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Il libro del profeta Isaia

Ultimo Aggiornamento: 17/02/2007 16:16
20/01/2007 16:14
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§§ porgi gli orecchi §§ Is 1:2 ð Pr 17:4, 2 Ti 4:3. Dopo che il testo ha sottolineato l’importante esortazione all’ascolto e dopo aver incluso i cieli e la terra: ora Is 1:2, sottolinea un'altra esortazione del tutto affine alla prima: porgere l’orecchio a questo messaggio.
Pr 17:4 ð In Pr 17, l’autore sottolinea che il maligno porge l’orecchio alle labbra inique. Infatti è scritto “L'uomo maligno presta gli orecchi alle labbra inique; e l'ingannatore ascolta la lingua maliziosa… L'uomo perverso di cuore non troverà il bene; E l'uomo stravolto nel suo parlare cadrà nel male”. Porgere il proprio orecchio è un atteggiamento che è strettamente connesso a ciò che si ascolta. Nel testo di Proverbi viene sottolineato l’uomo maligno, malvagio e una delle sue caratteristiche è proprio quella di porgere il suo orecchio alle labbra inique. Non ci deve certamente meravigliare il fatto che l’uomo desidera sempre ascoltare ciò che egli vuole e gli piace. L’uomo malvagio, l’empio, colui che si ribella al Signore, a chi porgerà il suo orecchio? Egli ascolterà colui che parla in maniera iniqua, piena di peccato. Anche l’uomo caratterizzato da un cuore perverso, sviato dal Signore pagherà le conseguenze della sua perversione e l’uomo stravolto cadrà nel male, nel suo parlare. Questo perché il parlare deve essere caratterizzato dalla saggezza del Signore e il nostro ascolto, il nostro orecchio deve sempre essere indirizzato sulla Parola di Dio. Non ascoltiamo ciò che ci propina il mondo, non ascoltiamo il parlare insano ed iniquo dell’empio, ascoltiamo solo la voce del Signore.
2 Ti 4:3 ð In 2 Ti 4, Paolo informa che giungerà il tempo in cui non si sopporterà più la sana dottrina e che ci si rivolgerà alle favole. Paolo afferma “Io dunque ti protesto, nel cospetto di Dio, e del Signor Gesù Cristo, il quale ha da giudicare i vivi ed i morti, nella sua apparizione, e nel suo regno, che tu predichi la parola, che tu faccia instanza a tempo, e fuor di tempo; riprendi, sgrida, esorta, con ogni pazienza, e dottrina. Perciocchè verrà il tempo, che non comporteranno la sana dottrina; ma, pizzicando loro gli orecchi, si accumuleranno dottori, secondo i loro propri appetiti: e rivolteranno le orecchie dalla verità, e si volgeranno alle favole”. Predicare la Parola è un compito assolutamente importante. Non bisogna stancarsi di insegnare ciò che il Signore vuole da ciascuno di noi. E’ doverosa la riprensione, l’esortazione e l’insegnamento su tutto il consiglio di Dio. Come mai è così importante questa esortazione? Perché purtroppo l’orecchio di molti si volgerà alle favole, non si ascolterà più la sana dottrina della Parola. Molti cercheranno falsi insegnanti secondo i loro desideri e loro ascolteranno. Ma il Signore vuole incoraggiarci e consolarci nell’adempiere questo importante compito. D’altro canto dobbiamo anche confessare che nelle nostre stesse assemblee, si sta mostrando un atteggiamento distaccato e irriverente nei confronti della Parola. Si tende sempre di più a fare delle selezioni e delle distinzioni su ciò che è importante e su ciò che è secondario nella Scrittura. Ma ricordiamoci che il Signore vuole l’ubbidienza anche “nelle minime cose”.

§§ perciocchè il Signore ha parlato §§ Is 1:2 ð Sl 12:6 – 1 Pi 3:10, Cl 4:5. Come mai bisogna ascoltare? Perché bisogna porgere l’orecchio? Perché il Signore ha parlato. La Sua è l’unica Parola autorevole.
Sl 12:6 ð Nel Sl 12, il salmista afferma che le parole del Signore sono parole pure. Egli può dichiarare “Il Signore recida tutte le labbra lusinghiere, La lingua che parla altieramente…Le parole del Signore sono parole pure, argento affinato nel fornello di terra, Purgato per sette volte”. Quale enorme contrapposizione vi è tra la parola dell’uomo e quella di Dio! Il salmista esprime il desiderio che il Signore elimini ogni labbra seduttrice e che parla in maniera orgogliosa e superba. E’ indubbio che l’uomo manifesti queste caratteristiche. L’empio, diverse volte è uno strumento di seduzione nelle mani di Satana e nello stesso tempo manifesta l’orgoglio e la superbia i quali lo allontanano sempre di più dal Signore. Ma se la parola dell’uomo è fallace è destinata a cadere, la parola del Signore è purissima, paragonata all’argento che viene affinato nel crogiuolo, per sette volte. Questo sta a significare che non vi è nessuna scoria o impurità nella Parola del Signore. Perciò è la Sua Parola quella autorevole e che bisogna ascoltare. In 1 Pi 3, l’apostolo Pietro dichiara che chi vuole vedere dei buoni giorni, deve trattenere la sua bocca dal male. Egli afferma “Perciocchè, chi vuole amar la vita, e veder buoni giorni, rattenga la sua bocca dal male; e le sue labbra, che non proferiscano frode; si ritragga dal male, e faccia il bene; cerchi la pace, e la procacci”. Anche noi dobbiamo imparare a non usare la nostra lingua in maniera carnale ed orgogliosa. Il nostro parlare deve sempre essere condito con sale (Cl 4:5), caratterizzato dalla saggezza e dal discernimento che dona solo il Signore.

§§ Io ho allevati dei figliuoli §§ Is 1:2 ð Ef 6:4, 1 Te 2:7. Il messaggio del Signore inizia, mettendo in evidenza la cura amorevole del Signore. Egli parla veramente come il Padre amorevole, che alleva i suoi figli con amore e tenerezza. In Is 1:3, si osserva proprio come questo messaggio sia indirizzato in maniera specifica verso il popolo di Israele.
Ef 6:4 ð In Ef 6, l’apostolo Paolo esorta i padri ad allevare nella disciplina i propri figli. Paolo dichiara “Figliuoli, ubbidite nel Signore ai vostri padri e madri, perciocchè ciò è giusto. Onora tuo padre, e tua madre (che è il primo comandamento con promessa), acciocchè ti sia bene, e tu sii di lunga vita sopra la terra. E voi, padri, non provocate ad ira i vostri figliuoli; ma allevateli in disciplina, ed ammonizione del Signore”. Nella Parola di Dio si trova numerose volte questa reciprocità di impegni che hanno i figli verso i genitori e i genitori verso i figli. Paolo sottolinea in maniera inequivocabile l’ubbidienza del figlio nei confronti dei genitori. Il figlio, timorato nel Signore, sa perfettamente che l’ubbidienza deve essere una costante nella Sua vita: innanzitutto verso il Signore e poi verso i genitori. Il motivo di tutto ciò è “perché è giusto”. E’ ingiusto, quindi, quell’atteggiamento di disubbidienza che diverse volte si manifesta perché si vuole agire secondo il proprio desiderio. I genitori che hanno il timore del Signore possono sicuramente, con l’aiuto Suo, indirizzare i propri figli. Paolo evidenzia proprio il compito del genitore cioè allevare nella disciplina e nell’ammonizione i propri figli. Questa espressione sottolinea proprio la cura attenta ed amorevole, pur nella disciplina, che il padre e la madre riversano al loro figlio. Il Signore in Is 1:2, afferma proprio che Egli ha allevati dei figliuoli, e non dobbiamo assolutamente dimenticarci che come è scritto in Gr 31:9, il Signore si definisce quale padre di Israele ed Efraim è il Suo primogenito. Veramente tutto questo deve farci riflettere intorno alla pazienza e alla misericordia di Dio. Quante volte il Signore ha manifestato il Suo amore nei confronti di Israele e quante volte questo popolo si è ribellato a Lui. Stiamo attenti a non abusare mai della pazienza di Dio.
1 Te 2:7 ð In 1 Te 2, Paolo sottolinea che lui ed i suoi collaboratori sono stati mansueti verso i tessalonicesi come una balia alleva i propri figli. Egli afferma “Ma siamo stati mansueti fra voi, come una balia, che alleva teneramente i suoi propri figliuoli. In questa maniera, avendovi sommamente cari, eravamo mossi di buona volontà a comunicarvi, non sol l'evangelo di Dio, ma ancora le nostre proprie anime; perchè ci eravate diletti”. Quanta passione Paolo manifesta in queste parole. Egli paragona proprio la mansuetudine mostrata da lui e dai suoi collaboratori alla balia che attentamente, amorevolmente alleva i suoi figli. Per loro (come per tutti gli altri), i tessalonicesi erano “sommamente cari”, cioè di inestimabile valore. Abbiamo noi questa concezione dei nostri fratelli e sorelle? Sono per noi “sommamente cari”, una corona? Inoltre Paolo li chiama anche “diletti” e veramente questo deve essere il nostro sentimento nei confronti della famiglia nella quale siamo entrati a far parte: la famiglia di Dio. Perciò allevare i propri figli è anche sinonimo di mansuetudine e il Signore ha largamente mostrato questo sentimento nei confronti del Suo popolo. Egli li ha allevati, ma non soltanto vi è anche una seconda azione.

§§ e li ho cresciuti §§ Is 1:2 ð Ez 16:7 – At 7:20, 1 Pi 2:2. La seconda azione che viene rilevata in Is 1:2, è strettamente collegata all’espressione precedente. Il Signore ha allevato ed ha anche cresciuto il popolo di Israele.
Ez 16:7 ð In Ez 16, il Signore rivolge il Suo messaggio a Gerusalemme, dicendo che Egli l’ ha fatta crescere a migliaia. E’ scritto “Così ha detto il Signore Iddio a Gerusalemme… Io ti feci crescere a decine di migliaia, come i germogli della campagna; e tu moltiplicasti, e divenisti grande, e pervenisti a somma bellezza; le poppe ti si formarono, e i capelli ti crebbero; ma tu eri ignuda, e scoperta. Ed io passai presso di te, e ti vidi; ed ecco, la tua età era età di amori; ed io stesi il lembo della mia vesta sopra te, e ricopersi la tua nudità; e ti giurai, ed entrai teco in patto, dice il Signore Iddio; e tu divenisti mia. Ed io ti lavai con acqua, e tuffandoti nell'acqua, ti tolsi il tuo sangue d'addosso, e ti unsi con olio. E ti vestii di ricami, e ti calzai di pelle di tasso, e ti cinsi di fin lino, e ti copersi di seta; e ti adornai di ornamenti, e ti misi delle maniglie nelle mani, ed un collare al collo.Ti misi eziandio un monile in sul naso, e degli orecchini agli orecchi, ed una corona di gloria in capo. Così fosti adorna d'oro e d'argento; e il tuo vestire fu fin lino, e seta, e ricami; tu mangiasti fiore di farina, e miele, ed olio; e divenisti sommamente bella, e prosperasti fino a regnare. E la fama di te si sparse fra le genti, per la tua bellezza; perciocchè era compiuta, per la mia gloria, che io aveva messa in te, dice il Signore Iddio. Ma tu ti sei confidata nella tua bellezza, ed hai fornicato per la tua fama; ed hai sparse le tue fornicazioni ad ogni passante; in lui era di far ciò che gli piaceva”. In questo testo si può veramente osservare come Gerusalemme venga paragonata ad una donna e nello stesso tempo la cura che il Signore ha riservato per questa città. Tenendo sempre presente il paragone, questa donna divenne sommamente bella e fu lavata dal Signore, vestita da Lui con ornamenti e bellissimi vestiti e la sua fama si sparse tra le genti. Perciò, anche in questo testo possiamo veramente osservare la cura amorevole che il Signore ha riservato per Gerusalemme. Ma Egli deve altresì affermare e sottolineare le abominazioni e le fornicazioni di questa donna, di questo popolo. Questa “donna”, si è confidata nella sua bellezza e ha commesso ciò che è in abominio agli occhi del Signore. Ma noi sappiamo che il Signore non riguarda all’apparenza, ma riguarda al cuore. In At 7:20, nel discorso di Stefano, egli sottolineano la persona di Mosè dichiara “in quel tempo nacque Mosè ed era divinamente bello; e fu nutrito tre mesi in casa di suo padre”. Ciò che è veramente importante è essere belli dinanzi agli occhi di Dio. L’uomo guarda a ciò che aggrada i suoi occhi, ma il Signore guarda alla sostanza e la sostanza di Gerusalemme nel testo di Ezechiele, qual è? Può essere solamente paragonata ad una donna bella, curata dal Signore stesso, ma che si è lasciata andare ad ogni genere di nefandezze ed iniquità. Ed in Is 1:2, il Signore sottolinea proprio che Egli ha cresciuto dei figli, i quali si sono ribellati a Lui.
1 Pi 2:2 ð In 1 Pi 2, Pietro esorta a crescere nutrendosi della Parola di Dio. Egli può affermare “Deposta dunque ogni malizia, ed ogni frode, e le ipocrisie, ed invidie, ed ogni maldicenza; come fanciulli pur ora nati, appetite il latte puro della parola, acciocchè per esso cresciate”. La nostra vita deve corrispondere alla verità dell’Evangelo. Il nostro comportamento non può assomigliare a quella di un figlio disubbidiente al padre, ma anzi il Signore desidera da noi l’ubbidienza ed il timore. Pietro esorta a deporre cinque cose che diverse volte rischiano di farci sviare: malizia, frode, ipocrisia, invidia e maldicenza. Bisogna lasciare tutte queste cose che inquinano la nostra vita spirituale. Anzi il nostro desiderio deve sempre essere quello di crescere in Cristo, sapendo perfettamente che è il Signore l’artefice della nostra crescita. Ma come un figlio deve essere disposto all’insegnamento e all’educazione del proprio padre, così anche noi dobbiamo essere caratterizzati da questa disposizione d’animo: impegnarci a mettere in pratica e ad ubbidire al nostro Padre Celeste.

§§ ma essi si sono ribellati a Me §§ Is 1:2 ð De 21:20, Tt 1:16. Questa, purtroppo, è l’amara considerazione che sottolinea il Signore. Nonostante tutta la cura, l’amore mostrata verso Israele essi si sono ribellati a Lui.
De 21:20 ð In De 21, viene spiegata la procedura legale che bisognava seguire verso un figlio ribelle. E’ scritto “QUANDO alcuno avrà un figliuolo ritroso e ribelle, il qual non ubbidisca alla voce di suo padre, nè alla voce di sua madre; e, benchè essi l'abbiano castigato, non però ubbidisca loro; lo prendano suo padre e sua madre, e lo menino fuori agli Anziani della sua città, e alla porta del suo luogo; e dicano agli Anziani della sua città: Questo nostro figliuolo è ritroso e ribelle; egli non vuole ubbidire alla nostra voce; egli è goloso ed ubriaco. E lapidinlo con pietre tutte le genti della sua città, sì che muoia; e così togli il male del mezzo di te; acciocchè tutto Israele oda, e tema”. Questo testo mette chiaramente in evidenza ciò che la legge diceva riguardo ad un figlio ribelle. Innanzitutto il testo precisa in che cosa consiste la ribellione, a chiare lettere “non vuole ubbidire alla nostra voce”. Quindi la ribellione è un atto volontario di disubbidienza. Il figlio ribelle è colui che volontariamente preferisce soddisfare le proprie esigenze carnali “goloso, ubriaco”, anziché la voce saggia di quei genitori che invece desiderano il suo bene. Quale era la pena per questo figlio? La morte attraverso la lapidazione. Ebbene, sebbene Israele, sia agli occhi di Dio ribelle, ritroso, disubbidiente, Egli non lo ha distrutto, non lo ha sterminato. La prova l’abbiamo oggi sotto i nostri occhi, Israele c’è ancora. Ma è indubbio che questo popolo sta pagando le conseguenze della sua disubbidienza e ribellione. Dinanzi al nostro Padre, chi tipi di figli siamo noi? Ubbidiamo a Lui, accettiamo anche la Sua disciplina, oppure talvolta preferiamo volontariamente disubbidirGli? Stiamo attenti, perché il principio secondo cui “Ciò che uno avrà seminato, quello mieterà” vale anche per noi.
Tt 1:16 ð In Tt 1, Paolo mette in evidenza che la ribellione è una caratteristica di coloro che sono contaminati ed infedeli. Egli afferma “Ben è ogni cosa pura ai puri; ma ai contaminati ed infedeli, niente è puro; anzi e la mente e la coscienza loro è contaminata. Fanno professione di conoscere Iddio, ma lo rinnegano con le opere, essendo abominevoli e ribelli, e riprovati ad ogni buona opera”. L’apostolo, contrappone i puri agli impuri. Coloro che sono impuri e contaminati hanno anche la loro mente e coscienza contaminata. Essi sono abominevoli e ribelli e pur facendo professione di conoscere il Signore, lo rinnegano. Questo testo serve a farci capire che la ribellione ha a che fare con l’uomo naturale, l’uomo senza Dio. Ma noi che siamo stati purificati dal sangue di Cristo e che nello stesso tempo siamo il tempio dello Spirito Santo, dobbiamo sempre manifestare una mente, un cuore, una coscienza che sia irreprensibile. Facciamo vedere al mondo che cosa significa essere dei discepoli di Cristo.

§§ Il bue conosce il suo possessore e l’asino la mangiatoia del suo padrone §§ Is 1:3 ð Lu 13:15 , 14:5. E’ molto importante osservare il parallelo tra il popolo d’Israele e questi due animali. IL Signore mette in evidenza l’atteggiamento sia del bue che dell’asino per evidenziare ancora di più la situazione spirituale degradante nella quale il popolo d’Israele si era venuto a creare. Infatti il bue e l’asino, pur essendo degli animali, conoscono rispettivamente uno il suo possessore e l’altro la mangiatoia del suo padrone.
Lu 13:15 ð In Lu 13, il Signore Gesù sottolinea proprio questi due animali per impartire un’importante lezione. E’ scritto “Ma il capo della sinagoga, sdegnato che Gesù avesse fatta guarigione in giorno di sabato, prese a dire alla moltitudine: Vi sono sei giorni, ne' quali conviene lavorare; venite dunque in que' giorni, e siate guariti; e non nel giorno del sabato. Laonde il Signore gli rispose, e disse: Ipocriti! ciascun di voi non scioglie egli dalla mangiatoia, in giorno di sabato, il suo bue, o il suo asino, e li mena a bere?”. Il Signore Gesù aveva dato mostra della Sua Onnipotenza guarendo una donna che aveva dentro di se uno spirito d’infermità da diciotto anni. Ma il capo della sinagoga invece di rallegrarsi di ciò che era appena accaduto, si sdegna e non esita a dare mostra del suo “zelo senza conoscenza”. Egli evidenzia i sei giorni lavorativi in contrapposizione al sabato, giorno di riposo. Ma il Signore Gesù definisce questo comportamento che all’apparenza potrebbe sembrare ortodosso e esemplare “ipocrita”. Il Signore rivolge una domanda estremamente precisa: se il proprio bue o asino devono essere abbeverati nel giorno del sabato non saranno forse sciolti in quel giorno? E’ sottintesa una risposta affermativa. Perciò quanto più doveva essere liberata una donna che Satana da 18 anni la teneva legata. Ma è importante osservare che il Signore Gesù sottolinea un’esigenza biologica di questi due animali: la sete. Anche se essi sono animali, è normale che anche in giorno di sabato si dia da bere a questi due animali
Lu 14:5 ð In Lu 14:5, il Signore Gesù, evidenzia ancora questi due animali per parlare di un’altra situazione. E’ scritto “Ed ecco, un certo uomo idropico era quivi davanti a lui. E Gesù prese a dire ai dottori della legge, ed ai Farisei: ? egli lecito di guarire alcuno in giorno di sabato? Ed essi tacquero. Allora, preso colui per la mano, lo guarì, e lo licenziò. Poi fece loro motto, e disse: Chi è colui di voi, che, se il suo asino, o bue, cade in un pozzo, non lo ritragga prontamente fuori nel giorno del sabato?”. La circostanza è la stessa: Gesù guarisce in giorno di sabato. Ma questa volta, la domanda formulata da Lui nella quale include il bue e l’asino, sottolinea una situazione diversa: una situazione di pericolo “Chi è colui di voi, che, se il suo asino, o bue, cade in un pozzo, non lo ritragga prontamente fuori nel giorno del sabato?”. Anche in questo caso, la risposta è affermativa. Quindi non soltanto un’esigenza biologica, ma si è anche pronti a salvare un bue o un asino da un pozzo, in giorno di sabato. Ci si potrebbe chiedere come mai il Signore in Is 1:3, utilizza proprio questi due animali. Ebbene, da ciò che noi abbiamo visto nel vangelo di Luca, il bue e l’asino, pur essendo animali si affidano al loro possessore, al loro padrone. Infatti il “bue conosce il suo possessore e l’asino la mangiatoia del suo padrone”. Quanto più valeva Israele per il Signore! Ma Israele ha compreso la cura, l’amore che il Signore ha riversato nei suoi confronti? In che situazione è il loro stato interiore? .


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