e uno è Dio: un ‘altro’ e ‘non lo stesso’.

Cristo significa ‘unto’, e sulla scorta della Scrittura, Tertulliano dimostra che il Figlio è il vero unto dal Padre. Anche Paolo parla di Cristo, ma sempre in riferimento a Gesù, mai al Padre: Cristo è Gesù.

Secondo Tertulliano, quando in punto di morte Gesù grida: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? ” (Mt 27, 46), è chiaro che è il Figlio che si rivolge al Padre, non viceversa . Quando il Figlio muore, egli è risuscitato dal Padre. Tertulliano sottolinea la preminenza del Padre rispetto al Figlio, che è secondo ed allo Spirito, che è terzo. Il Padre è colui che genera il Figlio e che crea il mondo per mezzo di lui; il Figlio conosce il Padre intimamente, perché è della stessa sostanza, cioè di Spirito. Ciò che sia lo Spirito per Tertulliano, non è molto chiaro; sebbene il suo obiettivo è quello di dimostrare che il Padre ed il Figlio sono distinti, il termine Spiritus compare più volte con significati diversi. In alcuni passaggi Spiritus è fatto coincidere con la Parola, il Figlio di Dio, in altri è la materia della sostanza divina, in altri ancora sembra che lasci intendere una terza persona.
I termini graduus, formae, species, mutati dalla filosofia, sono utilizzati da Tertulliano per spiegare in che modo l’unica sostanza si differenzi nelle singole persone.

•“Io e il Padre” è indicazione di due e che poi alla fine della frase “siamo” non può essere detto da parte di uno solo perché viene usato al plurale; e infine è detto che “siamo una cosa sola”, non siamo “uno solo” … dicendo dunque: “Io ed il Padre siamo una cosa sola” dimostra che sono due coloro che uguaglia e unisce.

•“Il solo fatto che si dicano Padre e Figlio non è la dimostrazione che sono una cosa diversa dall’altra? Certamente tutte le cose come son chiamate saranno chiamate; e la diversità dei termini non può assolutamente confondersi, perché non lo può la diversità delle cose che hanno quei termini”.

•Il legame del Padre nel Figlio e del Figlio nel Paracleto fa tutti e tre congiunti, uno derivante dall’altro. E questi tre sono una cosa sola, non uno solo, nel senso in cui fu detto “Io ed il Padre siamo una cosa sola”, riguardo all’unità di sostanza, non alla singolarità del numero.

•Noi diciamo che Dio ha reso manifesto questo spirito, e manifestandolo l’ha generato, e per questo è detto figlio di Dio e Dio, a cagione dell’unità della sostanza; perché anche Dio è spirito.

•Noi invece diciamo, e lo diciamo apertamente,e lo gridiamo quando siamo lacerati dalle vostre torture e sanguinanti: Adoriamo Dio per mezzo di Cristo. Ritenetelo pure un semplice uomo: non potete negare che è per mezzo suo che Dio ha voluto essere conosciuto ed adorato.

•Il Cristo non potrebbe essere chiamato uomo se non in virtù della carne, né figlio dell’uomo senza un qualche genitore umano, così come non potrebbe essere Dio senza lo Spirito di Dio, né Figlio di Dio senza Dio Padre.

•Prendi dunque in esame il salmo ventuno, e ascolta il Signore che parla con Dio Padre: «Poiché sei tu che mi hai strappato dal grembo di mia madre». Questo è il primo passo. «Spero in te da quando mi nutro al seno di mia madre; sulle ginocchia sono stato gettato, dopo esser uscito dalla sua matrice». Questo è il secondo. «Dal grembo di mia madre tu sei il mio Dio. Questo è il terzo».
Ma se la medesima Sapienza è il Verbo di Dio, senza il quale niente è stato fatto, così come niente è stato ordinato senza la Sapienza, come è possibile che sia esistito qualcosa, all’infuori del Padre, di più antico e così, senza dubbio, di più nobile del Figlio di Dio, il Verbo unigenito e primogenito? Per non dire che un essere innato è più forte di quello che ha avuto origine, e che una realtà incerata p più vigorosa di quella creata, poiché ciò che non ha avuto bisogno, per esistere, di nessun creatore, sarà molto superiore a quell’essere che, per esistere, ne ha avuto qualcuno.

Emmaus@
08/04/2007 14:45
Post: 5
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Utente Junior
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Emmaus, Tu continui a citare versi in traduzioni italiane ed a costruire una dottrina sulle parole e sui verbi.
Se tu facessi questo utilizzando l'ebraico ed il greco ti potrei anche dare qualche credito, ma come tu stai facendo ora per me non ha ALCUN valore, dato che il testo italiano non mi sembra sia un riferimento per la creazione di dottrine, ciò dovuto all'inevitabile limitazione di essere un testo tradotto in una lingua di radice diversa dall'originale.

Gesù ha detto: "chi ha visto me ha visto il padre", e questo mi sembra abbastanza identificativo, difatti tu hai accuratamente evitato di fare riferimento a questo. Anche se lo leggi in greco, questo non cambia, a me basta, quello che è inutile sono le tue dissertazioni filosofiche.

Dd
Quanto a me e alla mia casa, noi serviremo l'Eterno
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