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Filippesi 2, 5-11

Ultimo Aggiornamento: 15/08/2022 11:19
08/02/2007 15:19
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Registrato il: 07/02/2007
Utente Junior
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Permettimi alcune osservazioni, nella tua disamina c'è molta più teologia che esegesi. Se da un lato chi scrive, in questo caso l'apostolo Paolo, certamente fa anche teologia, dall'altro non scrive a dei professori di cristianeso. Il presupposto di fondo che l'espressione "essere uguale a Dio", sottointenda in modo tacito, una tale complessità di affermazioni tanto da portare i destinatari che leggono, a dare significati che si discostano dai termini usati, mi crea qualche difficoltà.
Allo stesso modo, seconda osservazione, trovo difficoltà al volere in qualche modo, da parte delle teologia, misurare, e stabilire dei limiti alle qualità divine di Dio, così come al suo manifestarsi ed apparire. L'ipostasi divina in Cristo, vero uomo, e vero Dio è un mistero, ma su quale basi si può realmente affermare che tutto ciò non è concepibile? Su affemrazioni di natura teologica? E su quali basi poggiano queste affermazioni?
Nessuna delle perplessità, che hai sollevato riguardo a questo, in realtà non trovano una risposta. Nessuno ha mai visto Dio, che vive in una luce inacessibile, ma qualcuno l'ha visto nella persona del figlio (così il prologo di Gv), o della seconda persona della Trinità (Mosè al Sinai, o nella tenda di convegno, le teofanie dell'Angelo dell'Eterno). Dio Padre nessuno l'ha mai visto, ma Dio figlio si; "Chi ha visto me ha visto il Padre" Troverai questa tesi sviluppata in modo molto convincente con molta abilità e conoscenza, in una recente pubblicazione ad opera di due biblisti italiani, di notevole spessore, Binni e Boschi, "Cristologia primitiva", Dalla teofonia del Sinai, all'Io Sono giovanneo.
Terza osservazione, in realtà il contesto in cui è posta l'affermazione in questione, rende più che possibile che l'autore realmente crede che Gesù sia Dio incarnato, anzi renderebbe l'affermazione ancora più forte, sarebbe l'esempio per eccellenza. Suonerebbe in questo modo: Prendete ad esempio, Cristo, e il suo atteggiamento, poichè lui che è Dio, ha rinunciato al diritto che le sue prerogative divine gli davano, e vi ha servito. Allo stesso modo voi che lo seguite, siate umili, e se anche vi credete qualcosa ricordatevi come si è comportato lui.
Questo è il contesto, il resto lo hai aggiunto tu. Noi non sappiamo in quale modo la natura di Dio abbia potuto convivere nell'ipostasi con quella Divina, ma in nessuna parte siamo autorizzati a crede che Gesù rinunciò a questo, qui l'apostolo afferma solo che rinunciò alle sue prerogative (che non sono le qualità, che essendo parte stessa della sua natura restano intatte), che gli spettavano in quanto Dio, e credo che faccia eco all'affermazione stessa di Gesù: "il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire". L'enfasi di tutto è posta proprio sull'atteggiamento, su colui che pur essendo Dio, ha saputo mettere a parte l'onore che gli era dovuto, per servire. L'apostolo Paolo non mi sembra che avverta la necessità di spiegare come tali qualità siano state espresse insieme all'umanità durante la vita terrena di Cristo, che pur ci sono. Di fatti molte versioni usano nel verso in questione, "annichilì", che è chiaramente vuole dire, rinunciò nel senso limitò, la natura divina che era in lui.
Ritornando al testo

" “Il quale, pur essendo in forma di Dio (dal greco letteralmente essendo Dio), non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma spogliò sé stesso, (delle prerogative divine) prendendo forma di servo, (accettò di convivere egli che è Dio, in una natura umana, più corretto divenne simile ad una creatura) divenendo simile (non uguale) agli uomini; 8 trovato esteriormente (non uguale) come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.


Cristo essendo Dio, rinuncia volontariamente a delle prerogative della sua deità, per rivestire se stesso di una natura umana. Quindi letteralmente Paolo afferma Dio si riveste di una natura umana. Esso che è Dio non può nessun modo essere diverso da quello che è, ma può però rinunciare a delle sue prerogative.
Allo stesso modo la parola è una prerogativa dell'uomo, ma l'uomo se vuole può rinunciare ad essa, ma certo non può rinunciare ad essere uomo in quanto tale.

Lascio ad Andreiu l'eventuale esame del testo greco.

[Modificato da ilcuorebatte1 08/02/2007 15.38]

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