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Lo scopo della vita

Ultimo Aggiornamento: 08/12/2013 17:07
08/12/2013 17:07
Ecclesiaste 2:3 e 7:1-4
Ecclesiaste 2:3 dice: "Esplorai col mio cuore, rallegrando la mia carne anche col vino, mentre conducevo il mio cuore con sapienza, sì, per attenermi alla stoltezza finché vedessi quale bene c’era per i figli del genere umano in ciò che facevano sotto i cieli nel numero dei giorni della loro vita". E in Eccl. 7:1-4 si legge: "Un nome è meglio che il buon olio, e il giorno della morte che il giorno della nascita. È meglio andare alla casa del lutto che andare alla casa del banchetto, perché quella è la fine di tutto il genere umano; e chi è in vita [lo] dovrebbe prendere a cuore. È meglio la vessazione che il riso, poiché mediante l’aspetto triste della faccia il cuore diviene migliore. Il cuore dei saggi è nella casa del lutto, ma il cuore degli stupidi è nella casa dell’allegrezza".
Comne, riflettere su queste parole, ci può aiutare nella ricerca di quale è lo scopo della vita?
L’interesse per se stessi è in armonia con ciò che Dio ispirò Salomone a scrivere: “Per l’uomo non c’è nulla di meglio che mangiare e in realtà bere e far vedere alla sua anima il bene a causa del suo duro lavoro”. Sulla base della propria esperienza, Salomone aggiunse: “Ho visto anche questo, io stesso, che questo è dalla mano del vero Dio. Poiché chi mangia e chi beve meglio di me?” — Ecclesiaste 2:24, 25.
Eppure la vita non è solo mangiare, bere, dormire e fare cose buone. Ci sono sofferenze, delusioni e preoccupazioni. E sembra che siamo troppo occupati per riflettere sul significato della vita. Vermont Royster, ex giornalista del Wall Street Journal, dopo aver riconosciuto la vastità della conoscenza e delle capacità umane, scrisse: “È sorprendente. Nel contemplare l’uomo stesso, i suoi dilemmi, il suo posto nell’universo, abbiamo fatto ben poco progresso dall’inizio del tempo. Ci chiediamo ancora chi siamo e perché siamo e dove siamo diretti”.
Se dovessimo cercare di scoprire da soli lo scopo della vita, forse avremmo poche o nessuna probabilità di successo, com’è stato per la maggioranza degli esseri umani, anche per i più dotti ed esperti. Ma non dobbiamo scoprirlo da soli. Il nostro Creatore ci ha provveduto un aiuto. Se ci pensate, non è forse lui la Fonte ultima della perspicacia e della sapienza, esistendo “da tempo indefinito fino a tempo indefinito” e avendo una conoscenza completa dell’universo e della storia? (Salmo 90:1, 2) Fu lui a creare l’uomo, e ha osservato tutta l’esperienza umana.
Il libro di Ecclesiaste è particolarmente utile a questo riguardo. Dio ne ispirò lo scrittore così che “la sapienza di Salomone era più vasta della sapienza di tutti gli orientali”. (1 Re 3:6-12; 4:30-34)
Ecclesiaste rispecchia la sapienza divina, che influì sul cuore e sulla mente di Salomone. Avendo il tempo, le risorse e la perspicacia necessari, Salomone esaminò “ogni cosa che si [era] fatta sotto i cieli”. Vide che per la maggior parte “era vanità e un correr dietro al vento”, valutazione ispirata di cui facciamo bene a tenere conto quando riflettiamo sullo scopo della nostra vita. (Ecclesiaste 1:13, 14, 16)
Un punto da considerare sono i cicli naturali che influiscono su di noi, come il sorgere e il tramontare del sole o gli spostamenti del vento e il ciclo dell’acqua. Esistevano ai giorni di Mosè, Salomone, Napoleone e dei nostri bisnonni. E continuano. Allo stesso modo “una generazione va e una generazione viene”. (Ecclesiaste 1:4-7) Da un punto di vista umano, ben poco è cambiato. Le attività, le speranze, le ambizioni e le imprese degli antichi sono paragonabili a quelle dei moderni. Anche se alcuni si erano fatti un nome presso gli uomini o erano diventati famosi per bellezza o capacità, dove sono oggi? Non esistono più e probabilmente sono stati dimenticati. Questo non è cinismo. La maggioranza delle persone non sa nemmeno come si chiamavano i loro bisnonni né dove nacquero o dove sono sepolti. Si può capire perché Salomone definì realisticamente vanità le imprese e gli sforzi umani. — Ecclesiaste 1:9-11.
Invece di essere fonte di frustrazione, questo intendimento divino della basilare situazione dell’uomo può avere un effetto positivo, inducendoci a non attribuire eccessiva importanza a mete o imprese che presto avranno fine e saranno dimenticate. Dovrebbe aiutarci a valutare cosa abbiamo dalla vita e cosa cerchiamo di ottenere. Per esempio, invece di condurre una vita ascetica, possiamo provare gioia nel mangiare e nel bere in maniera equilibrata. (Ecclesiaste 2:24) E Salomone giunge a una conclusione molto positiva e ottimistica. In breve, la sua conclusione è che dovremmo stimare altamente la nostra relazione col Creatore, che può aiutarci ad avere un futuro felice, significativo ed eterno. Salomone sottolineò: “La conclusione dell’argomento, avendo udito ogni cosa, è: Temi il vero Dio e osserva i suoi comandamenti. Poiché questo è l’intero obbligo dell’uomo”. — Ecclesiaste 12:13.
Noi esseri umani abbiamo la capacità di riflettere e di chiederci: ‘Che senso ha la mia esistenza? È semplicemente un ciclo prefissato, con un tempo per nascere e un tempo per morire?’
Consideriamo questa dichiarazione: “Un nome è meglio che il buon olio, e il giorno della morte che il giorno della nascita. È meglio andare alla casa del lutto che andare alla casa del banchetto, perché quella è la fine di tutto il genere umano; e chi è in vita lo dovrebbe prendere a cuore”. (Ecclesiaste 7:1, 2) Dobbiamo convenire che la morte è stata “la fine di tutto il genere umano”. Nessun uomo è stato in grado di assicurarsi la vita eterna bevendo un elisir, ingerendo delle vitamine, seguendo qualche dieta o praticando qualche sport. E di solito, non molto tempo dopo la loro morte, “il ricordo d’essi è stato dimenticato”. Perciò, in che senso “un nome è meglio che il buon olio, e il giorno della morte che il giorno della nascita”?
Salomone era realista. Sapeva dei suoi antenati Abraamo, Isacco e Giacobbe, che certamente si erano fatti un buon nome presso il Creatore. Conoscendo bene Abraamo, Dio promise di benedire lui e il suo seme. (Genesi 18:18, 19; 22:17) Abraamo aveva un buon nome presso Dio e divenne suo amico. (2 Cronache 20:7; Isaia 41:8; Giacomo 2:23) Abraamo sapeva che la sua vita e quella di suo figlio non erano semplicemente parte di un ciclo interminabile di nascite e decessi. C’era sicuramente uno scopo più grande. Avevano la sicura prospettiva di ritornare in vita, non perché possedessero un’anima immortale, ma perché sarebbero stati risuscitati. Abraamo era convinto che ‘Dio poteva destare Isacco anche dai morti’. — Ebrei 11:17-19.
Questo ci aiuta a capire in che senso “un nome è meglio che il buon olio, e il giorno della morte che il giorno della nascita”. Come Giobbe prima di lui, Salomone era convinto che Colui che ha creato la vita umana è in grado di ridarla. Può riportare in vita coloro che sono morti. (Giobbe 14:7-14) Il fedele Giobbe disse: “Tu chiamerai, e io stesso ti risponderò. Bramerai l’opera delle tue mani”. (Giobbe 14:15) Pensate: Il Creatore ‘brama’ i suoi leali servitori che sono morti! (“Vorresti rivedere l’opera delle tue mani”, The Jerusalem Bible). Applicando il sacrificio di riscatto di Gesù Cristo, il Creatore può risuscitare gli esseri umani. (Giovanni 3:16; Atti 24:15)
Questo significa che il giorno della morte può essere migliore di quello della nascita se per quel tempo l’individuo si è fatto un buon nome presso Dio, Colui che può risuscitare i fedeli che muoiono.
Gesù Cristo lo dimostrò. Per esempio, risuscitò il fedele Lazzaro. (Luca 11:31; Giovanni 11:1-44)
Molti di coloro che furono testimoni della risurrezione di Lazzaro ne rimasero profondamente colpiti e riposero fede nel Figlio di Dio. (Giovanni 11:45) Credete che pensassero che la vita non ha nessuno scopo, che non sapessero chi erano e dov’erano diretti? Al contrario, potevano capire che non erano costretti a essere come semplici animali che nascono, vivono per un po’ e poi muoiono. Lo scopo della loro vita era direttamente e intimamente legato al conoscere il Padre di Gesù e al fare la Sua volontà. Che dire di noi? Questa considerazione può aiutarci a capire, o a comprendere meglio, che la nostra vita può e deve avere un vero scopo?
Tuttavia avere uno scopo autentico e significativo nella vita implica molto più che riflettere sulla morte e sulla risurrezione. Implica il modo in cui impieghiamo la nostra vita ogni giorno.
Cosa ne pensate? Vale la pena approfondire l'argomento?
[Modificato da Vincent27 08/12/2013 17:08]
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